Editoriale
Tra federalismo e voglia di centralismo
Il
ministero della Salute scommette sul futuro per dare un nuovo
volto al Ssn e, dopo un Forum nazionale nel quale il ministro
Livia Turco ha annunciato larrivo del Ddl in cui presenterà
la sua (quarta) riforma del sistema, ha lanciato anche il primo
corso di formazione ECM online rivolto a medici e infermieri
italiani. Un corso di lotta e di governo, lasciateci
ironizzare, realizzato in collaborazione con la Federazione
Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO)
e con la Federazione Nazionale Collegi Infermieri (Ipasvi),
per garantire qualità e ridurre gli errori in modo uniforme
in tutto il Paese.
Tutti i medici e gli infermieri italiani potranno, così,
nelle intenzioni del dicastero, garantirsi 20 crediti, quasi
la metà della quota annuale obbligatoria, e assicurarsi
un livello omogeneo di competenze in tutto il territorio nazionale
sulla sicurezza delle cure e la gestione del rischio clinico
a tutti gli operatori sanitari, ospedale e territorio, indipendentemente
dal ruolo e dallambito professionale.
Uniniziativa importante per la quale, su uno dei temi
più sensibili per il Ssn oggi, cioè la sicurezza,
si tenta di riprodurre un fronte unico di approccio, da Gorizia
a Lampedusa. Tentativo legittimo quanto a rischio di imbarazzante
fallimento, considerato che le Regioni, ossia le macro-istituzioni
responsabili nei fatti della declinazione dei servizi sul territorio,
procedono a due velocità nel cammino del federalismo
e che, per diretta ammissione del coordinatore degli assessori
regionali alla sanità Enrico Rossi, bisogna iniziare
una discussione franca e democratica nel Paese su questo punto.
Non è possibile infatti, come ammesso anche da Natale
Mengozzi, presidente nazionale di Federsanità Anci in
una recente iniziativa, che ci siano Regioni al terzo, quarto
Piano sanitario, che vanno in avanzamento e perfezionamento
continuo e Regioni che invece da 15 anni non riescano a vararne
neppure uno. E vanno avanti a delibere.
La Calabria, per esempio, decide con emendamenti il modello
regionale e di quante aziende sanitarie ha bisogno,senza tenere
conto delle esigenze reali del territorio. Insomma, da Roma
alle autonomie, quella che sembra prevalere è una insopprimibile
voglia di centro, con la richiesta che origina da
ogni parte, ma maggiormente proprio dai territori, di fissare
in modo omogeneo alcuni riferimenti per tutto il perimetro nazionale.
Il rischio, per altro, è che alle lunghe il divario aumenti
sempre di più anche perché i 20 sistemi sanitari
regionali differenti impediscono una seria valutazione dei risultati.
Basteranno, ci chiediamo, gli interventi virtuali sui professionisti,
notoriamente la base del sistema, per ricondurre il sistema
a ragionevole unità?