M.D. numero 21, 7 giugno 2006

Ricerche
Studio QUADRI: la difficoltà di attuare strategie integrate
di Leonardo Trentadue, Medico di medicina generale, Ferrandina (MT)

Un efficace management dei pazienti diabetici richiede un altissimo livello di coordinamento tra i vari servizi e i medici coinvolti. A evidenziare ciò sono stati i risultati dello studio QUADRI che pongono alcune importanti riflessioni soprattutto sul fatto che dovrebbero essere le Asl a dovere dare gli input necessari attuando strategie di intervento programmato. Un difficile obiettivo se si pensa alle ricadute sanitarie della devolution che determinano disparità tra Regione e Regione ma anche, nella stessa Regione, tra Asl e Asl

Fino ad ora la maggioranza degli studi sui pazienti diabetici aveva privilegiato l’ottica dei servizi, ma con lo studio QUADRI (Qualità dell’Assistenza delle persone Diabetiche nelle Regioni Italiane) si è cambiata completamente la prospettiva con al centro dell’indagine il punto di vista del paziente. I risultati di questa ricerca danno vita a molteplici riflessioni e aprono scenari di intervento molto ampi, contribuendo a migliorare la riorganizzazione dell’assistenza ai diabetici a livello nazionale, permettendo il confronto tra i livelli qualitativi dell’assistenza a livello regionale.
Alla realizzazione dello studio hanno contribuito l’ISS, le Regioni, le Asl, i distretti Sanitari, le Società scientifiche diabetologiche, l’Istituto di Igiene dell’Università Tor Vergata di Roma e anche i CDC degli Stati Uniti d’America.
Si tratta di una ricerca epidemiologica trasversale di prevalenza condotta su 32.000 pazienti diabetici delle 21 Regioni italiane.
Queste sono state divise in due gruppi: nel primo gruppo, comprendente le Regioni con popolazione più numerosa il campionamento è avvenuto secondo il “cluster survey design” dell’Oms selezionando 30 distretti col metodo della probabilità proporzionale alla popolazione con esenzione del ticket per il diabete, mentre nel secondo gruppo, formato dalle Regioni con meno popolazione, si è proceduto al campionamento casuale semplice con estrazione di 100 nominativi dall’elenco delle persone con esenzione ticket per il diabete. A questi pazienti selezionati è stato somministrato, a casa loro o presso i locali delle Asl di appartenenza e dopo invito tramite lettera, un questionario standardizzato effettuato da vari operatori del Servizio sanitario regionale, opportunamente formati.
Gli obiettivi dello studio miravano a fornire, in una popolazione di diabetici di età compresa tra i 18 e i 65 anni, dati sulle caratteristiche socio-demografiche degli interpellati, sulla clinica e le complicanze, sull’aderenza alle linee guida, sull’assistenza e sui follow-up clinici, sui comportamenti e stili di vita dei diabetici, sulle conoscenze dei diritti e sulla percezione della qualità dell’assistenza.
Lo studio prevedeva 98 interviste atte a scandagliare in ogni aspetto il pianeta diabete.

Riflessioni


In Italia la patologia diabetica assorbe circa il 6.7% della spesa sanitaria nazionale senza considerare i ricoveri per le complicanze.
Appare quindi fondamentale la prevenzione di tali complicanze considerando anche che il controllo della glicemia riduce, nei diabetici di tipo 2, le complicanze microvascolari del 30% e, nei diabetici di tipo 1, del 70%. Per attuare tale prevenzione è necessaria una strategia che richiede il concorso di molte figure professionali tra cui spicca quella del Mmg.
I risultati dello studio consentono ai vari operatori la valutazione della propria azione in rapporto a quella degli altri professionisti coinvolti, tenendo presente l’ottica del malato di diabete.
Così se il 39% degli intervistati asserisce di avere sofferto di almeno una complicanza e il 19% di essere stato ricoverato a causa di essa, ci si deve interrogare su quali siano i vuoti assistenziali che determinano questa fuoriuscita dal controllo.
Un altro dato importante che coinvolge in prima persona il Mmg, è che il 49% dei pazienti non ha effettuato negli ultimi sei mesi una visita medica approfondita nell’ambulatorio del proprio medico curante.
C’è ancora molto da lavorare per portare l’azione di coordinamento a livelli accettabili. Se poi si esaminano i dati riguardanti i rischi cardiovascolari si scopre che un diabetico su 4 fuma, gli obesi solo nella metà dei casi seguono un programma dietetico, uno su 3 fa vita sedentaria e pochi svolgono un’attività fisica regolare.
Anche qui le crepe assumono l’aspetto di voragini e ci inducono a fare, ciascun operatore, la propria parte non più con l’orizzonte limitato al caso clinico personale, ma con l’ottica di integrazione con le altre figure professionali.
In questo contesto i Mmg possono e devono sforzarsi per migliorare i livelli di integrazione, specialmente con i centri diabetologici, ma sono soprattutto le Asl a dovere dare gli input necessari attuando strategie di intervento programmato e qui si aprirebbe un grosso capitolo riguardante i danni della devolution che determinano disparità tra Regione e Regione ma anche, nella stessa Regione, tra Asl e Asl.
Tutto questo è valutabile se si va a leggere il rapporto nazionale dello studio QUADRI e lo si raffronta con quelli delle singole Regioni.”.