
M.D.
numero 4, 14 febbraio 2007
Clinica
Valutazione e gestione dell’alitosi
di Massimo Bisconcin - Medico di medicina generale, Quarto D’Altino
(VE), Responsabile
Nazionale Dipartimento di Ricerca e Sperimentazione AIMEF
Disturbo estremamente diffuso nella popolazione generale,
l’alitosi può essere causata da diversi fattori,
ma essere anche espressione di patologie sistemiche. La prima
azione del Mmg è comunque l’educazione sanitaria
del paziente, con particolare attenzione verso l’adozione
di una corretta igiene orale
Giovanna ha 33 anni, non ha figli e non ho notizie della
sua vita affettiva. Da cinque anni si rivolge al nostro
studio per occasionali lombalgie, che lei attribuisce alla
pallavolo, sport che pratica a livello amatoriale. È
una persona attraente e svolge con buon profitto la consulente
aziendale. Dovrebbe quindi essere abituata a una sorta di
approvazione e positività nei suoi confronti, eppure,
pur senza essere un vero e proprio segno, sembra irrigidirsi
quando la distanza tra lei e me diminuisce. Non arretra,
ma sembra intimidita e incapace di sostenere il contatto
visivo per più di qualche secondo. Questo fatto è
molto evidente durante la manovra di Lasègue (negativa),
durante la quale tiene il volto quasi sempre girato dalla
parte opposta rispetto a me.
Durante l’ultimo incontro, data la relativa negatività
delle radiografie, la discreta rapidità di regressione
degli episodi lombalgici, ma anche la loro recente maggiore
frequenza, mi rivolgo alla paziente con queste parole: “Giovanna,
io credo che lei sia troppo ‘rigida’. Anche se
il suo atteggiamento sembra aperto, ho la sensazione che
lei si ritragga e ne ho avuto la conferma anche quando la
segretaria l’ha accolta entrando nello studio. Quando
le stringo la mano per salutarla stando da questa parte
della scrivania, non provo questa sensazione, ma appena
mi alzo per aprirle la porta lei scatta per uscire, quasi
sgattaiolando. C’è qualcosa che mi vuole dire
lei, ora?”. Indubbiamente Giovanna è una persona
intelligente: “Dottore... è ora che le dica
che da molti anni mi sento in terribile imbarazzo con
gli altri: spesso ho l’alito cattivo e oramai mi sento
terribilmente isolata, anche in mezzo agli altri”. |
Inquadramento
L'alito
cattivo è un fenomeno molto comune al risveglio, ma non
può essere considerato alitosi a tutti gli effetti. Non
vi sono dati epidemiologici certi e ripetibili sulla sua prevalenza
nella popolazione.
L’alitosi è invece un disturbo estremamente diffuso,
al punto da interessare circa un terzo della popolazione. Uno
studio di un’associazione dentistica americana ha evidenziato
che il 50% della popolazione ha sofferto di alitosi, mentre
un’altra indagine ha evidenziato che il 60% delle donne
e il 50% degli uomini americani usano con regolarità
dei rinfrescanti dell’alito.
Come nel caso presentato, il problema dell’alitosi emerge
quasi come un fenomeno “by the way” piuttosto che
come problema presentato fin dall’inizio e richiedente
come tale un parere medico, in quanto viene percepito più
come una “problema” sociale che come sintomo avente
“dignità” medica. La metà delle persone
che soffrono di alito cattivo ritengono che questo sia la causa
di difficoltà socio-relazionali.
Le diverse forme di alitosi sono illustrate in tabella 1. Va
segnalato che anche alcune sostanze presenti nell’aria
espirata possono causare odore sgradevole (componenti volatili
solforati, diamine, acidi grassi a catena corta).

La
causa più comune di cattivo odore orale è comunque
l’accumulo di residui alimentari e di placca batterica
dentale sui denti e sulla lingua, causata da scarsa igiene orale
e in grado di provocare infiammazione gengivale e peridontale.
La gengivite acuta ulcerativa necrotizzante è la causa
della più forte forma di alitosi (in tabella 2 si riportano
le cause più frequenti).
L’odore
cattivo è causato da processi fermentativi dovuti a diversi
batteri, ma non vi sono comunque semplici associazioni tra la
presenza di qualche specifico batterio e l’alitosi, in
quanto essa rappresenta la complessa interazione tra i vari
microrganismi, residui di cibo (e quindi tipo di dieta), abitudini
del paziente stesso e la sua variabilità biologica.
