Editoriale
Cure primarie: soluzioni auspicate e ritardi
cronici
Fragili
o portanti? Essenziali o male organizzate? Le cure primarie
sembrano destinate ad assumere, anche in questo autunno che
si annuncia scoppiettante, uno dei ruoli di maggiore rilevanza
nel dibattito sulla salute del futuro nel nostro Paese, e non
solo del nostro. Lo ha ricordato nelle ultime settimane lOsservatorio
Europeo sulle Politiche e i Sistemi Sanitari: cè
una tensione irrisolta in tutta Europa tra la debolezza dellassistenza
extra ospedaliera e lintenzione della politica di assegnarle,
almeno dagli atti formali, funzioni critiche strategiche nei
servizi sanitari regionali.
Ovunque, infatti, il principale polo dattrattiva per investimenti
e personale è lospedale. Per le cure primarie,
sempre secondo il rapporto, le sfide attualmente in pista sono:
gestire la rete, come nodo di risorse o come gatekeeping,
ovvero come portiere del sistema, che richiede però
da parte dei medici competenze manageriali e di coordinamento
che troppo spesso non sono adeguatamente incentivate e monitorate.
In molti Paesi dEuropa si avverte anche una questione
di credibilità che ancora non tange i medici
di famiglia italiani, ma che va monitorata, soprattutto considerando
laumento avvenuto negli ultimi anni di cause civili contro
i medici anche in Italia. Sempre secondo lo studio, linformatizzazione
è sempre più necessaria, ovvero la possibilità
di essere in rete effettivamente con il resto del sistema, potendo
accompagnare i pazienti e i loro dati sensibili attraverso tutto
il percorso sanitario e offrendo al sistema una disponibilità
a lasciarsi verificare e valutare essenziale per una progressiva
qualificazione della spesa.
LItalia, da questo punto di vista, è allennesimo
bivio: pur avendo implementato queste esigenze in documenti
programmatici precisi del Ssn, è in affaticamento rispetto
alla loro concreta e uniforme attuazione. Il Governo Prodi ne
ha preso atto non senza un certo clamore, annunciando certezze
di bilancio, pur nei sacrifici che si annunciano dolorosi,
insieme a vincoli per le nuove risorse.
Si parla anche dellimplementazione prossima di nuovi modelli
di cure, come le Case della Salute o le nuove società
miste pubblico-privato, che attingono a nuove fonti tentando
così di continuare a garantire
i livelli minimi di assistenza. Il punto doloroso è
il ritardo che permane in alcune realtà locali: difficoltà
di governo della spesa, lentezze nellimplementazione locale
di una Convenzione tutta già da ridiscutere, contraddittorietà
dei modelli organizzativi adottati localmente sono soltanto
alcune delle insidie sulla strada delle nuove cure primarie.
Oggi, con il decreto di liberalizzazione a firma Bersani, approvato
nei giorni caldi dellestate, si parla infatti di allargamento
a società miste pubblico-private delle reti e delle associazioni
della medicina generale. Cosa succederà, però,
se questi capitali privati dovessero non trovare economicamente
conveniente la gestione della salute, almeno in alcune parti
del Paese? Che cosa ne sarebbe della relazione fiduciaria e
a lungo termine con il paziente e la sua famiglia? Un interrogativo
destinato a rimanere valido per ben più di una stagione.