M.D.
numero 16, 9 maggio 2007
Counselling
Medicina di famiglia e nuove realtà
culturali
di Paola Pioli - Psicologa-psicoanalista,
Milano
Comunità di persone appartenenti
a diverse etnie si sono affacciate e in parte consolidate nella
rete sociale, esponendo i Mmg a un impegnativo confronto con
visioni culturali differenti, insoliti concetti di malattia,
di cura e di curante. Il medico di famiglia diventa così
mediatore in prima persona del complicato processo dintegrazione
di questi soggetti
Da
sempre è insito nellintervento del medico di famiglia
lincontro con ambiti socio-culturali diversi da quello
di provenienza, ma negli ultimi anni si è assistito a
un utilizzo sempre più massiccio dei servizi da parte
di soggetti portatori di nuovi codici linguistici, comportamentali
e affettivi, di diverse modalità di pensiero, filosofie
di vita, di insoliti concetti di malattia, cura e curante.
Tutto ciò ha innescato un processo veloce e irreversibile
di adattamento, assimilazione e messa a punto di nuovi metodi
per rispondere il più adeguatamente possibile alle molteplici
esigenze.
Limpressione è che il medico di famiglia sia lasciato
piuttosto solo in mezzo a tutto questo marasma e che debba affrontare
le nuove condizioni di lavoro unicamente con la propria intelligenza
e sensibilità personale, due fondamentali elementi che
andrebbero sostenuti e protetti da momenti di formazione (sensibilità)
e/o informazione (cognizione).
La psicologia transculturale è in rapido sviluppo e si
occupa specificatamente di trovare gli approcci più consoni
per affrontare un così vasto fenomeno, che a volte ha
assunto carattere demergenza. Uno dei principali obiettivi
è quello di ridurre le distanze senza sacrificare il
senso didentità e appartenenza culturale. Conoscere
meglio laltro e osservare le dinamiche che sinstaurano
nelle relazioni tra soggetti di varie culture aiuta a dare un
senso e a predisporsi più tranquillamente allaccoglienza
e al confronto.
Lassestamento psichico, come quello biologico, ha i suoi
tempi che non sempre coincidono con quelli della realtà
esterna; questa discrasia genera stress, sensazione di oppressione
e riduce il grado di tolleranza e disponibilità: più
si è esposti a repentini mutamenti, più a fatica
ci si adatta.
Istanze degli stranieri e degli indigeni
Lattenzione dovrebbe essere posta sia alle problematiche
di chi arriva in terra straniera sia a quelle degli indigeni.
Bisogna tenere conto di entrambe le istanze, senza dimenticare
che coloro che giungono da lontano e da Paesi disastrati si
trovano in una posizione di maggiore debolezza.
Questi gruppi etnici hanno quasi tutti in comune unesperienza
traumatica: il viaggio, che prevede la separazione dalla madre
terra, dalla lingua madre, dagli affetti
primari e lapprodo nel nostro Paese, che costituisce un
impatto tanto più profondo quanto maggiore è la
distanza culturale. Sovente sono persone disorientate e non
a caso si organizzano in gruppi coesi e quasi impenetrabili
per noi (i cinesi sono lesempio più esplicativo).
Alcune comunità sono strutturate come piccole società
con i loro canali di comunicazione e relazioni di aiuto, come
se ciò creasse loro una sorta dillusione di essere
ancora nel Paese dorigine o di avere un pezzetto della
propria terra qui.
Per queste persone probabilmente il medico di famiglia rappresenta
uno dei principali contatti col nostro mondo e la nostra mentalità,
e il medico si ritrova anche nel ruolo di mediatore culturale,
esperienza che, seppure arricchente, rende più faticoso
il lavoro quotidiano. Il medico di famiglia è soggetto
attivo, artefice in prima persona del complicato processo dintegrazione,
grazie al quale in un prossimo futuro avremo numerosi colleghi
con origini culturali diverse dalla nostra.
Concetto di malattia e di guaritore
Le credenze sul concetto di malattia e guaritore in alcune civiltà
sono particolarmente radicate. In Occidente, lapproccio
medico prevede indagini e cure in forma parcellizzata ed è
inserito in uno stile di vita e regole socio-economiche con
cui deve fare i conti. Questo può rivelarsi confusivo
per quegli individui provenienti da aree rurali di Paesi lontani.
Alcuni soggetti stentano a formarsi una rappresentazione simbolica
in cui una parte del loro corpo è degna dattenzione
e il resto no, perciò quando li si invia agli specialisti
possono opporre qualche resistenza, dubitando delle capacità
del medico o sentendosi rifiutati e mandati (tutti interi) altrove.
Loperazione mentale di scindere parti del proprio corpo,
per noi consueta e abituale, non lo è altrettanto nel
resto del mondo, dove è viva una visione olistica dellessere
umano. Per la medicina orientale le malattie hanno origine dallalterazione
o dallingorgo di uno o più flussi energetici che
ci attraversano e che devono essere ristabiliti nella loro armonia.
