M.D.
numero 18, 23 maggio 2007
Management
Approccio diagnostico alla patologia celiaca
di Cesare Tosetti - Medico di medicina generale,
Porretta Terme (BO), Area Gastroenterologica SIMG
Una ricerca pubblicata sul BMJ ha valutato
in una popolazione adulta inviata per endoscopia lutilità
dei test sierologici per celiachia per fare diagnosi di certezza.
Lo studio dimostra la validità di questo approccio, ma
suggerisce anche che la diagnosi definitiva è sempre
bioptica
Il
termine celiachia richiama innanzitutto aspetti di malassorbimento
intestinale. Nel corso della pratica clinica abbiamo però
compreso che quadri conclamati sono riscontrabili solo in casi
eccezionali e che la maggior parte del nostro ragionamento clinico
deve essere applicato a presentazioni per lo più sfumate.
Manifestazioni cliniche di patologia celiaca possono essere
rappresentate da sintomi non gastrointestinali e aspecifici,
quali perdita di peso e anemia.
Dal punto di vista diagnostico si è cercato di sviluppare
test sierologici che possano, se non sostituire, almeno anticipare
i test endoscopici nellalgoritmo decisionale.
Tra i test sierologici la ricerca di anticorpi anti-transglutaminasi
si è confermata di rilevante interesse pratico, tuttavia
siamo ben lontani da disporre di un chiaro prospetto decisionale.
Lutilizzo di questi test sulla popolazione generale, se
da un lato ha confermato lesistenza di un certo numero
di casi paucisintomatici o asintomatici, non ha portanto elementi
risolutivi sullutilità di uno screening.
In questa situazione di incertezza è recentemente apparso
un articolo su BMJ (2007; 334: 729-33) che ha portato un po
di chiarezza sulle reali aspettative diagnostiche dei test che
abbiamo a disposizione. Hopper e colleghi di Sheffield hanno
valutato, su 2.000 adulti inviati per endoscopia, lutilità
dei test sierologici (anticorpi anti-transglutaminasi) utilizzando
come gold standard la diagnosi bioptica duodenale.
I risultati sono interessanti poiché si sono ottenute
informazioni reali sullefficacia dei test disponibili,
in rapporto alla presentazione clinica dei pazienti, che sono
stati stratificati in rischio alto o basso secondo la presenza
di diarrea, anemia e perdita di peso. A fronte di una prevalenza
del 3.9% di malattia celiaca nella popolazione esaminata,
la prevalenza di celiachia nella popolazione ad alto rischio
è risultata del 9.6% (71 su 739), mentre era dello 0.5%
in quella a basso rischio (6 su 1.261).
La
prevalenza di celiachia nei soggetti con test sierologico negativo
è stata complessivamente dello 0.4%, per cui il test
sierologico, se utilizzato da solo, ha dimostrato una sensibilità
e specificità del 91%, con valore predittivo positivo
del 29% e valore predittivo negativo del 100%.
Combinando il test sierologico con la stratificazione del rischio
sulla base dei sintomi di presentazione, i colleghi hanno elaborato
un algoritmo decisionale (tabella 1), che dimostra unalta
operatività. Lesecuzione di biopsie duodenali nei
pazienti ad alto rischio (indipendentemente dal risultato del
test sierologico) e in quelli a basso rischio ma con un test
positivo, comporta una sensibilità e valore predittivo
negativo del 100% a fronte di una specificità del 61%
ed un valore predittivo positivo del 9%.
Valori e limiti dello studio
Il valore dello studio è evidente: si è ottenuta
la validazione di un approccio pratico che porta al 100% di
sensibilità diagnostica. Anche i limiti dello studio
sono evidenti: è stata valutata una popolazione selezionata
avviata, per ogni motivo, a una valutazione endoscopica delle
prime vie digestive, e quindi i risultati sono difficilmente
applicabili nei soggetti per i quali non è individuabile
lindicazione endoscopica. Innanzitutto nella popolazione
afferente allo studio del medico di medicina generale la prevalenza
di celiachia risulta dimezzata rispetto a questo gruppo selezionato,
per cui i risultati di efficienza della strategia devono essere
rivalutati.
Ricordiamo inoltre che il test sierologico presenta variazioni
di operatività nei diversi laboratori, come daltra
parte lesperienza del patologo condiziona fortemente
la diagnostica istologica.
Altri aspetti dello studio devono essere evidenziati: nel gruppo
ad alto rischio (più di un terzo dei soggetti sottoposti
a gastroscopia per ogni causa) circa il 40% dei pazienti risultati
positivi al test sierologico non risultava patologici in
sede bioptica. Pur tenendo conto della possibilità
di falsi negativi istologici si deve concordare che la biopsia
deve essere considerata indispensabile anche in questo gruppo
(soggetti ad alto rischio con sierologia positiva) in quanto
occorre perseverare la maggior sicurezza possibile nel porre
una diagnosi che comporta la necessità di un trattamento
dietetico limitante per tutta la vita.
Piuttosto, è stata criticata lopportunità
di biopsia nei soggetti ad alto rischio con test sierologico
negativo in quanto questa procedura invasiva produce un modesto
numero di diagnosi aggiuntive (7 su 583 pazienti), tenendo conto
che una parte di diagnosi può essere recuperata valutando
la possibile deficienza di IgA che impedisce lespressione
degli anticorpi anti-transglutaminasi.
Tuttavia si può concordare con gli autori per gli stessi
motivi esposti in precedenza, cioè finalizzare al massimo
la diagnostica per individuare una condizione che comporta un
regime dietetico restrittivo per tutta la vita.
Conclusioni
Sorgono spontanee alcune considerazioni relative a questo studio
e alla pratica quotidiana della medicina generale. Ricordiamo
che il lavoro è stato eseguito su una popolazione selezionata
per lesecuzione di una gastroscopia e che quindi i risultati
non sono facilmente applicabili in altri pazienti. Lo studio
ci suggerisce che la combinazione di fattori clinici e test
sierologici può risultare utile al fine di selezionare
una popolazione in cui il rischio di patologia celiaca è
praticamente nullo, ma anche che la diagnosi definitiva è
sempre bioptica, anche nei casi di soggetti con presentazione
clinica ad alto rischio e test sierologici positivi.
Altre osservazioni possono riguardare lapproccio ai familiari
di pazienti celiaci, che deve essere ancora più deciso
con valutazione sierologica anche negli asintomatici. La stessa
strategia dovrebbe essere applicata a pazienti con patologie
autoimmuni e ai soggetti con diabete di tipo 1, per i quali
lassociazione con celiachia è particolarmente frequente.
Per quanto riguarda la possibile presenza di patologia celiaca
nei pazienti con sintomatologia tipica da intestino irritabile,
bisogna considerare che i dati non sono univoci e che risentono
fortemente delle difficoltà interpretative di questa
sindrome funzionale. Tuttavia i test sierologici per celiachia
dovrebbero essere presi in considerazione in quelle presentazioni
cliniche dominate da sintomi quali diarrea, perdita di peso
e anemia, nei quali la diagnosi di intestino irritabile viene
posta per esclusione di patologie organiche. Infine questo studio,
eseguito su una popolazione adulta selezionata, non ci aiuta
nellindividuazione precoce della patologia, in particolare
nei bambini e negli adolescenti.