M.D.
numero 24, 28 giugno 2006
Appunti
Spesa sanitaria: una proposta inascoltata
La
spesa sanitaria procede inflessibile ed è il solito stracciarsi
le vesti generale. Il diktat del governo (secondo la legge
Tremonti) è di rientrare dal debito, pena lazione
sulle tasse. Lazio, Campania, Sicilia, Abruzzo, Molise e Liguria
dovrebbero aumentare Irap e Irpef per riequilibrare la loro
spesa sanitaria in rosso. Colpa dei soliti medici di famiglia
spendaccioni? Questa volta sembra proprio di no. La responsabilità
è attribuita ai manager della sanità locale che
non hanno saputo centrare lobiettivo, permettendo uno
sforamento eccessivo di spesa. In un Paese normale ci si aspetterebbe
un cambiamento di questi professionisti. In Italia invece vengono
premiati. In Liguria, per esempio, i direttori generali hanno
avuto 15.000 euro di premio. Il governatore ligure Claudio Burlando
(centro sinistra) ha detto che ciò è da ascrivere
alleredità pesante del precedente governo regionale
di centro destra. Sembra questa la scenetta dello sketch in
cui alla domanda chi è stato?, linterpellato
indica col pollice il vicino e costui a sua volta il suo vicino
e così via.
Non siamo economisti e non abbiamo soluzioni generali sottomano.
Ma sfogliando i maggiori quotidiani italiani, ci è apparsa
più che pertinente una lettera di un lettore che consigliava
di suddividere la spesa sanitaria in sottogruppi: ospedali,
cliniche convenzionate, medicina del territorio, farmaci, con
altrettanti sottogruppi per esempio per gli ospedali, gli stipendi,
le prestazioni, gli ammortamenti e altro.
Come rappresentanti dello Snami, reiteriamo nello specifico
della spesa sanitaria ospedaliera la proposta del nostro sindacato
che da anni prospetta di ridare ai medici di famiglia le loro
precipue competenze: eliminare gli ambulatori di primo livello
dagli ospedali (ambulatorio dellipertensione, del diabete
non complicato, della terapia anticoagulante, dellartrosi
ed altro) e dare la gestione totale dei pazienti al Mmg. Spettano
agli ospedali le strutture di secondo livello e i quesiti diagnostici
da risolvere quando i casi non sono chiari. Il tutto è
da contrattare a livello locale con adeguati incentivi economici
che in ogni caso sarebbero per la comunità minori in
termini di esborso rispetto al mantenimento di strutture sanitarie
complesse che lavorano su patologie semplici.
Questa la ricetta, ma ad oggi nessuno si è dimostrato
particolarmente interessato ad accoglierla. Ci sarà ancora
bisogno di ripeterla?
Stefano Nobili - Roberto Carlo Rossi
Medici di medicina generale, Milano
Profitto?
È lecito per tutti tranne che per i medici italiani
"Chi
avrebbe potuto immaginare che semplicemente facendo un piccolo
aggiustamento negli appuntamenti dei pazienti si sarebbe ottenuto
un circolo virtuoso che avrebbe portato a una migliore gestione
delle malattie croniche e a un aumento di quasi 13.000 dollari
di entrate annue per un medico?. È quanto si afferma
nellarticolo: Una più specifica attenzione
al problema dellasma aumenta il flusso delle entrate e
migliora le cure e i risultati, pubblicato da AAFP News
Now, (www.aafp.org) organo dellAmerican Academy of Family
Physicians. Il gioco sulla parola flusso ha tutto
il sapore di un artificio da tecnica pubblicitaria fatto apposta
per attirare e convincere i medici: evidentemente medici spudoratamente
sensibili al fascino del vil denaro.
Che cosa sto proponendo ai cari colleghi italiani? La solita
trita e ritrita filippica contro un sistema sanitario noto per
far morire senza cure la gente sprovvista di carta di credito?
No, il motivo per cui propongo alla meditazione dei colleghi
il trafiletto tratto dal giornale dei medici di famiglia americani
è che da noi una frase del genere, se scritta da un medico,
gli varrebbe lespulsione immediata dallOrdine e
lesposizione al pubblico ludibrio sulla piazza del mercato.
