M.D.
numero 23, 21 giugno 2006
Riflessioni
Medicina convenzionale e omeopatia
di Giuseppe Mittiga, Medico di medicina generale,
Roma
La doverosa e sincera
premessa da anteporre a qualsiasi tipo di considerazione sullomeopatia
è che ogni individuo è libero di curarsi come
meglio crede e che ogni medico, nel rispetto della legge e della
deontologia, è libero di curare come ritiene opportuno,
soprattutto quando esercita la libera professione
Sarebbe
riduttivo dire che lomeopatia nasce con la pletora medica;
sarebbe irrispettoso e probabilmente per buona parte falso.
Anzi, talora sono i medici non più giovani che si avvicinano
prima scettici e poi entusiasti alle medicine non convenzionali
in genere, riscoprendosi e rinnovandosi, prendendosi meno sul
serio, senza scivolare nella negligenza, ma mettendo invece
un pizzico di saggezza nel loro operato. Voglio credere che
la maggior parte dei colleghi, ma diciamo pure la quasi totalità,
agisca non solo seguendo i dettami giuridici, ma anche intime
convinzioni, idee e riflessioni sulla vita oltre che scientifiche.
È legale prescrivere prodotti omeopatici, non è
vergognoso o indecoroso; lo affermo con lequilibrio benevolo
di chi pur non credendo in questa pratica la colloca però,
come ogni atto medico, allinterno di un sano rapporto
tra medico e paziente. Non credo fideisticamente neanche alle
verità apparentemente rassicuranti delle linee guida
o dellindustria del farmaco.
Oggi la verità in medicina passa attraverso le riviste
scientifiche più accreditate. Lefficacia, la sicurezza
dei farmaci, le corrette condotte mediche, le tempistiche di
screening, ecc., sono il risultato di studi di serietà
indiscussa, di consensus conference prestigiose.
Il mondo accademico fa scuola, produce linee guida cui tutti
ci ispiriamo presto o tardi. Chi vuole affermare qualcosa nella
comunità scientifica deve usare certi canali e un certo
linguaggio per così dire. Eppure accade che grandi studi
sono messi in discussione dopo anni. È la legge della
scienza e del progresso: si pensi alle nuove posizioni sullimpiego
della terapia ormonale sostitutiva, al ritorno dei
diuretici nel trattamento dellipertensione. La verità
in medicina sembra avere una forte connotazione temporale, storica
e legata alla tecnologia.
La cultura dellEBM sembra sempre più suggerirci
che numerosi orientamenti terapeutici attuali non sono supportati
da evidenze nette, non ci sono studi e in mancanza di questi
ci si affida a pareri autorevoli.
È interessante notare che quandanche ci fossero
queste prove scientifiche, esse non sembrano essere così
schiaccianti perché comunque ispirate a un metodo.
Il ragionamento, la metodologia clinica, la visione dinsieme
del malato, la grande clinica di un tempo, quella stessa che
sbagliava se giudicata con gli occhi di oggi, ma che offriva
un gran ragionare ai discepoli e conferiva gran fascino ai maestri,
ebbene tutto ciò è scomparso e ha lasciato il
passo - ci si chiede se giustamente o doverosamente - alla tecnologia
e allultraspecializzazione.
Abbiamo ora un altissimo potere diagnostico e terapeutico che
non sempre sa rispondere alla domanda del cittadino o del medico
stesso; tale potere, come atto delluomo è pur sempre
limitato.
Il sano dubbio
I bravi medici imparano a temere le grandi verità dei
colleghi troppo sicuri di sé, quelli che hanno una chiave
per tutto o totalmente orientati - in buona fede di certo -
in un senso piuttosto che un altro.
Una cauta vigilanza, un freno ai facili entusiasmi, un senso
critico di fronte alle moderne panacee gioverebbe così
come un ritorno alla visione olistica della medicina, praticata
in équipe e non. Non si tratta di fare un passo indietro
o chiudere gli occhi, semmai guardare con sguardo nuovo i problemi,
ri-programmando e correggendo gli schematismi appresi, ascoltando
per più tempo e meglio. La scienza va più veloce
di noi e non sempre per lintervento di strumenti complessi,
ma anche con riflessioni mature, per questo è necessario
che la Bioetica non sia la cenerentola tra le discipline. In
questo scenario si affacciano le medicine alternative, a rispondere
alla domanda di salute sempre crescente.
