M.D.
numero 11,
4 aprile 2007
Focus
on
Pubblicità: come farsi conoscere tra etica e privacy
di
Monica Di Sisto
Una
volta la pubblicità delle professioni sanitarie, secondo
il dettato della legge 175/92, era consentita soltanto attraverso
le targhe apposte sulledificio in cui si svolgeva lattività
professionale, oppure con inserzioni sugli elenchi telefonici,
sugli elenchi generali di categoria e attraverso i giornali
e i periodici destinati esclusivamente agli addetti ai lavori.
Poi la professione è cambiata: è arrivato internet,
la rete delle reti, e i Mmg hanno cominciato a
sviluppare forme di organizzazione del lavoro specialistiche
e multidisciplinari, spesso in sedi condivise, che avevano
bisogno di essere spiegate e rese accessibili
ai pazienti con regole sicuramente più ampie. Da qui
sono nate varie iniziative per far fronte al cambiamento e
per farsi conoscere, ma ora il tema etico è
ritornato alla ribalta attraverso la dura critica dellOrdine
dei Medici di Roma alla linea tracciata dal presidente dellAntitrust
sulla materia. |
Nel
1999, con la legge 362, si è tornati a normare la pubblicità
delle professioni sanitarie ammettendo la pubblicità sulla
stampa laica, quella radiofonica e anche, su specifico
intervento della FNOMCeO, quella via internet.
Il Comitato Centrale della FNOMCeO nel 1999 per la prima volta
ha ritenuto praticabile la diffusione di messaggi pubblicitari
tramite i siti internet sempre nel rispetto dei limiti previsti
agli articoli
1 e 4 della legge 5 febbraio 1992,
n. 175.
LOrdine aveva previsto di rilasciare apposito nulla osta
ai medici richiedenti controllando la correttezza del messaggio
proposto e la rispondenza ai criteri di cui alla legge 175/92
e al D.M. 657/94. La competenza a rilasciare il nulla osta spettava
allOrdine presso cui era iscritto il sanitario richiedente,
considerando che il messaggio internet è diffuso in modo
universale.
Il controllo doveva essere svolto unicamente dallOrdine
senza necessità di ulteriori autorizzazioni comunali, considerando
che la normativa di legge non ha regolamentato espressamente la
diffusione della pubblicità in materia sanitaria tramite
internet.
La legge Bersani
Nel 2006, però, è arrivata la tempesta Bersani
(legge n. 248 del 4 agosto 2006) che ha proceduto a dare una spinta
decisa anche alla professione medica sulla strada della privatizzazione.
Lo aveva chiesto al Governo sia lautorità antitrust,
sia la Corte di giustizia europea, e la legge ha provveduto, pur
con una mitigazione operata nella conversione in legge dal Parlamento,
a neutralizzare i dispositivi legislativi e deontologici che,
in qualche modo, direttamente o indirettamente, creavano limiti
alla concorrenza nel campo delle professioni.
Un primo passo? Dichiarare legittima la pubblicità informativa
(titoli e specializzazioni professionali, caratteristiche del
servizio offerto, prezzo e costi complessivi delle prestazioni)
dando tempo agli Ordini fino al 31 dicembre 2006 per adeguare
i loro codici deontologici ai princìpi sanciti. Allo stesso
tempo il legislatore ha dichiarato nulle per legge, dopo il 31
dicembre 2006, tutte le norme contrarie ai princìpi di
liberalizzazione sanciti nella legge 248/06. Sarebbero diventati,
dunque, nulle non soltanto le fonti normative precedenti, in primis
la legge 175/92, ma anche gli articoli relativi del Codice deontologico
medico e le apposite linee guida sulla pubblicità allegate
al Codice.
Intervento in corner dellOrdine
Nel corso dellultimo Consiglio nazionale la FNOMCeO ha diramato
un atto di coordinamento vincolante che cerca di rileggere
la legge 248/2006 salvando ruoli e contenuti della vecchia
175/1992. Rivedendola però alla luce del regolamento sulla
pubblicità annesso al nuovo Codice deontologico. Ogni messaggio
pubblicitario dovrà essere rispondente agli articoli 55,
56 e 57 del nuovo Codice e alle linee guida allegate. Mentre gli
Ordini, ai fini degli obblighi di verifica deontologica imposti
dalla legge 248, promuovono iniziative per favorire la comunicazione
da parte dei propri iscritti dei messaggi pubblicitari.
A partire dal primo aprile la comunicazione dovrà avvenire
per iscritto, ma leventuale inadempienza da parte del medico
avrà rilievo disciplinare solo se il messaggio, al momento
della verifica, risulterà non conforme alle norme deontologiche.
In questottica, si modifica lart. 56 del Codice deontologico:
lOrdine non autorizza più, ma verifica
la pubblicità sanitaria. Per monitorare i cambiamenti in
atto e la coerenza dei provvedimenti dei singoli Ordini viene
istituito, infine, un Osservatorio nazionale.
Entro dicembre 2007, lOsservatorio provvede alla definizione
di un primo specifico rapporto al comitato centrale, anche allo
scopo di motivare eventuali proposte al Consiglio nazionale di
adeguamenti e integrazioni alle procedure di verifica e alla Linea
guida sulla pubblicità dellinformazione allegate
al Codice.
