M.D.
numero 8,
14 marzo 2007
Focus
on
ECM: indicazioni dalla Regione Veneto
di
Monica Di Sisto
I
dati presentati in un convegno svoltosi di recente a Verona
sullevoluzione dei sistemi formativi relativi allesperienza
di due anni di eventi di Educazione continua in medicina nella
Regione Veneto, pongono una serie di interrogativi e di criticità
sullattuale sistema ECM che vanno al di la della specificità
territoriale. |
Sono
stati accreditati dal 1 gennaio 2006 al 31 dicembre 2006 ben 10.393
eventi ECM e in questanno il Veneto vi ha investito oltre
20 milioni di euro. La Regione è sempre stata allavanguardia
nelleducazione continua dei propri professionisti del Ssn
anche se, non essendo partita in tutte le Regioni lapplicazione
dei criteri di accreditamento delle attività, la preoccupazione
che serpeggia tra addetti ai lavori e amministratori rispetto
al sistema ECM è che si verifichi, a livello nazionale,
una disparità evidente in qualità, quantità
e impostazione che impatti negativamente sul funzionamento stesso
del servizio sanitario.
Lamberto Pressato, già membro della Commissione Nazionale
ECM e referente della Commissione regionale, ha presentato di
recente a Verona, nellambito di un convegno sullevoluzione
dei sistemi formativi, una relazione sugli ultimi due anni di
ECM in Veneto che ha molto da dire e da suggerire al sistema nazionale.
Unofferta ampia, anche troppo
Il quadro che emerge dallanalisi degli eventi formativi
rivolti a tutti i professionisti della Regione Veneto, infatti,
dà degli spunti significativi al dibattito nazionale per
la riforma del sistema della formazione continua. A fare da discriminante
non è solo il totale degli eventi su un determinato argomento,
ma soprattutto la valutazione dellimpatto formativo.
Scorrendo, infatti, la distribuzione degli eventi formativi tenutisi
in Veneto rivolti a tutti i professionisti della salute (valutati
per tema, secondo la codificazione delle categorie degli obiettivi
nazionali dellECM e per impatto formativo) e considerando
solo gli argomenti rispetto ai quali si è tenuto il maggior
numero di eventi, limpatto formativo risulta essere stato
alto in quelli relativi alla qualità assistenziale e relazionale,
alla comunicazione, alla gestione del rischio, delle emergenze,
ma molto basso per quello che riguarda letica e la deontologia,
la valutazione dellefficacia della diagnostica, dellassistenza
e la verifica dei Lea, addirittura misero per lintegrazione
socio-sanitaria. Inoltre, la formazione specifica diretta e commisurata
alle esigenze dei Mmg risulta paradossalmente povera, nonostante
siano stati aperti a questi professionisti ben 755 eventi.
Lofferta di eventi specifici sulla comunicazione e
la gestione - spiega Pressato - ha risposto a un preciso bisogno
dei professionisti e delle aziende, ospedaliere e del territorio,
espresso nella rilevazione del fabbisogno condotto prima dellavvio
del sistema; a mio avviso si tratta di temi strategici anche a
livello nazionale.
Rispetto al coinvolgimento del Mmg, Pressato chiarisce che tra
i molti eventi aperti ai medici di famiglia, un terzo sono stati
proposti dalle aziende e dal centro regionale di formazione specifica,
pensando davvero alle esigenze della categoria, ma gli altri due
terzi sono stati presentati da parte di organizzatori di formazione
che, puntando ad avere un ampio bacino cui rivolgere la propria
offerta, si rivolgono ad unarea numericamente consistente.
Unofferta dunque da prendere con le pinze perché
spesso coinvolge il Mmg in modo troppo generico, poco utile.
Secondo Pressato, dallanalisi dei dati appare evidente che
ciò che ancora manca è definire quali siano
davvero i contenuti di formazione rilevanti, espressi in obiettivi
specifici. Ed è qui che deve essere profusa un grande energia
che può essere unificante a livello nazionale e che potrà
vedere come protagonista la FNOMCeO, in collaborazione con le
Società scientifiche riunite per competenze disciplinari.
Le Regioni hanno la necessità di rappresentare il fabbisogno
formativo di un territorio con le sue specifiche espressioni.
Se indirizziamo con questa attenzione, anche in termini
percentuali, il portfolio formativo di ciascun professionista
- suggerisce Pressato - si potrebbe avere un 30% di offerta formativa
con obiettivi di indirizzo nazionale, strategici per lottenimento
di obiettivi relativi al Piano sanitario nazionale. Un altro 30%
di obiettivi andrebbero riferiti al Piano sanitario regionale
in cui opera il professionista. Del rimanente 40%, da riferire
alle specifiche competenze professionali, un 30% dovrebbe
riguardare contenuti e obiettivi espressi dalla propria disciplina
in ambito nazionale e un 10% gestito direttamente da Ordini e
collegi su tematiche relative alletica e alla deontologia.
Sarebbe indispensabile, a questo punto, definire un sistema complessivo
non burocratico, ma efficace ed efficiente per consentire che
lofferta formativa sia indirizzata a questo tipo di obiettivi.
Bisogna, a questo scopo, rimodulare gli obiettivi formativi nazionali
che non potranno in nessun modo - avverte Pressato - essere
esaustivi di tutti gli argomenti che interessano il professionista.
Non lho dato per scontato, ma è chiaro che tutto
ciò deve trarre forza da un rilevamento e da unanalisi
dei fabbisogni formativi, a livello nazionale e locale, rispetto
al quale dobbiamo trovare ancora un metodo comune.
Chi
forma, come lo fa
Un altro dato che salta davvero allocchio osservando la
tabella 1 relativa alla suddivisione degli eventi per tipologia
di organizzatore e impatto formativo, è che aziende ULSS
e ospedaliere incassano alte performance per i propri
eventi, mentre quelli caratterizzati da impatti bassi sono in
sorprendente percentuale organizzati da privati, Irccs, Università
e Società scientifiche.
A noi in Veneto non interessava il puntificio
- sottolinea Pressato - per il quale i critici condannano lECM.
Ma perché non ci sia questa corsa scellerata ai punti ci
deve essere un sistema di qualità che premi la coerenza
tra gli obiettivi dichiarati, i metodi e il tempo dedicati, sintetizzati
in indicatori numerici di impatto formativo pubblici. Gli eventi
a basso impatto sono quelli, per esempio, in cui in un intero
evento si sono utilizzate metodiche come le lezioni frontali,
il cui impatto formativo negli adulti è molto basso.
È chiaro che un evento con relatori prestigiosi è
interessante, ma limpatto formativo valuta la sua efficacia,
misurabile tra docente, tutor e soggetto in formazione. Mentre
le aziende hanno adottato da anni, in Regioni come Emilia Romagna,
Toscana, Trentino, Val DAosta, Marche, uffici di formazione
in cui queste metodiche attive erano già applicate - specifica
Pressato - Irccs, Università e Società scientifiche
hanno una metodologia, purtroppo, che è ancora quella che
si riscontra nei corsi di laurea e delle specializzazioni.
Il sistema formativo, insomma, deve cambiare proprio da lì.
LECM deve portare a confrontare, a lungo termine,
i metodi didattici tra chi ha il monopolio della formazione di
base e il resto della filiera formativa - conclude Pressato -.
I santuari infallibili, è evidente, non esistono.
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