Come medici equilibrati dovremmo leggere le linee guida con
criticità e con criticità ascoltare gli omeopati,
senza pregiudizi e con rispetto. Essi parlano un linguaggio
diverso, che non passa dal NEJM e da JAMA.
Tranne i danni da trauma, quasi ogni patologia ha un risvolto
in termini eziologici e fisiopatologici talora di tipo genetico,
talaltro di tipo psicologico o legato allo stile di vita con
varie percentuali.
Non si vuole affermare che tutte le patologie in assoluto hanno
una quota eziologica di tipo psicologico; ma sul
versante della percezione, la qualità di vita del malato
e le sue aspettative sono dati da elementi psicologici che non
possiamo trascurare. E la qualità di vita non può
oggi non far parte del vissuto del malato e della malattia
in senso accademico, oltre che essere obiettivo per il medico.
Leffetto placebo
Il farmaco non è mai un farmaco e basta, è
un farmaco prescritto da un medico a un paziente.
Con un equilibrismo garantista potremmo dire che nessun medico
se la sentirebbe di smentire che leffetto di alcuni prodotti
non è dato dallazione di un principio attivo su
strutture del corpo umano, sistema nervoso centrale incluso,
ma è legato allattività (ancora sotto esame
e non perfettamente e univocamente compresa dal mondo scientifico)
esercitata sulla percezione dei sintomi e segni dal rapporto
medico-paziente, dallatto di assumere una sostanza prescritta
(seppur inerte come nel caso dei medicamenti omeopatici) e dal
grado di fiducia e convinzione.
È ovvio che in alcune malattie e soprattutto in alcuni
pazienti leffetto placebo è più facilmente
evidenziabile.
Il giudizio personale di molti medici tradizionali nei confronti
dellomeopatia non si risolve in un semplice sono
tutte chiacchiere. Sono un certo tipo di chiacchiere.
Questa medicina non ufficiale si esercita spesso come libera
professione, il medico è più disponibile allascolto,
si parla molto di più e il paziente è convinto
e sa dentro di sé che il medico gli darà qualcosa
che non gli farà male, e forse neanche bene. Primum non
nocere.
Non vorrei apparire un filo-omeopata, tuttaltro. Mi sono
documentato sulla letteratura di parte e non sono rimasto convinto,
né affascinato.
Sono critico però verso il non-ascolto di un certo tipo
di medicina tradizionale a orientamento organicista-tecnologico-burocratico,
ma allo stesso tempo mi permetto di pensare che sarebbe un atto
lodevole quello di un omeopata che ammettesse che invero molto
spesso egli pratica una qualche forma di psicoterapia, quella
stessa che passa in ogni atto medico, non quella legalmente
riconosciuta e regolamentata intendo.
Nessuno chiede il mea culpa degli omeopati, viva la libertà
di cura, anche se è auspicabile maggior dialogo, chiarezza,
univocità di linguaggi e strumenti.
Stupisce che sullomeopatia la medicina ufficiale e degli
organi indipendenti abbia fornito pareri non conclusivi.
E stupisce ancor di più che i quesiti siano stati assegnati
a commissioni di esperti invece che messi allordine
del giorno di un tavolo comune, composto da esponenti della
medicina ufficiale e di quella non ufficiale. Dovè
il confronto?
La necessità del confronto
La strategia vincente - che senza dubbio riguarda farmaci tradizionali
e non - si basa sulla trasparenza; la partita si gioca sulla
corretta comunicazione, sulle regole condivise, su una carta
dei diritti del malato.
Che le parole dordine siano sicurezza, indipendenza, laicità
per così dire. È indispensabile anzi che FNOMCeO,
società scientifiche ed esperti in bioetica collaborino
con le autorità garanti del mercato e della comunicazione;
che si formulino di comune accordo regole sulla pubblicità
per integratori, parafarmaci e quantaltro, rivolta sia
ai medici sia ai pazienti.
È necessario sfatare il mito che fitofarmaco, per esempio,
è naturale e in quanto tale buono e innocuo: contrastare,
in una parola, il pensiero magico legato al farmaco.
Che il cittadino sappia e scelga.
Appare difficile che in medicina si arrivi ad una visione comune
e univoca della malattia e della terapia; forse è impossibile
oltre che non necessario.
Indispensabile è invero una normativa rigorosa e bi-direzionale
che sia il primo passo verso la ricostituzione armonica del
rapporto di fiducia tra medico e paziente.