Medici che si lascerebbero convincere a curare meglio i pazienti
da considerazioni monetarie? Ma quando mai? Ma quale bestemmia!
I medici italiani offrono ai loro pazienti le loro migliori
attenzioni per spirito di missione, per un alto senso del dovere,
per tutto quello che volete voi, ma non per soldi.
Il medico italiano è al di sopra di tutto questo e si
nutre di puro nettare e ambrosia. Che non si dica, che non si
lasci neppure trapelare il sospetto che un medico in Italia
possa essere mosso da considerazioni economiche. E, per evitare
qualunque inconfessabile tentazione, che si facciano e mantengano
leggi, norme, regole e codicilli che gli impediscano di guadagnare
mezzo centesimo bucato, migliorando le sue prestazioni alla
clientela, pardòn, ai pazienti. Il medico italiano è
e deve rimanere una fondazione senza scopo di lucro, la negazione
spavalda e a muso duro della gretta ipotesi che le azioni delluomo
sono influenzate dal profitto. Certo, il profitto è un
motore potente, di cui la società ha il diritto di servirsi,
ri-privatizzando industrie dissennatamente nazionalizzate durante
i bolscevichi anni Sessanta, privatizzando servizi che privati
non erano stati mai fin dal loro concepimento, svendendo mobili
e immobili pubblici e demaniali, lottizzando la gestione della
stessa sanità e mettendone a capo manager rubati allindustria
privata dei bulloni e della gomma da masticare, mantenendo il
diritto al profitto per molti attori delluniverso sanità,
ma per i medici no.
I medici italiani nascono medici, privi del gene del profitto,
e sono allevati, prima in incubatrici particolari e poi in scuole
selezionate ed esclusive, con la precisa finalità di
farne una specie capace di immolarsi sullaltare del dovere
senza il minimo cedimento alle sirene del profitto.
Va bene, forse tutto questo non sarà vero, ma è
quello che le veline (non quelle televisive) dicono che bisogna
raccontare ai pazienti, spiegandogli al momento opportuno che
se la sanità non funziona non è perché
qualcuno si ostina a inventarsela come eccezione alle regole
più ferree della psicologia e delleconomia. Se
non funziona è perché... ah, ecco: è perché
i medici guadagnano troppo.
Antonio Attanasio
Medico di medicina generale, Mandello del Lario (LC)
Diamo
voce alle nostre critiche
La
collega Scagliarini mi trova perfettamente d¹accordo nell¹essere
stanco di ottemperare a richiesta di aggiornamento al di fuori
degli orari di lavoro, sia nelle ore serali-notturne sia il
sabato (M.D. 2006; 21:13). Questo è solo un motivo tra i tanti
che rendono nel nostro Paese l¹³arte²medica, in particolare
per i medici di famiglia, sempre più tediosa, invivibile e folle.
Al riguardo occorre considerare che gli accordi sui corsi di
aggiornamento, mi riferisco soprattutto a quelli indetti dalle
Asl, vengono stipulati con i sindacati che ci rappresentano
ai quali molti di noi sono iscritti (il sottoscritto però ha
disdetto l¹iscrizione da un po¹ di tempo). E certe decisioni,
comunque, sono nei fatti avvallate da questi. Interpellandoli
più volte sulla questione attraverso i loro siti ho avuto risposte
a dire poco sconcertanti. C¹è chi mi ha risposto che il medico
di medicina generale è libero di non frequentare tali corsi,
chi ha precisato che proposte diverse non sono state accettate
dalle altre sigle sindacali. E c¹è chi non mi ha ancora risposto.
Ma nessuno ha soddisfatto la mia precisa richiesta di elencarmi
i perché i Mmg si devono aggiornare al di fuori degli orari
di lavoro. Non si possono avallare delle intese e poi meravigliarsi
delle conseguenze e dei limiti penalizzanti. Propongo quindi
ai colleghi di fare sentire le voci del dissenso di chi li ha
delegati a rappresentarci attraverso i loro siti, utilizzando
anche l¹arma del ritiro della delega.
Daniele Cappelletti
Medico di medicina generale, Milano