Editoriale
In principio era l’associazionismo
Regionalizzare,
decentrare, responsabilizzarsi: i medici di medicina generale,
forse, sono stati i primi professionisti della salute a credere,
sostenere e percorrere la svolta federalista. Innanzitutto,
attraverso un accordo convenzionale nazionale che ripartisce
le responsabilità, i livelli d’intervento e il relativo
impegno economico, tra Stato, Regioni e territorio. La riorganizzazione
politico-funzionale in senso regionale ha creato una serie di
modelli organizzativi coerenti con i singoli scenari locali,
ma, a prescindere da questi diversi modelli, ha lasciato nelle
mani del Mmg il ruolo-chiave nella presa in carico del paziente:
sia nell’accesso alle cure, sia nei percorsi terapeutici.
Una costante irriducibile, che ormai torna in tutte le analisi
e valutazioni in corso dell’attuale crisi di crescita del
sistema delle cure primarie, vuole però che il Mmg sia
tuttora ostacolato nello svolgimento del suo ruolo per la frammentazione
esistente all’interno dell’area sanitaria, mancando
innanzitutto l’integrazione tra il territorio e l’ospedale,
oltre che quella con i servizi sociali. Se si pensa che il Mmg
è punto di riferimento essenziale per tutti i cittadini
all’interno del Sistema sanitario nazionale, ma lo è
ancor di più per i pazienti fragili, anziani e malati
cronici, si arriva facilmente a capire quanto la frammentazione
si rifletta negativamente sulla qualità dell’assistenza
che questi ultimi riescono a garantirsi.
La risposta che i Mmg hanno prodotto “in proprio”,
per porre rimedio alla frammentazione, è stata quella
dell’associazionismo medico. Essere associati e fruire
di un’infrastruttura telematica per la condivisione di
cartelle cliniche e archivi, oltre a essere necessario per attivare
collegamenti in rete con Asl e Regioni, ha costituito, infatti,
la base dell’evoluzione che i medici di famiglia stessi
hanno immaginato fosse il futuro organizzativo della propria
disciplina in Italia. Le varie forme associative miravano a
rendere più facile il rapporto tra cittadino e medico,
a snellire le procedure di accesso ai vari servizi della Asl,
ma anche a garantire un più elevato livello qualitativo
e una maggiore appropriatezza delle prestazioni erogate, realizzando
adeguate forme di continuità dell’assistenza e delle
cure anche attraverso l’integrazione tra medici. Questa
strada oggi è affollata di sigle: UTAP, UCP, DCP, CS,
UMG e quant’altro rendono difficile ai Mmg e ai pazienti
capire come e, addirittura, dove i primi andranno a lavorare
e i secondi potranno trovare il loro medico di fiducia, almeno
con la stessa accessibilità di oggi.
M.D. propone in questo numero “una bussola” per orientarsi
e alcune voci che cercano di guardare questa selva intricata
dal punto di vista delle radici. Tanto per chiarirsi le idee,
e arrivare alla trattativa della prossima Convenzione con una
visione più chiara sui modelli da riproporre, e quelli
decisamente da archiviare.