M.D. numero 19, 30 maggio 2007

Pratica medica
Un banale disturbo visivo e la diagnosi di miastenia gravis
di Nicola Cortese - Medico di medicina generale, Vibo Valentia, AIMEF

Un paziente di 57 anni, che non è un abituale frequentatore del mio ambulatorio, mi consulta perché alcuni giorni prima, mentre si stava pettinando, ha notato una lieve ptosi all’occhio destro, a cui inizialmente non ha dato molto peso. Mi racconta però anche della comparsa di artromialgie diffuse.


Visita ambulatoriale
Anamnesi: il paziente svolge da sempre il mestiere di muratore, pertanto è abituato a eseguire mansioni di fatica che presuppongono una certa forza fisica, nonostante vi sia qualche problema artrosico. Da diversi anni soffre di ulcera duodenale ed è in terapia con inibitori della pompa protonica. Ha smesso di fumare nel 2000, quando gli venne diagnosticato un carcinoma uroteliale vescicale di secondo grado non invasivo, trattato con instillazioni endovescicali di mitomicina. Da allora non vi è stata ripresa della patologia neoplastica.
In occasione di una recente ecografia dell’addome di controllo è stata riscontrata una verosimile dilatazione aneurismatica dell’aorta addominale meritevole di approfondimenti con una angio-TAC (che il paziente non ha ancora eseguito).

  • Esame obiettivo: a parte la presenza della ptosi all’occhio destro e di una lieve ipostenia agli arti superiori, l’esame obiettivo neurologico si dimostra sostanzialmente negativo.
    Non rilevo alcuna alterazione dei ROT degli arti, né una riduzione della sensibilità superficiale e profonda. La manovra di Mingazzini risulta negativa così come la prova dell’equilibrio. Dunque non sono presenti segni di deficit neurologici focali in atto.
Durante la visita cerco di indagare meglio riguardo ai sintomi. Dal colloquio emerge che in realtà l’artromialgia lamentata dal paziente è iniziata alcuni mesi prima. Mi riferisce che in determinati giorni e soprattutto di giorno, durante il lavoro, avverte dolore agli arti superiori, che quasi gli impediscono di effettuare gli sforzi che in altre situazioni avrebbe tranquillamente svolto. Non ha dato però molta importanza a tali fenomeni, in quanto imputabili a suo dire ai cosiddetti “reumatismi”.
Solo ora che i disturbi sono più invalidanti e soprattutto a seguito della comparsa della lieve ptosi all’occhio destro ha deciso di consultarmi.
Tranne qualche piccola anomalia l’esame obiettivo non mi fornisce alcuna indicazione precisa. Decido di inviarlo a una consulenza oculistica per escludere eventuali oftalmopatie.

Ragionamento clinico e sospetto diagnostico


Dopo qualche giorno il paziente torna in ambulatorio: l’oculista sostanzialmente non ha riscontrato nulla.
Noto però con stupore che la ptosi è diventata bilaterale. Il paziente lamenta anche una diplopia che non era presente alla prima visita, inoltre mi racconta che nei giorni precedenti si è aggiunta una disfagia sia ai liquidi sia ai solidi, una notevole difficoltà alla masticazione e soprattutto alla fonazione, con una lieve disartria. L’astenia è sempre più marcata, tanto che non riesce a pettinarsi e a svolgere semplici mansioni quotidiane. Per l’ipostenia dei muscoli del collo ha addirittura difficoltà a tenere dritta la testa.
Ovviamente mi preoccupo e dopo un piccolo excursus mentale di diagnosi differenziale, sospettando la possibilità di una possibile miopatia, propendo per il ricovero presso la divisione di neurologia dell’ospedale di zona.

Ricovero ospedaliero


Durante il ricovero vengono eseguite alcune indagini diagnostiche.
  • SFEMG (elettromiografia a singola fibra) del muscolo orbicolare dell’occhio destro (eseguita sul muscolo in attivazione volontaria): 40% di registrazioni con jitter abnormemente aumentato e 20% di registrazioni con blocchi della trasmissione neuromuscolare. Valore medio di jitter: 70 nsec. I reperti sono indicativi di un’abrme funzionalità della giunzione neuromuscolare.
  • Indagini ematochimiche: Ab anti-recettore acetilcolina e Ab anti-titina negativi.
    Dopo alcuni giorni viene seguita un’altra EMG.
  • Elettromiografia (con stimolazione ripetitiva del nervo facciale destro, del nervo ascellare destro e del nervo ulnare destro a tre ore dall’assunzione di piridostigmina): esauribilità della trasmissione neuromuscolare con danno di tipo post-sinaptico.
Viene posta diagnosi di miastenia gravis e programmata terapia con piridostigmina bromuro al dosaggio di 60 mg per 3 volte al dì per i primi dieci giorni, con l’indicazione di aumentare gradualmente nelle settimane successive fino a circa 300 mg/die.

