M.D.
numero 17, 16 maggio 2007
Rassegna
Cause e terapia del singhiozzo
di Leonardo Trentadue - Medico di medicina generale, Ferrandina
(MT)
Un singhiozzo prolungato può essere il segno di
varie patologie: esofagite da reflusso gastroesofageo, pericardite,
alterazioni nervose o infezioni neurologiche, disturbi afferenti
a vari organi. Sul piano terapeutico
esistono diverse opzioni, ma tutte per lo più empiriche
Il
singhiozzo è una contrazione spasmodica e involontaria
del diaframma accompagnata da una violenta inspirazione interrotta
dalla chiusura improvvisa della glottide. Il diaframma è
innervato dai nervi frenici che ne provocano la contrazione,
per cui una loro compromissione può determinare linsorgenza
del singhiozzo. Nella genesi intervengono anche lipotalamo
e il centro respiratorio, con conseguente incontrollabilità
del fenomeno. Diventa però di interesse medico se persiste
per lunghi periodi (si parla di singhiozzo cronico quando gli
spasmi respiratori durano 48 ore o più). Tra le innumerevoli
cause che possono provocare il singhiozzo la più importante
è lesofagite da reflusso gastroesofageo. In questi
casi per sedare il disturbo si interviene, sulla patologia e
quindi con inibitori di pompa e antiacidi. Le altre cause possono
essere di diversa natura: si va da quelle che interessano il
sistema nervoso centrale (sclerosi multipla, malattie cerebrovascolari,
infezioni cerebrali), a quelle di origine periferica (pancreatiti,
epatiti, metastasi epatiche, pericardite, infarto del miocardio,
polmonite, pleurite diaframmatica), al diabete, alluremia,
allutilizzo di alcuni farmaci (benzodiazepine, corticosteroidi),
allalcolismo, alla gravidanza, allirritazione vescicale.
Può essere anche un effetto indesiderato della chemioterapia
e della radioterapia. Anche lemotività, gli sbalzi
di temperatura, leccessiva ingestione di cibo e/o liquidi
possono generare singhiozzo.
Rimedi e terapie
La stragrande maggioranza dei rimedi affonda le radicino nelle
tradizioni popolari con variazioni da Paese a Paese.
Tra i tentativi di automedicazione per sedare il fastidioso
disturbo si ricorda: respiri trattenuti e profondi, respiri
dentro una busta di carta (per aumentare il tasso di anidride
carbonica nel sangue), vomito provocato, pressione sui bulbi
oculari, ingoiare ghiaccio tritato, pressione sul nervo frenico
a livello dellarticolazione sterno-clavicolare, ecc. Viene
proposta addirittura la preghiera come mezzo spirituale-meccanico
per risolvere le crisi.
Sul piano della terapia medica esistono molteplici opzioni,
tutte per lo più empiriche per la mancanza di studi clinici
controllati che ne abbiano comprovato lefficacia.
Le linee guida dellOMS sulle cure palliative indicano,
come farmaco iniziale di scelta, la metoclopramide 5-10 mg x
3-4/die per via parenterale od orale. Viene impiegata anche
la clorpromazina 25-50 mg per via parenterale ogni 4 ore, seguita
dal trattamento orale alla stessa dose 2-3 volte/die, valutando
naturalmente la durata del trattamento per gli effetti collaterali
del farmaco. Sono stati impiegati con successo anche due calcioantagonisti:
nifedipina 10 mg x 3/die incrementabile a 20 mg x 3/die
e nimodipina 30 mg/die per via orale o 10 mg/die ev.
Il baclofene, utilizzato nel controllo della spasticitàno,
è stato impiegato alla dose di 5 mg x 3/die, aumentabile
fino a 25 mg x 3/die.
Altri farmaci, con meno studi, vengono impiegati (soprattutto
se i precedenti non sortiscono risultati positivi): midazolam,
gabapentin, acido valproico, lidocaina nella formulazione spray,
nefopam, carbamazepina, amitriptilina, aloperidolo, atropina.
Infine va segnalata la tecnica del blocco del nervo glosso-faringeo,
iniettando nel pilastro palatino posteriore 2.5 ml allo 0.5%
di marcaina.
Gli interventi sul nervo frenico non hanno, purtroppo, conseguito
risultati positivi.
Curiosità
dalla letteratura |
È
stato scoperto che già in utero, nel secondo mese
di vita, lembrione comincia a singhiozzare prima
della piena maturazione delle funzioni respiratorie. Su
questa precoce attività funzionale ci sono varie
interpretazioni: alcuni studiosi vedono nel fenomeno un
mezzo per allenare i muscoli respiratori del nascituro,
altri lo finalizzano allimpedimento del liquido
amniotico ad entrare nei polmoni, altri ancora lo considerano
un riflesso primitivo destinato ad attivarsi dopo lentrata
in funzione di un ancora sconosciuto circuito cerebrale.
Esiste una forma di singhiozzo che ha soltanto un interesse
storico: il singhiozzo epidemico. Nel dopoguerra seguito
al primo conflitto mondiale, in varie parti dEuropa
fu segnalata unepidemia di singhiozzi caratterizzata
da prodromi a tipologia similinfluenzale seguiti da crisi
di singhiozzo intermittente con intervalli di vario periodo,
che scomparivano nel sonno. Misteriosamente, dopo 4 o
5 giorni, lepidemia scomparve. Oggi si tende a considerarla
una forma di encefalite epidemica, accompagnata dalla
compromissione del nervo frenico.
In letteratura è descritto un caso davvero insuperabile:
Charles Osborne, uno statunitense vissuto dal 1894 al
1991, ha sofferto di singhiozzo per ben 68 anni, con una
frequenza di 40 singhiozzi/minuto poi ridottisi a 20/minuto.
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