La sede dove avviene la complessa interazione tra tutti i suddetti
elementi sono le tasche gengivali, eventuali fissurazioni dentali
e la parte posteriore della lingua, dove viene ritenuta la maggior
parte dell’induito dovuto all’alimentazione, nonché
la desquamazione cellulare della bocca e molti leucociti. La
parte posteriore della lingua è inoltre ricca di papille
e ciò ne rende più difficoltosa la naturale detersione.
La popolazione microbiologica della parte posteriore della lingua,
in persone affette da paradentosi, può essere di maggiore
rilevanza, ma non qualitativamente differente dalle altre.
Alcuni pazienti, anche in assenza di cause evidenti, dichiarano
di soffrire di alitosi specialmente in condizioni di particolare
stress. In effetti è stato dimostrato che in condizioni
ansiogene vi è un aumento della produzione di composti
volatili solforati.
Valutazione
Generalmente la valutazione è soggettiva e si basa sull’odorato
dell’alito emesso dal naso e dalla bocca. L’eventuale
differente consistenza organolettica permette già una
prima diagnosi di sede. Un’alitosi prevalentemente nasale
esclude cause endorali e induce a ricercare patologie otorinolaringoiatriche
alte come le sinusiti. Nei casi più rari, in cui il cattivo
odore provenga sia dal naso sia dalla bocca, è opportuno
ricercare cause sistemiche o l’uso di sostanze chimiche
o farmacologiche.
Esiste tuttavia anche la valutazione oggettiva attraverso un
apposito strumento, chiamato Halimeter, che misura la presenza
e la quantità di elementi solforati nell’alito.
Non vengono però valutati tutti gli altri componenti
non solforati che causano comunque cattivo odore orale. L’Halimeter
esprime la quantità misurata di gas in parti per bilione
(ppb). La misura limite è 75 ppb, soglia oltre la quale
una popolazione test è in grado di avvertire cattivo
odore a varie distanze dal soggetto.
Anche la gascromatografia è potenzialmente in grado di
misurare i singoli elementi maleodoranti presenti nell’aria
espirata, ma non ha applicazione nel comune uso clinico.
Trattamento
Qualora l’alitosi sia espressione di patologie sistemiche
o da utilizzo di farmaci, è opportuno considerare la
rimozione della causa. Se il paziente soffre di disturbi rinosinusali
o faringei e la qualità del suo alito è peggiore
al mattino, è consigliata un’umidificazione della
camera da letto, in quanto la respirazione a bocca aperta e
l’essiccamento conseguente di eventuali secrezioni favoriscono
la formazione del cattivo odore buccale.
La prima azione da intraprendere è l’educazione
sanitaria del paziente.
È necessario ricordare al paziente i principi di una
corretta igiene dentale che preveda sia lo spazzolamento sia
l’uso del filo interdentale. È indicato anche un
blando spazzolamento con setole morbide della base della lingua
anche se uno studio afferma che questo beneficio non è
dimostrato sul lungo periodo, mentre l’utilizzo di gomma
da masticare non riduce significativamente il cattivo odore.
Sul mercato sono presenti molti prodotti per i risciacqui orali,
che agiscono fondamentalemente riducendo la carica batterica
basale e quindi rimuovendo la base per lo sviluppo del cattivo
odore. Non esistono molti studi che confermino la reale validità
dei collutori. La tabella 3 riassume i prodotti più utilizzati.
Va raccomandato comunque un trattamento odontoiatrico conservativo
e una bonifica delle tasche gengivali.
Alitofobia
Questo particolare aspetto relativo all’alitosi, probabilmente
correlato al caso clinico riportato e quindi molto interessante
per la medicina generale, è poco trattato in letteratura.
La ricerca del termine “halitophobia” nel data base
di PubMed evidenzia solo sei riferimenti bibliografici, tutti
di area eminentemente specialistica odontostomatologica. Non
vi sono evidenze bibliografiche di sorta se il termine viene
incrociato con “family medicine” o con “general
medicine”.
Con il termine alitofobia dobbiamo probabilmente intendere non
solo la sensazione di disagio psico-sociale causata dalla mera
percezione di un cattivo odore orale non suffragato dalla prova
che esso esiste, ma anche il semplice timore che il proprio
alito sia disgustoso anche in presenza di modeste alterazioni
organolettiche dello stesso.
Persone con particolari problematiche relazionali, come quella
emersa nel caso clinico descritto, possono manifestare alitofobia
come conseguenza generale di un disturbo alexitimico.
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