Editoriale
Interventi di circostanza: male italiano
del Ssn
Il
Servizio Sanitario Nazionale ha di nuovo il mal di ricetta.
Il problema è stato sollevato dal Garante per la concorrenza,
secondo il quale, se è vero che anche nel comparto sanitario
la variabile dei consumi è parte integrante, anche in
questo ambito bisogna agire seguendo i due principi maestri
del mercato: evitare il conflitto dinteressi e liberare
la concorrenza. Per sfuggire al rischio di controllo del sistema
da parte delle aziende farmaceutiche, testimoniato dalla minaccia
di sospendere temporaneamente le sponsorizzazioni
di convegni per i medici destinati alla loro formazione, con
un taglio che ammonterà almeno a 300 milioni di euro
lanno, il buon Garante indica una cura infallibile. In
una lettera a Governo e decisori vari ha suggerito che i medici
vadano obbligati a prescrivere il principio attivo o a indicare
nella ricetta la possibilità per il paziente di acquistare
un farmaco generico a costo più basso, fatta salva la
facoltà al medico di poter comunque specificare per motivi
clinici leventuale non sostituibilità
del medicinale prescritto.
Ma non sarebbe meglio riprendere il problema della governance
del sistema nel suo complesso, compiendo scelte magari impopolari,
ma complessive, invece di procedere con interventi-spot che
gravano sulle spalle di un solo attore, il medico? La domanda
radicale da porsi è: il medico è libero di prescrivere
la specialità che vuole, oppure le condizioni ambientali
sono talmente cogenti che gli interessi industriali del nostro
Paese sono troppo più forti di lui? Chiedere al medico
di essere lui larbitro della scelta, costringendolo a
prescrivere il principio attivo e ad indicare la sostituzione
al farmacista, come è stato anche detto da rappresentanti
della categoria, ha il sapore della scorciatoia, ma anche della
rivalsa su un settore produttivo del Paese tra i pochi il cui
fatturato, tra il 2001 e il 2005, è cresciuto del 34.3%
e gli addetti del 21.3%.
Tra i provvedimenti-tampone più popolari riesumati in
queste settimane da imprese e medici cè il benedetto
ticket sulla ricetta: forbice imparziale sui consumi finali,
che responsabilizza il paziente imponendogli di pensare bene
a ciò che fa quando si rivolge al suo medico. Ma siamo
sicuri che questo scarico di responsabilità rafforzi
la medicina generale? Una forte medicina delle cure primarie
non emerge spontaneamente, come la professione ha avuto modo
di ribadire anche dal congresso Wonca di Firenze: richiede
appropriate condizioni nel sistema sanitario per mettere i professionisti
delle cure primarie nelle condizioni adatte ad assumere la responsabilità
della salute delle persone che assistono. Una concreta valorizzazione
organizzativa, ma anche la cultura che la medicina generale
esprime nellapproccio ai problemi di salute, rappresenterebbe
la migliore risposta possibile alla crisi di sostenibilità
dei sistemi sanitari. Cè qualcuno in questo Paese
disposto a crederci, non solo a parole?