M.D.
numero 22, 20 giugno 2007
Terapia
Trattamenti antidepressivi e rischio suicidiario
di Ferdinando Pellegrino - Psichiatra, Direttore
UOSM ASL SA1, Costa dAmalfi
Recentemente la Food and Drug Administration ha richiamato
lattenzione sullimpiego di antidepressivi e rischio
di ideazione suicidaria, soprattutto nei giovani pazienti. Dal
punto di vista clinico tali osservazioni non aggiungono molto
a quanto si osserva già nella pratica, ma sono spunto
di riflessione sullimportanza del costante monitoraggio
del paziente, soprattutto nelle fasi iniziali del trattamento
La
Food and Drug Administration (FDA) è più volte
intervenuta negli ultimi anni nel porre allattenzione
dei clinici la spinosa questione della relazione tra antidepressivi
- in particolare gli SSRI o inibitori selettivi del reuptake
della serotonina - e insorgenza o peggioramento di ideazione
suicidaria, soprattutto, come evidenziato nel suo ultimo comunicato
del maggio 2007, nei pazienti giovani di età compresa
tra i 18 e i 24 anni (www.fda.gov/bbs/topics/NEWS/2007/NEW01624.html).
A supporto di tali evidenze vi è un numero sempre maggiore
di dati e recenti metanalisi, che pur evidenziando i tanti limiti
degli studi in questo ambito, sottolineano fondamentalmente
la necessità di operare scelte terapeutiche appropriate
e di considerare il rischio suicidarlo sempre presente nella
pratica clinica.
In realtà la problematica del suicidio è per il
medico un problema spinoso ancora poco conosciuto e correlato
a numerose variabili cliniche ed extracliniche di non facile
identificazione e gestione.
Ciò che oggi sappiamo è che la depressione, nella
molteplicità delle manifestazioni cliniche, è
una patologia grave, tendenzialmente ricorrente e spesso persistente
nel tempo, con progressiva compromissione della qualità
di vita del paziente e del suo funzionamento individuale, sociale,
familiare e lavorativo.
Lideazione suicidaria è peraltro una parte integrante
della sintomatologia depressiva il cui nucleo centrale è
caratterizzato dalla depressione del tono dellumore, dalla
perdita di interesse per lambiente circostante e di ogni
speranza rispetto alla possibilità di ritornare a una
vita normale.
Il suicidio rappresenta, paradossalmente - laddove anche motivato
da unestrema esigenza di richiesta di aiuto e di comunicazione
con il mondo circostante - la soluzione alla sofferenza
e allangoscia devastante non altrimenti gestibile.
Rappresenta cioè la soluzione immaginata come lunica
possibile rispetto alla frantumazione dellIo, non più
in grado di rapportarsi alla realtà in modo appropriato
e costruttivo.
Riconoscere e trattare precocemente la depressione
Il vero problema è quindi quello di non riconoscere e
di non trattare precocemente un quadro depressivo, con modalità
appropriate e per il tempo necessario.
Dal punto di vista clinico le osservazioni dellFDA non
aggiungono nulla a quanto viene osservano nellesperienza
quotidiana con il paziente depresso.
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Le
prime settimane di trattamento sono le più difficili
da gestire, ed è proprio in questo periodo che il rischio
suicidario sembra essere maggiore. Tutti sappiamo anche
che nelle fasi iniziali del trattamento può
presentarsi una attivazione psicofisica del paziente,
che può ritrovare le energie per un comportamento suicida.
-
La
terapia antidepressiva da sola può non essere esaustiva,
ed è proprio lassenza di un sopporto psicologico
e di un contesto familiare e sociale adeguato a rappresentare
di per se stesso fattore di rischio suicidario. È noto
che risulta di fondamentale importanza fornire al paziente
un valido supporto psicologico attraverso forme di psicoterapia
ben condotta. Laddove possibile è importante coinvolgere
nel trattamento i familiari in modo da tessere una rete
di sostegno che possa contenere e sostenere langoscia
del paziente.
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La
precoce e/o improvvisa sospensione del trattamento, ma anche
linappropriata modulazione del dosaggio antidepressivo
determinano un aumento del rischio suicidario. Molti dati
della letteratura indicano che la depressione va trattata
con dosaggi adeguati e per un periodo sufficientemente lungo:
non è buona prassi operare precoci sospensioni del
trattamento o inopportune riduzioni del dosaggio.
Pazienti
con età inferiore ai 25 anni
Tali considerazioni, valide in ogni caso, lo sono ancora più
per i pazienti con età inferiore ai 25 anni, o in età
pediatrica in cui è fisiologicamente maggiore la possibilità
che vi siano acting out autolesionistici, in quanto si tratta
di pazienti con un profilo di personalità ancora non
ben strutturato e meno delineato, più facilmente adusi
a comportamenti caratterizzati da una forte componente di impulsività.
Ci troviamo cioè di fronte a soggetti più vulnerabili,
con un Io fragile e non sufficientemente in grado di gestire la
pesante mole di emozioni angoscianti che dal profondo dellanimo
affiorano alla loro coscienza.
La raccomandazione per i clinici è in questo caso di essere
maggiormente accorti, di valutare le opportunità terapeutiche
possibili, di evitare una prescrizione routinaria di antidepressivi,
di attivare ogni risorsa disponibile per un approccio terapeutico
personalizzato, in rapporto alla gravità della patologia,
alla struttura di personalità del paziente e del contesto
- sia familiare sia sociale - in cui è sorta.
Monitoraggio della terapia
Più in generale è noto che il maggiore uso degli
SSRI rispetto ai triciclici è legato anche al loro minore
rischio in caso di overdose a scopo suicidario; ciò sottolinea
ancora di più la complessità del problema che oggi
- come da sempre - ci obbliga ad essere attenti a monitorare strettamente
il paziente soprattutto nelle fasi iniziali del trattamento, nella
consapevolezza che proprio nella fase di miglioramento dei sintomi
depressivi - quando cioè il paziente non si è ancora
stabilizzato con lumore - il rischio suicidario è
maggiore.
Particolare attenzione va rivolta alla presenza di una familiarità
per suicidio, di unanamnesi positiva per pregressi tentativi
di suicidio, di un profilo di personalità caratterizzato
da labilità emotiva, dipendenza affettiva e impulsività
e laddove il sostegno familiare e sociale appare esiguo o inesistente.
Tale sostegno può paradossalmente essere assente anche
laddove il nucleo familiare sembra compatto e ampio; vi possono
infatti essere situazioni in cui allinterno della famiglia
il senso di solitudine del paziente è acuito dalla mancanza
di una sana comunicazione e di un efficace sostegno psicologico.
In questi casi alla sofferenza indotta dal quadro depressivo si
aggiunge la sofferenza dellincomprensione (la doppia sofferenza)
e dellindifferenza affettiva a livello familiare, che
è vissuta con maggiore tensione proprio dagli adolescenti
e fa sì che vi sia un aumento di condotte autolesionistiche.
Riflessioni
Le considerazioni della FDA non devono quindi indurre nel
medico timori e inutili allarmismi rispetto alla validità
dellutilizzo degli antidepressivi nella pratica clinica,
ma devono farci riflettere sulla necessità di una maggiore
attenzione rispetto alla problematica del suicidio e sullopportunità
di pianificare interventi che possano avvalersi di più
strumenti terapeutici - dagli antidepressivi alle varie tecniche
di psicoterapia - e di figure professionali - dallo psichiatra
allo psicoterapeuta, al neuropsichiatra infantile - che possano
operare in modo sinergico.
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