M.D.
numero 21, 7 giugno 2006
Management
Scompenso cardiaco: modelli gestionali in
medicina di famiglia
di
Vincenzo Contursi, Medico di medicina generale, Bari, Responsabile
Nazionale Dipartimento di Cardiologia AIMEF
Laumento
della prevalenza e dellincidenza dello scompenso cardiaco
e la conseguente crescita di risorse ad esso destinate impongono
la definizione di un percorso gestionale condiviso, che coinvolga
tutte le diverse figure professionali e che sia sostenuto a
livello istituzionale. Allinterno di questo modello il
Mmg riveste un ruolo centrale, rappresentando il case
manager con compiti differenti a seconda della gravità
e dalla situazione clinica
I
mutamenti
socio-demografici e i progressi della medicina hanno profondamente
cambiato lo scenario dei bisogni assistenziali, nel nostro come
in altri Paesi occidentali, spostando lasse delle cure
dalle patologie acute a malattie croniche che, spesso coesistenti
fra loro, colpiscono una popolazione sempre più anziana
e assorbono una proporzione sempre maggiore della spesa sanitaria.
In questo contesto i pazienti si trovano ad affrontare non più
singoli episodi di malattia, ma complessi percorsi di cura.
Raramente lesito è il completo recupero del benessere,
ma spesso lassunzione di strategie psicologiche e operative
articolate, che consentano di mantenere unaccettabile
livello funzionale e di qualità di vita attraverso un
ruolo attivo nella gestione della propria malattia.
La cronicità è quindi il nuovo scenario con cui
i medici e le istituzioni devono confrontarsi per sviluppare
risposte assistenziali efficaci e sostenibili.
Lesigenza primaria di offrire ai pazienti chiari punti
professionali di riferimento lungo tutto il percorso di cura
può trovare soluzione solo dalla consapevole messa in
atto di esplicite strategie gestionali, condivise dalle diverse
professionalità sanitarie e sostenute a livello istituzionale.
Scompenso cardiaco cronico
Lo scompenso cardiaco (SC) è oggi nel mondo occidentale
una delle patologie croniche a più alto impatto sulla
sopravvivenza, sulla qualità di vita dei pazienti e sullassorbimento
di risorse.
È una patologia a elevata prevalenza, che colpisce l1.5-2%
della popolazione dei Paesi occidentali. La prevalenza e incidenza
aumentano in maniera esponenziale con letà e la
maggiore determinante dellassorbimento di risorse per
la sua gestione sono i costi dellassistenza ospedaliera.
Tuttavia la risposta globale dei sistemi sanitari ai bisogni
di questi pazienti non è tuttora ottimale, per le eterogeneità
culturali, professionali, organizzative presenti a tutti i livelli
e la mancanza di un coordinamento generale, che si riverberano
in unassistenza spesso discontinua e frammentaria.
Emerge quindi la necessità di ridefinire i ruoli e responsabilità
delle diverse figure professionali nellambito di una nuova
ed efficiente rete assistenziale al paziente cronico.
Realtà
italiana
Lanalisi dei ricoveri ospedalieri nazionali mostra che
il DRG 127 (insufficienza cardiaca e shock cardiogeno) nel 2003
è divenuto in Italia la prima causa di ricovero dopo
il parto naturale e che lo scompenso cardiaco rappresenta la
patologia che assorbe il maggior numero di risorse per lassistenza
ospedaliera. Lo SC si conferma una malattia delletà
avanzata: letà media dei ricoverati è di
77 anni.
Nel 2003 sono stati 186.945 i ricoveri classificati con codice
ICD9 428 (tutte le estensioni), con un incremento del 2.4% rispetto
al 2002 e del 7.3% rispetto al 2001 (figura 1), mentre il tasso
grezzo è passato da 306 a 334 ricoveri/anno per 100.000
abitanti.
La degenza per scompenso cardiaco ha una durata media elevata,
che si è ridotta di poco dal 2001 al 2003 (figura 1).