Decorso clinico


La terapia risulta ben tollerata, tranne la comparsa di una lieve bradicardia, che comunque non dà problemi.
Si assiste a una parziale remissione della sintomatologia, ma si rende necessario aggiungere prednisone 50 mg/die per un migliore controllo della patologia.
In base al fatto che una certa percentuale di soggetti affetti da miastenia gravis è portatore di un timoma oppure di iperplasia ghiandolare, ritengo utile suggerire al mio paziente di sottoporsi a una TAC del mediastino con mdc.
L’indagine non evidenzia alcuna lesione densitometrica a focolaio né a carico del parenchima polmonare né a carico dell’ilo e del mediastino.
Dopo circa due mesi, durante i quali la sintomatologia è nettamente migliorata, lo specialista decide di aggiungere alla terapia azatioprina 50 mg/die, che però il paziente deve quasi subito sospendere per effetti collaterali.
Al controllo ematochimico si è infatti evidenziata una marcata sofferenza epatica con i seguenti valori: gammaGT 2251, AST 230, ALT 303; VES 41, MCV 101, LDH 498, fibrinogeno 597.
Attualmente il paziente ha raggiunto un soddisfacente grado di controllo della patologia. La sintomatologia è del tutto regredita, tanto che può svolgere quasi tutte le normali mansioni quotidiane e soprattutto ha ripreso, anche se con ritmi meno impegnativi, il suo abituale lavoro.


Note & approfondimenti

La miastenia gravis viene considerata come il prototipo dei disordini sinaptici autoimmuni. Nella maggior parte dei casi è infatti riconducibile alla presenza di autoanticorpi diretti contro il recettore nicotinico dell’acetilcolina (AChR), di cui determinano una riduzione quantitativa. Di conseguenza si manifesta un’alterazione della trasmissione neuromuscolare, che si traduce in affaticabilità e ipostenia.
La miastenia ha una prevalenza da 2 a 7 casi/10.000 abitanti e un’incidenza di 21 casi/1.000.000/anno, prevale negli uomini nel sesto e settimo decennio di vita, mentre nelle donne si presenta attorno al terzo decennio. La forma classica è associata alla presenza di anticorpi contro l’AChR, ma vi sono soggetti apparentemente sieronegativi in cui si sono identificati anticorpi diretti contro altri antigeni muscolari (per esempio titina).
Il timo è stato indagato come possibile sito di origine della miastenia gravis, poiché svolge un ruolo importante del processo autoimmune della patologia: infatti quasi il 75% dei soggetti presenta anormalità a carico della ghiandola (timoma, ipeplasia) e la timectomia è in grado di determinare un miglioramento clinico in un’alta percentuale di casi.
La miastenia è stata suddivisa in cinque classi (Neurology 2000; 55: 16-23) a seconda della gravità della debolezza e della prevalenza dei gruppi muscolari.
La sintomatologia coinvolge sovente i muscoli extraoculari ed elevatori delle palpebre (ptosi e diplopia), i muscoli a innervazione ponto-bulbare e quelli segmentari (disartria, disfagia, deficit della masticazione, deficit dei muscoli prossimali ed estensori degli arti superiori, muscoli flessori degli arti inferiori, ecc).
Un discorso a parte merita la miastenia gravis sieronegativa generalizzata, in cui non sono individuabili gli anticorpi diretti contro AChR, ma si ritiene responsabile nella patogenesi un fattore umorale. È una forma presente in circa il 15% dei miastenici, colpisce soggetti di età inferiore ai 60 anni, non presenta associazioni con patologie del timo e prevale una sintomatologia a carico della muscolatura bulbare e oculare. Certamente il mio paziente rientra a pieno titolo in questa forma sia per la descrizione della sintomatologia sia per la negatività sierologica, nonché per l’assenza di una patologia del timo.
Sia la diagnosi con EMG con stimolazione ripetitiva (stimolazione sovramassimale a 3Hz di un nervo periferico e registrazione di un potenziale di unità motoria - CMAP - dal rispettivo muscolo utilizzando elettrodi di superficie), sia la terapia (anticolinesterasici, immunosopressori, plasmaferesi, timectomia, ecc) sono di pertinenza dello specialista.
Risulta però di fondamentale importanza che il medico di medicina generale abbia un approccio razionale e non superficiale verso la sintomatologia, soprattutto perché è facile incorrere in errori diagnostici vista la similitudine con altre patologie muscolo-scheletriche, ma anche di natura psichiatrica.

Novità terapeutiche


In uno studio pubblicato recentemente (Neurology 2007; 68: 803-4, 837-41) viene affermato che la somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa risulta utile nei pazienti con miastenia gravis cronica e astenia ingravescente. Finora le prove a supporto di questa strategia erano insufficienti.
Studi futuri chiariranno ulteriormente quali sottogruppi di pazienti con miastenia gravis potrebbero beneficiare maggiormente della terapia immunoglobulinica.
La revisione dei dati indica che l’effetto terapeutico dimostrato è probabilmente più significativo a livello clinico nei pazienti con miastenia gravis dai segni e sintomi almeno moderati, un’osservazione molto rilevante dati i costi associati a questo tipo di terapia.