M.D.
numero 22, 14 giugno 2006
Clinica
Approccio integrato alla sindrome fibromialgica
di Marco Modolo*, Stefano Canal e Orlando
Ricciardi**, Medici di medicina generale, Treviso
*Specialista in Reumatologia, **Animatore regionale di formazione
Allo
stato delle attuali conoscenze la sindrome fibromialgica non
può essere trattata efficacemente con un singolo intervento,
ma richiede la combinazione di più trattamenti, farmacologici
e non, al fine di ottenere un miglioramento dello stato di salute
in terminino sintomatici e funzionali
Il
dolore cronico muscolo-scheletrico è di frequente riscontro
nella popolazione generale e pertanto rappresenta una problematica
che il medico di medicina generale incontra spesso nella propria
pratica clinica.
Si stima che dal 10% al 12% della popolazione generale riporti
un dolore cronico diffuso, che non può essere attribuibile
a una causa strutturale o infiammatoria1.
Il dolore muscolo-scheletrico si distribuisce lungo un continuum
che va dal dolore loco-regionale acuto fino al dolore diffuso
cronico che incontra i criteri classificativi per la sindrome
fibromialgica (SF)2.
Complessità sintomatologica e criteri diagnostici
La diagnosi di sindrome fibromialgica è basata sui criteri
dellAmerican College of Rheumatology (ACR) che prevedono:
una storia di dolore diffuso per più di tre mesi (dolore
bilaterale, nella parte superiore e inferiore del corpo e a
livello della colonna vertebrale) e la presenza di dolorabilità
alla pressione (4 kg/cm) in almeno 11 tra 18 aree muscolo-tendinee
(tender points) distribuite nel corpo3 (figura 1).
I criteri classificativi ACR 1990 hanno soprattutto lo scopo
di rendere uniformi le casistiche dei pazienti nellambito
della ricerca e non quello di stabilire una diagnosi sul singolo
individuo.
Nel corso degli ultimi anni, infatti, sono emerse delle critiche
al criterio dei tender points che si possono riassumere nei
seguenti punti:
1. è richiesta una certa pratica e competenza per una
corretta valutazione;
2. il numero di tender points correla maggiormente con lo stato
di stress psicologico piuttosto che con la reale ipersensibilità
dolorifica (in tal senso le misure algometriche sono più
indipendenti dai fattori psicosociali)4;
3. si può essere indotti a pensare che nelle aree dove
si situano i tender points vi sia qualche anomalia patologica;
4. 11 è un numero arbitrario.
In effetti alcuni autori ritengono che i criteri ACR selezionino
una popolazione prevalentemente femminile e che manifesta elevati
livelli di stress psicologico5. È quindi verosimile che
coloro i quali non rispondono strettamente ai criteri ACRno,
ma che hanno un dolore cronico diffuso muscolo-scheletrico,
non rappresentino una popolazione diversa dal punto di vista
patogenetico.
I pazienti affetti da sindrome fibromialgica spesso presentano
altri sintomi associati al dolore diffuso. Tra questi i più
frequenti sono la stanchezza, lintolleranza allesercizio
fisico, i disturbi del sonno e le parestesie agli arti.
Inoltre vi può essere unassociazione con altre
sindromi cosiddette funzionali quali la cefalea, lintestino
irritabile, la vescica irritabile, la dismenorrea, la sindrome
delle gambe senza riposo, la sindrome sicca e il fenomeno di
Raynaud. Viene inoltre riportata unelevata percentuale
(circa il 40%) di comorbidità con disturbi della sfera
affettiva quali la depressione e lansia.
Tale complessità sintomatologica può talora porre
dei problemi di diagnosi differenziale con altre malattie reumatiche
e non (artrite reumatoide, polimialgia reumatica, connettiviti,
ipotiroidismo, neuropatie).
In genere sono comunque necessari pochi esami di laboratorio
per un corretto inquadramento, tra i quali di prima scelta si
possono considerare: VES, emocromo, TSH, transaminasi, CPK,
fattore reumatoide, anticorpi antinucleo (ANA) e protidogramma6.
Sebbene largomento sia dibattuto, negli ultimi anni si
sono accumulate sempre maggiori evidenze a favore del fatto
che la patogenesi della sindrome fibromialgica coinvolga alterazioni
della funzione del sistema nervoso centrale (SNC), che risultano
in una anomala percezione del dolore. I pazienti sembrano infatti
avere una generalizzata anormalità del sistema nocicettivo,
con un declino della soglia del dolore e della tolleranza a
svariati stimoli come la pressione, il freddo e il caldo.
Si ritiene che lesposizione a fattori ambientali (per
esempio traumi fisici, stress psichici, infezioni) in un individuo
geneticamente predisposto porti a squilibri neuroendocrini che
comportano una sensibilizzazione del SNC e quindi una ipersensibilità
a svariati stimoli.
In termini biochimici questo si traduce in un deficit di sostanze
anti-nocicettive (per esempio serotonina, noradrenalina, endorfine)
e un eccesso di sostanze pro-nocicettive (per esempio sostanza
P, nerve growth factor, aminoacidi eccitatori)7.
