M.D.
numero 3, 7 febbraio 2007
Contrappunto
Medici alla ricerca di unimprobabile
unità
di Bartolomeo Delzotti, Medico di medicina
generale, Bergamo
Dal Tavolo della medicina generale al dialogo attivo tra
FNOMCeO e sindacati: tutti segni palesi di un cambiamento strategico
della professione medica.
A tentare di serrare le fila ci sono soprattutto i Mmg, primo
anello della catena dellassistenza, ma anche
il più gregario. Da qui lineluttabilità
di riaffermare il riconoscimento del proprio ruolo professionale
a cui si affianca la richiesta di unità sindacale. Un
traguardo non facile. Le divisioni allinterno della categoria
si affievoliscono su contenuti e obiettivi, ma restano nette
sulle modalità con cui perseguirli. A testimoniare ciò
le recenti divisioni sindacali sulliniziativa dei medici
Snami di Milano che si sono incatenati davanti alla Procura
regionale della Corte dei Conti per protestare contro le accuse
di iperprescrizione
Era
da tempo che non si sentiva parlare di unità sindacale.
Lapparente miracolo è stato determinato dalle richieste
di rimborso da parte della Corte dei Conti di somme di denaro
a colleghi accusati di iperprescrizione.
Gli avvenimenti recenti e anche meno recenti suggeriscono che
questa categoria di eterni giovinetti si muove e indossa panni
professionali quando si tratta di difendere o implementare
le risorse del proprio portafoglio e così si riscopre
il valore dellunità allinterno di una professione,
quella di medico di medicina generale, di fatto ultradivisa
e persistentemente tesa al proprio interesse individuale.
Mi permetto di dare uninterpretazione di quanto sta avvenendo
in qualità di medico di medicina generale, ma anche di
responsabile provinciale del Sindacato Medici Insieme di Bergamo,
forte della consapevolezza che le analisi e le considerazioni
circa il progressivo deteriorarsi della nostra professione e
le previsioni che da tempo sono state portate più volte
allattenzione dei vari attori di questa martoriata sanità
si sono puntualmente verificate. I sindacati maggiormente rappresentativi
della categoria hanno nel tempo sottoscritto tutta una serie
di norme convenzionali e non che hanno fornito supporto logistico
e giuridico alla Magistratura contabile che non si è
lasciata sfuggire loccasione di un pesante intervento
sulla attività clinica del medico anziché limitarsi
a perseguire quelle situazioni che ponessero seri dubbi sulla
liceità del comportamento del medico. Una vera e propria
invasione di campo che ha portato allinsurrezione di quasi
tutti i vertici sindacali e a uno spiazzamento della cosiddetta
base che si è vista privata di quella tranquillità
che gli stessi vertici avevano promesso, garantito, sempre e
comunque, ai propri iscritti.
Per anni, al di là delle dichiarazioni ufficiali e altisonanti
rilasciate attraverso i mezzi di comunicazione, nelle sagrestie
degli incontri locali si è ribadito che le norme sottoscritte
in nulla e per nulla avrebbero limitato lautonomia professionale
del medico, ma che in fondo il tutto serviva a giustificare
gli aumenti retributivi che non potevano essere attribuiti senza
concedere nulla in cambio. Una politica che non riuscendo a
guardare al di là del proprio naso ha portato a un clamoroso
autogol: i maggiori sindacati di categoria si sono auto-esautorati
nel potere fondamentale che ha permesso loro sino a oggi di
tenere legati a sé gli iscritti con una chiave a doppio
mandato e cioè il potere di controllori delle regole
del gioco spesso voluto da altri e non dai medici, attraverso
il quale è stata esercitata nei confronti degli iscritti
una vera e propria coercizione morale.
La necessità di autocritica
Le sentenze della Corte dei Conti trovano dunque fondamento
giuridico nelle norme convenzionali sottoscritte da chi per
anni ha rappresentato monoliticamente la categoria e tutti adesso
ne paghiamo le conseguenze. Questo non può essere sottaciuto
e chi ha o abbia avuto una qualsiasi responsabilità non
può e non deve nascondere la testa sotto la sabbia, ha
il dovere civile ed etico di fornire spiegazioni ai medici.
Sarebbe questa la logica risposta se vi fosse un minimo di rispetto
per una categoria confusa e disorientata e se nella nostra Italietta
le vicende fossero ancora improntate alla logica e al comune
senso civico.
Cosa si fa, invece? Si grida al lupo al lupo, si organizzano
incontri con vari legali praticamente a digiuno di una normativa
giurisprudenziale tutta da inventare e continua lusuale
inganno a danno dellintera categoria.
Linganno sta ancora una volta nellergersi a difensori
delle proprie vittime, di una categoria clamorosamente penalizzata
dallinettitudine se non talvolta dalla intesa di vertici
sindacali che avrebbero dovuto fare dellautocritica lunica
arma possibile per tornare a essere garanti della tutela professionale.
Ma a questo punto si insinua prepotentemente il dubbio che il
fine non sia la tutela della professione medica, ma solo il
recupero di una posizione di potere persa, tesa essa stessa
a controllare loperato del medico e a fare da garante
a un sistema che vuole la sanità fortemente assoggettata
a logiche economicistiche e di mercato.
Lultima volta che i medici hanno ottenuto qualcosa risale
ormai a qualche tempo fa e i risultati non dipesero certo dalla
unità sindacale (nei fatti mai esistita) ma da un semplice
motivo: ladozione della assistenza indiretta.
La quasi totalità dei medici aderì a questa
forma di protesta e mise in ginocchio le forze di potere di
allora che poi sono alla fine le stesse forze di oggi dal nome
diverso, ma dalla uguale sostanza. Se questa azione di lotta
non fosse stata relegata a forma illegale, grazie alla sottoscrizione
da parte di alcuni della normativa che regolamenta le forme
di protesta nei servizi di pubblica utilità, oggi sarebbe
ancora larma vincente per ottenere dei risultati.
Le altre categorie quando lottano vincono non perché
i vertici sindacali sono uniti, ma perché quando il troppo
arriva, scendono in piazza e se ne fregano di qualsiasi indicazione
sindacale; le manifestazioni sono spesso spontanee e i sindacati
in realtà intervengono per calmierare o comunque pilotare
la cosa.
Recuperare il senso dappartenenza
Lunità da perseguire non è sindacale, ma
professionale. I medici non hanno in realtà un vero senso
di appartenenza a una categoria comune ed è questo che
ha permesso le scorribande del potere assieme ai suoi prodi
e ha profondamente trasformato il nostro ruolo da fiduciari
del paziente a fiduciari del sistema sanitario.
Credo che più che ricercare una improbabile unità
con chi ha messo in serio pericolo ciò che avevamo di
più caro e cioè la libertà professionale,
che ritengo unica e vera garanzia di libertà di cura
e di tutela della salute del cittadino, occorre recuperare il
senso di appartenenza a una categoria medica vilipesa e offesa
nel suo intimo.
La ricerca dellunità ideologica e comportamentale
del medico a discapito dellindividualismo e dellindifferenza
che sino a ora lo ha contraddistinto deve essere lobiettivo
primario e lunità sindacale ne sarà la logica
conseguenza.