La figura suggestiva di un unico guaritore, dello stregone che
sa e si fa carico di tutti i malesseri, è ancora presente
nellinconscio collettivo di tutte le società non
occidentali, anche in quelle più contaminate dai nostri
modelli di vita e di pensiero.
Il medico di famiglia si presta bene a giocare la parte di colui
che sa prendersi cura, e questo lo colloca a un livello di alto
prestigio: oltre che psicologi, sociologi, antropologi, mediatori
culturali, anche stregoni.
Suggerimenti
per migliorare il rapporto con il paziente straniero |
Bisognerebbe fare attenzione a non cadere negli stereotipi,
che hanno una validità parziale. Li utilizziamo per
crearci categorie di riferimento: si tende ad attribuire
a priori al singolo individuo le caratteristiche del gruppo
di appartenenza, valorizzandone alcune piuttosto di altre
secondo le nostre tendenze e simpatie personali, È
normale, ma sarebbe meglio porsi sempre con curiosità
e il più possibile sgombri da pregiudizi.
Armarsi di pazienza se lincontro è reso
particolarmente difficoltoso da ostacoli che limitano e
rallentano la comprensione (di alcuni pazienti non si
riesce nemmeno a leggere o a pronunciare il nome).
Spiegare bene, a chi sembra un po perplesso,
come funzionano da noi le cose e rassicurare sul fatto che
sono di fronte al vero medico.
Non cadere nel tranello dellaggressività;
gli atteggiamenti arroganti e rivendicativi spesso sono
una copertura di vissuti di frustrazione, umiliazione e
senso dimpotenza che, inconsapevolmente, sono evocati
anche nellinterlocutore: rabbia, frustrazione e senso
dimpotenza al cospetto di quella che appare come unottusità
inattaccabile. È adeguata una risposta cordiale,
ma decisa, che metta laltro in condizione di dover
scegliere se stare alle regole oppure rivolgersi altrove.
Attenzione anche a chi suscita sentimenti di pena:
è un modo di sedurre (condurre a sé), anche
se a volte può sortire leffetto opposto e generare
insofferenza. Consiglio una risposta accogliente, ma che
ponga dei paletti a sottolineare che il ruolo principale
del medico non è quello di mediatore culturale. Se
qualcuno pare particolarmente disagiato e disorientato lo
si può inviare ai servizi preposti per questo genere
di supporto.
Tollerare se con alcuni pazienti, soprattutto allinizio
della relazione, potranno insorgere equivoci o verificarsi
episodi di momentanea incomprensione: andrà meglio
la prossima volta.
Se posti di fronte a situazioni di particolare drammaticità
(sospetti abusi o violenze), oltre che affidarsi alle linee
guida del codice deontologico e della propria coscienza,
è bene prendersi cura delle emozioni che certi eventi
scatenano. Tutti sappiamo quanto possa aiutare parlare con
qualcuno che sappia ascoltare e sia disposto a condividere
il nostro malessere come un amico o un collega. |
Riflessioni
A complicare ulteriormente la questione vi è lesasperata
tendenza occidentale a sterilizzare, a rendere asettici
e meccanicistici i vari interventi clinici, con la messa al
bando della parte emotiva (che ha un peso nella risposta soggettiva
alle terapie). La consuetudine di curare il corpo dal medico
e la psiche (lanima per alcuni, lo spirito per altri)
dallo psicologo, la dice lunga sul concetto dicotomico di cui
è permeata la nostra cultura.
Ovviamente, date le competenze richieste è lecita la
presenza di due professionisti, ma è lo scarso contatto
e la poca collaborazione tra le due discipline che andrebbero
messe in discussione, tenendo presente che le responsabilità
non sono solo del sapere medico, ma anche di quello psicologico.
Losservazione sinergica ha permesso per esempio di rilevare
che la stessa patologia psichiatrica può manifestare
sintomi molto diversi a seconda del substrato culturale in cui
si manifesta e diversa è anche la collocazione sociale
di chi ne è afflitto (spesso il guaritore o lo stregone
delle tribù ancora presenti sul nostro pianeta è
schizofrenico): piccola testimonianza della complessa interazione
soma-psiche-cultura.
Conclusioni
Nello studio del medico si avvera sempre un incontro unico e
irripetibile tra due persone, tanti incontri al
giorno sono faticosi, ma quella del medico di famiglia è
anche una posizione privilegiata: permette di sviluppare una
visione molto ampia del genere umano. Inoltre, come medici di
famiglia si è depositari di segreti, storie, racconti
e drammi. Grazie alla continuità del rapporto che si
instaura è possibile coltivare relazioni profonde e significative.
È un bel lavoro pur se estremamente impegnativo.
Disse Carl Gustav Jung che, prima ancora di essere fondatore
della sua psicologia analitica, era medico: Ho
imparato tanto dai miei maestri, tanto dai libri, tanto dai
colleghi e dagli studenti, ma tantissimo dai miei pazienti!.
|
|
|