Un dibattito ancora aperto
Sul tema, allo stesso tempo, si è acceso un animato dibattito
tra lOrdine dei Medici di Roma, guidato dal suo presidente,
nonché ex segretario Fimmg, Mario Falconi, e il presidente
dellAutorità garante della concorrenza e del mercato,
il consigliere Antonio Catricalà, che in audizione presso
le Commissioni riunite Giustizia e Attività Produttive
della Camera dei Deputati ha rilanciato la necessità di
una più forte liberalizzazione anche in ambito medico.
E nel frattempo proprio lAntitrust il 29 gennaio scorso
ha aperto unistruttoria per vagliare se le modifiche apportate
dagli Ordini sono o meno in linea con i princìpi di liberalizzazione
del decreto Bersani. I risultati sono in arrivo a breve, ma il
presidente Catricalà pur affermando di non voler
anticipare troppo, visto che lindagine si concluderà
fra due mesi, ha sostenuto in audizione che il decreto Bersani,
ancora oggi, non sembra aver dato luogo a questa nuova cultura,
alla spinta che noi ci immaginavamo e nella quale speravamo; soprattutto,
laddove le tariffe debbono essere per forza definite, laddove
esistono motivi assolutamente imprescindibili per definire una
tariffa (possono essere motivi di sicurezza, e quantaltro),
lo si faccia con i consumatori. Non teniamo i consumatori fuori
del processo che vede un loro impegno di spesa ogniqualvolta si
dovranno presentare nello studio del professionista protetto.
La pubblicità dei servizi professionali, secondo Catricalà,
è un punto su cui lAutorità ha molto insistito
e sul quale si dovrà tornare: Essa è vista
come un qualcosa dindecoroso, come se un professionista
non potesse informare circa le proprie specialità. Se una
pubblicità è informativa e corretta, perché
non consentirla? Gli Ordini, sostanzialmente, dicono che il professionista
deve darne comunicazione prima a loro. Noi - ha sostenuto Catricalà
- pensiamo che tale autorizzazione debba semmai prevedersi ex
post e non ex ante. Intervenire prima, sostanzialmente, significa
ingessare qualsiasi iniziativa. Una posizione sulla quale
la FNOMCeO aveva espresso la propria contrarietà insieme
a tutte le principali sigle sindacali italiane, comprese quelle
della medicina generale.
Le critiche dellOrdine di Roma
No alla pubblicità selvaggia nel settore medico: secondo
Mario Falconi favorirebbe listigazione indiretta allesercizio
di pratiche mediche abusive, esponendo i cittadini a numerosi
rischi per la loro salute. Il punto che vede contrario lOrdine
romano è in particolare quello riguardante la pubblicità
professionale nel settore medico. Catricalà vorrebbe
che il controllo su tale pubblicità fosse ridotto al minimo
e affidato allOrdine soltanto ex post. A parte che ciò
contrasta con quanto disposto dalla legge Bersani, è evidente
che non vengono valutati i rischi che ne verrebbero per la salute
dei cittadini, esposti come sarebbero ad una pubblicità
di stampo consumistico - ha affermato Falconi -. Un controllo
preventivo è indispensabile per evitare che forme di promozione
dellattività medica siano deontologicamente scorrette
o peggio fuorvianti e ingannevoli per i pazienti. Non è
possibile pensare di trattare la salute come un qualsivoglia prodotto
commerciale e metterla sul mercato, dove la filosofia è
quella della massima concorrenza e del massimo profitto. Senza
contare che un controllo successivo sui nostri oltre 40 mila iscritti,
medici-chirughi e odontoiatri, sarebbe di fatto impraticabile,
così come lo sarebbe per gran parte degli altri Ordini
provinciali.
Per informare e sensibilizzare i parlamentari impegnati nella
riforma delle professioni, il Consiglio direttivo dellOrdine
dei medici di Roma ha deciso di inviare una lettera a tutti i
novanta componenti delle due commissioni - la II e la X - della
Camera dei Deputati. Nella missiva sono contenute osservazioni
e rilievi tecnici e si sottolineano i rischi per la collettività
di una eccessiva liberalizzazione in campo medico e sanitario,
una deregolamentazione che - si fa osservare - è al limite
dellincostituzionalita. È sufficiente
immaginare le conseguenze sulla salute del cittadino che potrebbe
avere un controllo successivo anziché preventivo della
pubblicità sanitaria - avverte Falconi - e che, tra laltro,
favorirebbe listigazione indiretta allesercizio di
pratiche mediche abusive, la cui sanzione arriverebbe, nella migliore
delle ipotesi, soltanto a danno compiuto. Così come verrebbe
fortemente limitato il controllo sui titoli professionali.
A tale proposito Falconi ricorda il caso, che ha fatto scalpore,
di un medico che pretendeva di curare con il bicarbonato i suoi
pazienti malati di tumore. Sembra una gag di Totò
- commenta il presidente dellOrdine di Roma - ma purtroppo
accade anche questo nella realtà. Proprio grazie al controllo
dellOrdine, tale medico fu individuato e radiato dallalbo
professionale. Quanti altri casi di bicarbonato al posto di corrette
terapie si avrebbero con la liberalizzazione pubblicitaria che
Catricalà intende estendere anche alla professione medica?.
Per questo motivo lOrdine di Roma ha annunciato che si attiverà
in tutte le sedi politiche, istituzionali e giuridiche per contrastare
la linea finora seguita dal Presidente dellAutorità
Garante della Concorrenza e del Mercato. Chi avrà la meglio?
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