Dal
punto di vista epidemiologico la sindrome fibromialgica interessa
più frequentemente il sesso femminile con un picco di
incidenza tra i 40 e i 60 anni, sebbene sia stata descritta
a qualsiasi età. La prevalenza nella popolazione generale
è, a seconda delle casistiche, tra il 1.2% e il 3.3%.
Da quanto detto emerge il fatto che la sindrome fibromialgica
non è unentità clinica distinta, ma piuttosto
un complesso spettro di problemi diversi, probabilmente con
una base patogenetica comune. I pazienti affetti da sindrome
fibromialgica, sebbene accomunati dai criteri ACR, in realtà
non rappresentano un gruppo omogeneo. Essi infatti si differenziano
nellespressione clinica e nel relativo contributo dei
fattori biologici, psicologici e cognitivi. Un recente studio
è riuscito ad individuare tre sottogruppi di pazienti
caratterizzati in base alla sensibilità algometrica e
a fattori psicologici (affettivi e cognitivi). Un gruppo di
pazienti dimostrava estrema dolorabilità, ma mancanza
di fattori psicologici significativi. Un altro gruppo ha evidenziato
la presenza di moderata dolorabilità e influenza dei
fattori psicologici neutra. Infine il terzo gruppo mostrava
una significativa influenza dei fattori psicologici sullepressione
clinica dei sintomi8 (tabella 1).
Percezione del dolore e compliance del paziente
Lesperienza del dolore non è un mero processo sensoriale.
Si tratta piuttosto di una percezione complessa che coinvolge
livelli superiori del SNC, stati emozionali e processi mentali
di ordine elevato. Il dolore è unesperienza fondamentalmente
soggettiva e costituisce un fenomeno neuropsicologico pluridimensionale
al quale contribuiscono diverse componenti: quella sensitivo-discriminativa,
quella cognitiva, quella comportamentale e quella affettiva.
Nel trattamento del paziente fibromialgico bisogna tenere conto
di tutte queste componenti individualizzando la terapia, che
nei casi più complessi non potrà che essere multidisciplinare
e informarsi a un modello bio-psico-sociale9.
Le evidenze più recenti pongono particolare enfasi sulleducazione
del paziente riguardo alla diagnosi di sindrome fibromialgica,
i possibili trattamenti e il decorso. Nonostante alcuni abbiano
sollevato dubbi sui possibili rischi della medicalizzazione
di questi pazienti, uno studio recente ha analizzato le conseguenze
sullo loro stato di salute, dopo avere dato letichetta
di SF rispetto a un gruppo a cui non veniva data questa diagnosi.
Si dimostrava nel primo gruppo un miglioramento dei sintomi
e una maggiore soddisfazione al follow-up di tre anni. Non vi
era inoltre un significativo incremento delle richieste di invalidità
e di eccessiva utilizzazione dei servizi sanitari10.
Trattamento
Per quanto riguarda la terapia farmacologica vi sono forti evidenze
dellefficacia dei triciclici a basse dosi (amitriptilina
10-50 mg/dieno e ciclobenzaprina 10-30 mg/dieno
alla sera) che dovrebbero rappresentare i farmaci di prima scelta.
Altre categorie di farmaci per le quali vi sono dimostrazioni
di efficacia sono il tramadolo (200-300 mg/dieno), fluoxetina
(20-80 mg/dieno in associazione ad amitriptilina), venlafaxina
(150-200 mg/dieno), duloxetina (60 mg/dieno) e pregabalina (450
mg/dieno). Non si sono dimostrati efficaci i glucocorticoidi,
gli antinfiammatori non steroidei, gli oppiacei e le benzodiazepine
(utili comunque nei disturbi del sonno).
Tra gli interventi non farmacologici quelli maggiormente studiati
e che hanno dato prova di efficacia sono lattività
aerobica, la terapia cognitivo-comportamentale, gli esercizi
di rinforzo muscolare, lagopuntura e la balneoterapia.
Anche un approccio multidisciplinare, che integra variamente
gli interventi farmacologici, fisioterapici e psicoeducativi,
ha dimostrato prova di efficacia sia in termini di riduzione
dei sintomi sia di miglioramento della funzionalità11.
Conclusioni
Concludendo si può riassumere lapproccio alla sindrome
fibromialgica come un processo a tappe successive.
In primo luogo deve essere confermata la diagnosi e la condizione
deve essere spiegata al paziente. Tutte le comorbidità
devono essere identificate e trattate (per esempio i disturbi
dellumore, i disturbi del sonno). Quindi è possibile
iniziare la terapia con basse dosi di triciclici e attuare un
programma di ricondizionamento aerobico. In alcuni casi può
essere utile un ciclo di terapia cognitivo-comportamentale.
Se il paziente non risponde sarà possibile, anche con
la collaborazione dello specialista (reumatologo, algologo,
fisiatra, psicologo), attuare una terapia con altri farmaci
(SSRI, SNRI, anticonvulsivanti) anche in combinazione fra loro.
La sfida per il futuro sarà comunque quella di selezionare
i pazienti in sottogruppi che potranno rispondere a specifiche
terapie.
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