Modelli di gestione integrata per la cura
Il crescente numero di pazienti affetti da scompenso cardiaco
e lesponenziale aumento della spesa sanitaria per questa
patologia, impongono di ridisegnare percorsi sanitari di cura.
Diverse esperienze di gestione dello SC in tutto il mondo, e
più recentemente anche in Italia, hanno adottato nuove
modalità di assistenza integrata di tipo multidisciplinare
con la presenza sul territorio di personale medico e non-medico
e ladozione di nuove modalità di comunicazione
rese disponibili dalla tecnologia e dalla telemedicina.
Gli studi condotti con modelli di gestione integrata dello SC
hanno dimostrato evidenti vantaggi per:
miglioramento dello stato funzionale e della qualità
di vita;
educazione dei pazienti, adesione e capacità di
autogestione della terapia;
individuazione precoce dei casi a rischio di instabilizzazione;
controllo della progressione della malattia e riduzione
dei ricoveri e, pur se meno convincente, della mortalità.
Peraltro i mutamenti demografici, la migliore spettanza di vita
e laumento della prevalenza della cronicità stanno
già imponendo a livello istituzionale il reindirizzo
del governo clinico delle patologie croniche dalle strutture
ospedaliere, più opportunamente deputate al governo delle
patologie acute, verso le cure primarie.
Nel definire la rete assistenziale per questi pazienti è
opportuno riferirsi, più che a diversi modelli di gestione,
a differenti percorsi di cura, che si caratterizzano in relazione
alla severità della malattia e alla presenza di comorbilità,
alletà, al tessuto sociale di riferimento.
Infatti, i principi fondanti della rete assistenziale del paziente
con scompenso cardiaco, di stretta correlazione tra ospedale
e territorio, dovrebbero essere unitari, mentre i bisogni e
di conseguenza i percorsi assistenziali andrebbero considerati
diversi per le diverse tipologie di pazienti, fino alla personalizzazione.
La gestione integrata dei pazienti in una rete di servizi territoriali
richiede lesplicitazione dei processi di cura, attraverso
la definizione dei percorsi diagnostici e terapeutici (PDT),
dei profili assistenziali, dei ruoli e delle responsabilità
dei diversi operatori sanitari.
Organizzazione e criticità
La gestione del paziente con scompenso cardiaco cronico dovrebbe
prevedere, a garanzia di qualità e continuità
assistenziale e per un ottimale utilizzo delle risorse disponibili,
percorsi preferenziali per il rapido passaggio del paziente
assistito tra i diversi livelli dintervento nellambito
delle cure primarie (Mmg), secondarie (cardiologi ambulatoriali)
e terziarie (divisioni di cardiologia), senza che vi siano sovrapposizioni
di compiti e ruoli tra le diverse figure assistenziali e mediante
la condivisione di linee guida diagnostico-terapeutiche universalmente
accettate.
Nel tentativo di ridisegnare i percorsi sanitari per una più
appropriata allocazione delle risorse senza diminuire la qualità
della prestazione sanitaria è opportuno tenere conto
di diversi elementi di criticità.
Livello ospedaliero
1. Lattuale sistema di distribuzione delle risorse privilegia
il pagamento per prestazione della fase acuta e non favorisce
modalità assistenziali condivise come il consulto ambulatoriale
e telematico, penalizzando la continuità assistenziale
che invece ha lobiettivo di stabilizzare la fase cronica
e prevenire gli eventi acuti.
2. Allinterno degli ospedali il malato con SC afferisce
solo nel 30% alle cardiologie, il 70% ad altri reparti (prevalentemente
medicina o in misura minore in geriatria), spesso con successivo
trasferimento in reparti di cure intermedie, post-acuzie, lungo-degenza
con percorsi intraospedalieri misti, senza coordinamento e continuità
di cura.
3. Laccesso al PS/DEA talora può concludersi con
una rapida stabilizzazione clinica e una successiva dimissione
al domicilio, senza una sistematica programmazione di un monitoraggio
a breve termine da parte di chi ha in carico il paziente.
Livello territoriale
1. La realtà culturale e professionale dei Mmg è
fortemente disomogenea.
