M.D.
numero 7, 7 marzo 2007
Contrappunto
Linsostenibile pesantezza della burocrazia
La
frammentazione neo-devolutiva in cui è approdata la sanità
italiana, ha prodotto altrettanti infiniti comportamenti da
parte dei medici di famiglia, di cui è forse impossibile
rendere conto. Proprio per questo motivo vorrei partire da un
microcosmo, dalle mie personali mutazioni psico-professionali,
allo scopo di contribuire a uneventuale consapevolezza
della situazione attuale.
Quando, qualche tempo fa, poco prima dellabolizione del
piano terapeutico, mi sono visto recapitare laddebito
di alcune ricette di atorvastatina 40 mg, ho cominciato a sentire
su di me tutta linsostenibile pesantezza della macchina
burocratica. La motivazione delladdebito era la prescrizione
senza piano terapeutico. E invece il piano ce lavevo.
Al peso precedente si è così aggiunto quello metainsostenibile
dellingiustizia. Ho provato qualche sensazione affine
a quelle di Joseph K., limpiegato di banca protagonista
del Processo di Franz Kafka. Il sottoscritto, però,
a differenza del personaggio kafkiano, ha individuato subito
il bandolo della matassa, cioè la mancata trasmissione
del piano terapeutico allufficio competente della Asl
da parte del collega ospedaliero, risolvendo il caso.
Mi è rimasto però dentro un buco nero che ha disturbato
certi delicati meccanismi interiori. Da allora il processo di
consapevolezza di non essere più un libero professionista
è arrivato al suo culmine, insieme a un processo graduale
di divisione dellio grazie al quale sulla carta sono un
lavoratore autonomo, nella pratica invece un dipendente. Rammento
che a 20 anni avevo abbracciato delle idee che paventavano,
in un futuro non molto lontano, il pericolo dellavvento
di uno Stato che avrebbe controllato ogni azione del cittadino
condizionandone anche i pensieri. Una prefigurazione orwelliana
che oggi, a mio avviso, è in piena attuazione su grande
scala, prescindendo dallatomistica e trascurabile disavventura
burocratica personale. Sono chiaramente al corrente che ormai
da qualche anno i Mmg sono vittime di simili disavventure, non
sto scoprendo lacqua calda, ma voglio solo trasmettere
il mio stato danimo al primo impatto concreto col mostro
senza testa. Non ero solo nella disavventura, molti altri
colleghi della mia Asl erano nelle mie stesse condizioni, per
cui leffetto Kafka è stato meglio metabolizzato.
Ma tutto questo è solo una goccia nello sterminato oceano
di controlli a cui è sottoposto oggi il Mmg, incuneato
tra Asl, Finanza, Regione, pazienti e la complicata realtà
di tutti i giorni. Non mi chiedo più come si sia arrivati
a questa condizione, perché quando mi guardo attorno
scorgo solo rassegnazione e una diffusa forma di masochismo
senza alcuna speranza di remissione. È come se la coscienza
civile si fosse eclissata. La trasformazione della medicina
di famiglia è avvenuta in questi anni sotto gli occhi
di tutti e tutti hanno potuto osservare la lenta e progressiva
degenerazione senza muovere un dito per arrestarne la tendenza.
Le ultime convenzioni sono state contrattate sempre al ribasso,
con cedimenti che oggi appaiono sciagurati e che solo pochi
medici contrastavano. Quanti erano quelli che si battevano contro
il processo di trasformazione in aziende delle Usl? È
stato quello uno dei punti cruciali che hanno determinato le
perniciose situazioni attuali. Chi si ricorda di quei pochi
che sottolineavano chiscottescamente la nefandezza dellassimilazione
della sanità a una qualsiasi attività commerciale?
Oggi il Mmg deve controllare da idraulico i litri di ossigeno
consumati dai pazienti in ossigenoterapia, deve controllare
da ragioniere il consumo degli stick per la misurazione del
diabete anche nelle sue sottovarianze, deve specificare in varie
tipologie uninfinità di prescrizioni. Niente male.
Davvero un bel progresso ha fatto la professione da quando il
medico era rispettato per la nobiltà del suo mandato,
fino allattuale condizione di sottoprodotto aziendale
alla mercè di capuffici e impiegati. Dopo varie fasi
di daltonismo sindacale è comparso qualche illuminato
(non dalla ragione), che ha aperto degli estuari verso la formazione
di Utap e Case della Salute.
Più la scimmia sale in alto e più le si
vede il didietro, diceva San Bonaventura e questo ora
accade alla medicina generale. Superati ormai i livelli essenziali
di decenza, si intravede in filigrana un orizzonte cupo per
la professione, in preda ad una tabe totalizzante che ne paralizza
la forza e ne annienta le potenzialità. Lindifferenza
è una paralisi dellanima, è una morte precoce:
lo diceva uno scrittore, Cechov, che era anche medico, e oggi
tanti Mmg sembrano quasi indifferenti alla sorte della loro
professione, senza sentire il bisogno di reagire. Ci vorrebbe
un elettrochoc delle coscienze per invertire la tendenza, affossare
il riaffioramento dellarchipallio e instaurare unormai
impossibile anabasi della medicina generale verso la dignità
e la libera realizzazione di una medicina a misura duomo.
Dubito seriamente che limbecillità egemonizzante
possa permettere un tale processo di ravvedimento. Mi ritorna
invece in mente Joseph K. che, allalba del suo trentunesimo
compleanno, vede comparire sulluscio di casa due uomini
vestiti di nero che lo afferrano e lo portano alla periferia
della città per giustiziarlo, senza che egli abbia mai
capito il perché.
Leonardo Trentadue
Medico di medicina generale
Ferrandina (MT)