M.D.
numero 7, 7 marzo 2007
Appunti
Temerari, sognatori o aperti al cambiamento?
E'
recente la notizia della fondazione di un sindacato medico unitario
(SIMI) attraverso la paziente raccolta di passione, cocci, sigle,
società, singoli sciolti. Come leggere questa iniziativa,
con scetticismo, con rassegnazione o come opportunità?
Che il sindacato medico in generale sia in crisi lo dimostrano
le ultime vicende avvenute nei pressi di alcune spiagge sarde
che per qualche personaggio si sono dimostrate assai paludose.
Che oltre alla crisi culturale anche il potere contrattuale
sia stato alquanto ridimensionato in questi anni sarebbe alquanto
difficile non ammetterlo.
Che sia urgente e necessario innovare e cambiare le modalità
sindacali lo ha capito anche la triplice (Cgil,
Cisl e Uil).
Ma piano piano, con un po di distacco sottotraccia, portando
idee di propria fattura, mescolando e rimescolando con
sentimento questo Sindacato dei Medici Italiani è
diventato, secondo quanto sostengono alcuni giornali di categoria
il secondo sindacato rappresentativo della medicina generale
con la particolarità che però, nello stesso tempo,
unisce e comprende tante altre figure della costellazione medica:
la continuità assistenziale, la dirigenza medica, il
118, i medici dei servizi territoriali, ospedalieri, universitari,
specializzandi, ecc..
Forse non si sentiva il bisogno di un altro sindacato, ma di
una riduzione di tante altre piccole sigle sicuramente sì.
Sarà possibile ricomporre gli interessi di tante anime
per tentare di salvare il salvabile? Sarà possibile uscire
dalla catena di montaggio (A. Attanasio, M.D. 2006;
35:12) e ritrovare quella dignità e deontologia che troppa
quiescenza sindacale, politica e ordinistica ha cotto a fuoco
lento tanto da farla diventare una pappina?
Penso che sia stato una occasione persa (almeno per ora, ma
ci saranno molte altre opportunità) per le altre sigle
sindacali, culturali o scientifiche che pur attirate dalliniziativa,
non hanno avuto il sentimento di fare il salto e di andare a
perdere qualche scranno per rifondare una formazione più
rappresentativa e più funzionale a questa medicina che
ci cambia continuamente sotto gli occhi.
La medicina del futuro è già alle porte e se le
organizzazioni rappresentative non se ne rendono conto rischieremo
di avere più di 40.000 medici con le rispettive famiglie
sul lastrico o con stipendi da cassa integrazione.
Può essere che questa nuova aggregazione abbia lambizione
di masticare a poco a poco questo boccone in modo da trovare
una soluzione travolgente, dolce e forse sconveniente o politicamente
scorretta, chissà.
Ogni cambiamento comporta sicuramente un rischio, forse vale
la la pena di correrlo, viste le prospettive della categoria
e la palude in cui nuota. Il Sindacato dei Medici Italiani è
un esempio, una possibilità, un messaggio che è
stato inviato. Speriamo che i destinatari siano in casa, non
sempre il postino suona due volte.
Luter Blisset,
Savona
Iperprescrizioni: in pericolo il diritto alla
salute
Ho
letto con particolare attenzione larticolo di M.D. dal
titolo: Iperprescrizioni: a Milano medici in piazza
(2007; 2:13) e in proposito vorrei aggiungere qualche considerazione.
Quanto sta succedendo in Lombardia e non solo è di una
importanza inaudita, un precedente pericolosissimo non soltanto
per la nostra libertà di curare, ma anche per il diritto
stesso alla salute della collettività. A rendere più
preoccupante ciò è il fatto che pochi ne comprendano
la gravità e la scarsa visibilità sui media avvalora
questo attegiamento.
Da quanto ho letto non solo sui giornati di categoria, ma anche
su alcuni quotidiani nazionali, la colpa di questi sfortunati
colleghi, cui va tutta la mia solidarietà, è di
avere prescritto più della media distrettuale indipendentemente
dall'appropiatezza delle prescrizioni e della tipologia dei
pazienti a loro carico.
Con tutto il rispetto per Istituzioni come la Corte dei Conti
o la Guardia di Finanza, non riesco proprio a comprendere che
senso ha delegare i controlli sulle prescrizioni a organi che
non sono tenuti ad avere la cognizione di cosa voglia dire avere
in cura oggi un malato terminale o un anziano fragile con polipatologia
e di quanto costi in termini di spesa farmaceutica.
Ed è così che si arriva al paradosso: questi colleghi
dovranno rispondere del fatto di avere lavorato più di
altri o di avere avuto la sfortuna di curare, per peculiarità
di territorio e di assistiti presenti nellelenco della
Asl, pazienti con cronicità più complesse e in
prevalenza più anziani rispetto ad altri più fortunati
colleghi.
Se le cose stanno così, allora questi colleghi, come
anche altri perseguitati in nome della iperprescrizione,
avrebbero tutti il diritto di ricusare i pazienti che comportano
un aggravio di spesa in quanto impossibilitati a curarli in
maniera adeguata dalle istituzioni a tale scopo preposte. Mi
meraviglio che le sigle sindacali che si qualificano come nostri
rappresentanti non abbiano già fatto in merito un ricorso
urgente alla Corte Costituzionale.
Non dimentichiamolo, il diritto alla salute è ancora
sancito dallarticolo 32 della Costituzione italiana.
Luca Serra,
Medico di medicina generale,
Verbania