2. Spesso al Mmg manca il supporto e la disponibilità
al consulto e alla discussione sui casi clinici più complessi
da parte dello specialista.
3. Le Asl hanno sviluppato recentemente, e solo in alcuni casi,
specifici progetti di intervento per il governo delle patologie
croniche.
4. I medici di continuità assistenziale non sono coinvolti
nella condivisione di protocolli specifici per la gestione del
paziente con SC e non possono fornire un pieno contributo alla
continuità del percorso assistenziale tra ospedale e
territorio.
5. Le strutture di supporto, sia a livello di territorio in
generale e di distretto in particolare, quali ADI, strutture
intermedie e riabilitative, assistenza sociale sono assolutamente
insufficienti e in molte realtà nazionali del tutto assenti.
I diversi percorsi gestionali devono essere progettati per superare
queste criticità, stimolando processi organizzativi ed
educativi di comunità con ridistribuzione del carico
della cure delle patologie croniche dagli ospedali ai luoghi
delle cure primarie.
Fattori chiave di successo
1. Definire, allinterno dellorganizzazione dellAsl,
il/i team multidisciplinare/i, che riunisca specifiche competenze
nella gestione del paziente con SC, in cui siano chiari ruoli
e responsabilità dei singoli componenti, in stretta collaborazione
con lambulatorio sompenso cardiaco.
2. Sviluppare e condividere un chiaro piano di lavoro, condiviso
con le parti in causa, con obiettivi semplici, misurabili, sostenibili,
realizzabili, temporalizzabili.
3. Garantire uno stretto coordinamento e continuità tra
i professionisti, facilitare la comunicazione e laudit.
4. Predisporre adeguati percorsi formativi per lacquisizione
e laggiornamento delle competenze specifiche nella gestione
della patologia per specialisti, Mmg, infermieri.
Possibili cause di insuccesso
1. Inadeguata scelta della popolazione target, ovvero applicazione
della continuità assistenziale a pazienti con patologia
molto lieve oppure troppo avanzata (in entrambi i casi il rischio
è un utilizzo improprio delle risorse).
2. Limitazione della valutazione dei problemi attivi a una sola
fase della malattia, ospedaliera o territoriale, con mancata
analisi dei bisogni di integrazione e continuità assistenziale
tra le varie fasi.
3. Strumenti di valutazione inadeguati, ovvero non validati
da evidenze scientifiche, oppure inappropriati per le problematiche
da valutare e per i cambiamenti da apportare.
4. Assenza di momenti/strumenti di comunicazione adeguati, sistematici
e formali con gli operatori sanitari extraospedalieri per un
follow up efficace.
5. Gestione spontaneistica e individuale, ovvero basata sulla
volontà dei singoli professionisti e non strutturata,
responsabile e condivisa dei progetti dintervento, che
dovrebbero essere fortemente voluti e perseguiti dai gestori.
6. Eterogenea cultura e formazione e assenza di adeguate competenze
nel campo dello scompenso cardiaco dei professionisti coinvolti;
scarsa motivazione e propensione al cambiamento degli attori;
barriere e difficoltà che impediscono un efficace coordinamento
tra le diverse figure professionali.
7. Mancato supporto istituzionale, a livello di direzione delle
Asl e/o ospedaliere.
Componenti e ruoli del programma di gestione integrata
Lo SC è una patologia di interesse multidisciplinare
che quindi coinvolge diverse competenze specialistiche, che
abbiano acquisito interesse specifico al problema, nellambito
della fase acuta, post-acuta e stabile. Le componenti coinvolte
riguardano lintero panorama delle figure, professionali
e non, che prendono parte al processo assistenziale.
1. Azienda ospedaliera e/o presidio ospedaliero dellAsl
Esercita il governo clinico della rete di gestione integrata
ospedale-territorio con focalizzazione sulla fase ospedaliera.
2. Asl/Distretto
Esercita il governo clinico istituzionale della rete di gestione
integrata ospedale-territorio con focalizzazione sulla fase
territoriale.
3. Cure primarie: il Mmg
Il medico di medicina generale rappresenta il case manager
della maggioranza dei pazienti con SC.
