M.D.
numero 31, 25 ottobre 2006
Pratica
medica
Il caso di un malato complesso
di Nicola Dilillo, Medico di medicina generale, Irsina (MT),
AIMEF
Recentemente
ho ricoverato un mio paziente con un infarto acuto del miocardio:
al Pronto Soccorso mi hanno detto che era un paziente complesso
e che la diagnosi non poteva essere fatta immediatamente e bisognava
aspettare il risultato di alcuni esami non meglio
precisati.
Ho cercato di convincerli del fatto che la sintomatologia era
tipica di un infarto e che il paziente, che seguivo da moltissimi
anni per altre patologie, aveva espresso molto bene i suoi sintomi.
Purtroppo è stato trasferito nel reparto di Geriatria,
ma il giorno seguente la sintomatologia tipica da infarto si
è ripetuta e a questo punto è stato celermente
trasferito in UTIC.
I medici del reparto di cardiologia ripetevano però che
il mio assistito era un paziente complesso.
Riflessioni
Andando a rivedere la letteratura mi accorgo che i cosiddetti
pazienti complessi sono il pane quotidiano della
medicina di famiglia e la questione della comorbilità
o delle multimorbilità non trova posto in una medicina
(specialistica) orientata alla singola malattia. Le linee guida
e gli studi clinici randomizzati da cui derivano le indicazioni
non sempre considerano i pazienti affetti da pluripatologie.
La grande verità è che questi pazienti sono la
maggioranza dei nostri assistiti e i Mmg si trovano spesso a
dovere applicare trattamenti inadeguati alle loro necessità.
Questo problema diventa ovviamente sempre più pressante
con il progressivo invecchiamento della popolazione. Pertanto
assistiamo a studi sullipertensione, sul diabete, sulle
dislipidemie che escludono soggetti con condizioni multiple
di morbilità oppure che non spiegano se i pazienti inclusi
in questi studi siano affetti o meno da ulteriori malattie.
Il paziente in questione è affetto da diabete insulino-dipendente,
cardiopatia ipertensiva, insufficienza renale cronica, ipertrofia
prostatica, BPCO.
A questo punto sorge una domanda: il Mmg che generalmente ha
una percentuale di pazienti con più di due malattie (come
è stato rilevato da un recente studio di Fortin M et
al. Ann Fam Med 2006; 4: 101-3) tra i propri assistiti come
riesce a curarli in modo ottimale quando già nei reparti
specialistici vengono individuati come pazienti complessi?