M.D.
numero 16, 9 maggio 2007
Appunti
Identikit di chi non disdegna la dipendenza
L'OnoMi
sono spesso soffermato sullidentikit del Mmg che tende
alla dipendenza, osservandolo nei suoi rapporti con le ASUR
e con i pazienti, ora credo utile guardare laltro versante,
quello interno per capirne meglio la realtà. Dalla mia
esperienza, il profilo medio del medico di medicina generale
che auspica a un rapporto di dipendenza è quello di un
cinquantenne, laureato da 25 anni, con minimo 15 anni di convenzione.
Viene da una famiglia operaia, agricola o industriale, ha studiato
in una grande Università italiana e ha una specializzazione
che non utilizza per accrescere i suoi emolumenti, ma come bagaglio
professionale, perché a livello periferico gli è
mancata la spinta giusta per vincere un concorso ospedaliero.
Ha fatto ogni sorta di gavetta: interno non pagato nei più
svariati reparti, volontario della Croce Verde, sostituto e
titolare di guardia medica, poi di Mmg, medico scolastico, sportivo
e fiscale, ecc.
È chiaro che il Mmg suddetto reagisce ai soprusi delle
aziende creando qualche dissapore e creandosi la fama di ostile.
Mettiamoci pure che non è radicato nel territorio perché
non nasce nel paese dove opera, diciamo pure che non è
un massimalista.
Questo per capire come per questo medico nel caos attuale della
MG, stretta tra pretese di buona medicina e scarsità
di risorse, la via della dipendenza è il male minore.
Ma laspetto più significativo è che attualmente
il Mmg vive la propria vita professionale in tono minore: lo
Stato ha creato tante Ferrari per poi farle andare come una
vecchia Cinquecento.
Al riguardo avrei alcune osservazioni sullarticolo del
collega Giuseppe Belleri (M.D. 2007; 13:4). Larticolo
affronta le tematiche relative alla dipendenza dei medici di
medicina generale, delineando gli aspetti critici, tra cui lobiettivo
del ministro Livia Turco dellassistenza territoriale 24
ore su 24.
Credo sia una cosa molto difficile da realizzare e penso che
il ministro la proponga in funzione tattica. È vero,
la medicina generale ha tecniche aziendali di outsourcing o
esternalizzazione, come tendenza delle direzioni sanitarie e
come scelta abbastanza incompatibile con la natura della MG.
Ma io sono convinto che la medicina generale come disciplina
attraverso i suoi professionisti (subordinati/dipendenti o parasubordinati
come ora) rimarrà fondamentale.
In merito poi alla centralità del rapporto di fiducia
e della facoltà di scelta/revoca come cardine della nostra
professione e della nostra disciplina, occorrebbe tenere presente
come nel tempo tale rapporto sebbene sia restato sempre fondante
per il medico, ha subito una metamorfosi strumentale da parte
dellassistito, tanto più cresce quanto più
si lega alla possibilità di esperire il potere di fare
e di chiedere quello che gli pare al Mmg.
Il collega afferma che il passaggio alla dipendenza di
certo sposterebbe il baricentro professionale dalla dimensione
interpersonale alla gerarchia manageriale, con esiti deleteri
per le cure primarie: il capitale sociale gestito dal Mmg verrebbe
in pochi anni sperperato e la continuità tempo-spazio
cederebbe il passo alla tipica discontinuità che affligge
i servizi pubblici, fatta di turnover di operatori, impersonalità
dei rapporti, ordini di servizio che riducono lautonomia
e margini di negoziazione tra medico e assistito. È
una previsione secondo me dai toni estremamente enfatici e che
sembra delineare perfettamente quello che già oggi accade.
Accettando poi quella che reputo una provocazione del collega
in merito alla scarsa produttività dei Mmg,
oso avanzare qualche domanda: Perché esistono medici
convenzionati medio/minimalisti, costretti a poche scelte? Non
è forse questa una scarsa produttività istituzionalizzata?
Luciano Zaccari
Medico di medicina generale
Osimo (AN)
Lorganizzazione non è la panacea di tutti i mali
Lunghi
anni di ricerca, di discussione e di studio circa le modalità
organizzative dellesercizio della medicina generale e
la loro applicazione incentrata dapprima sullassociazionismo
poi sul gruppo non hanno impedito una costante crescita del
disagio professionale del medico e la sensazione di una crescente
insoddisfazione nel cittadino.
Il modello basato prima sullassociazionismo poi sul gruppo,
da molti e per lunghi anni propagandato come vincente e risolutivo,
ha mostrato tutte le sue pecche e invece di abbandonare una
strada rivelatasi tortuosa e improduttiva, non solo si continua
a seguire la stessa strada, ma la si rende ancora più
tortuosa proponendo una modalità organizzativa quale
lUMG o Casa della Salute (la differenza ci sfugge) che
sembra rappresentare il punto di non ritorno della ideologia
collettivistica dellesercizio della medicina generale.
Ai soloni depositari della verità chiediamo se mai siano
stati sfiorati dal dubbio che le questioni che hanno complicato
lesercizio di una professione antica come il mondo, non
dipendano dalla variabilità dei modelli organizzativi,
ma siano da ricercare in altri campi e che forse lessenza
stessa della professione sia venuta meno.
Si potrebbe affermare che il cuore del problema sta altrove
e cioè nella rivalutazione del ruolo clinico e fiduciario
del rapporto medico-paziente, ma è una frase ormai abusata
e che forse ancora una volta non centra il vero problema.
Bartolomeo Delzotti
Medico di medicina generale
Verdellino (BG)