4. Cure specialistiche
5. Personale infermieristico
Il ruolo dellinfermiere con competenze specifiche per
lo SC è di estrema importanza nella cura del paziente
sia a livello ospedaliero sia territoriale, partecipando attivamente
allintero percorso assistenziale.
6. Il paziente e il caregiver
Nel trattamento di tutte le patologie croniche è necessario
un patto terapeutico tra medico, infermiere, paziente e caregiver.
Lobiettivo di sviluppare nel paziente e nei suoi familiari
la capacità di interagire efficacemente con linfermiere
e con il Mmg ha grande rilevanza: non sembra infatti attuabile
con efficacia una gestione extraospedaliera di un paziente che
non sia in grado di riconoscere e comunicare segni e sintomi
evolutivi di una qualsiasi patologia cronica.
Compiti
professionali del Mmg
Lidentificazione dei compiti del Mmg non può essere
unoperazione basata solo su un modello teorico, ma deve
sempre tenere conto del contesto in cui opera.
Difatti la medicina di famiglia si caratterizza, come disciplina
medica, per lapplicazione di un metodo clinico (bio-psico-sociale)
e un percorso decisionale che contempla tre diverse aree
funzionali: area clinica, area antropologica ed area gestionale
ed è dallintervento contestuale sulle tre aree
che deriva lesito clinico (figura 2).
Il Mmg rappresenta il case manager della maggioranza
dei pazienti con scompenso cardiaco.
I suoi compiti sono differenti a seconda della gravità
dello scompenso e della stabilità della situazione clinica
e variano da una gestione sostanzialmente autonoma in casi stabili
di lieve-media gravità, al ruolo di supporto nei confronti
dello specialista in casi gravi e instabili.
Sebbene le competenze possano variare da medico a medico è
auspicabile mirare a un livello di competenza minimo nella gestione
del paziente con SC, documentabile con indicatori semplici di
attività clinica.
Per favorire la comunicazione ospedale - territorio - Asl, elemento
importante è la disponibilità e lutilizzo
routinario di strumenti informatici adeguati per la gestione
del paziente, che consentano la pronta identificazione del problema
clinico e del percorso attivato per il singolo caso.
Il periodico aggiornamento della cartella computerizzata è
utile allobiettivo di una vera continuità assistenziale,
in relazione anche a contatti routinari che possono rappresentare
loccasione per periodici controlli non programmati dei
pazienti con scompenso cardiaco da parte dei Mmg e per un processo
di self audit da parte del singolo professionista.
A supporto dellattività clinica andrebbero previsti
corsi di formazione sia sulla prevenzione primaria cardiovascolare
sia sulla prevenzione secondaria.
I compiti del Mmg nellassistenza al paziente con scompenso
cardiaco riguardano i seguenti aspetti:
1. Prevenzione
La prevenzione primaria cardiovascolare è compito primario
del Mmg. La prevenzione secondaria viene attuata, a seconda
del livello di rischio e di stabilità clinica del paziente,
dal Mmg o congiuntamente dal Mmg e dallo specialista.
2. Diagnosi
Limpostazione diagnostica nel sospetto clinico di scompenso
cardiaco è compito del Mmg, che è il primo referente
e consulente del paziente in caso di comparsa di sintomi, a
meno di situazioni di instabilità clinica che richiedano
interventi in tempi brevi.
3. Terapia
Limpostazione iniziale del trattamento farmacologico e
non farmacologico è di competenza del Mmg, successivamente
andrebbe generalmente condivisa e discussa con lo specialista.
4. Educazione e informazione del paziente e dei caregiver
Nei casi in cui non sia indicata lospedalizzazione o linvio
a un ambulatorio SC, il Mmg provvede a fornire educazione
e informazioni al paziente e ai caregiver personalmente o tramite
personale infermieristico dipendente (se disponibile), avvalendosi
anche di apposito materiale scritto.
In caso di ospedalizzazione o ricorso allambulatorio,
lattività educativa e formativa andrà coordinata
tra struttura dedicata e territorio.
5. Identificazione precoce di forme familiari
La conoscenza della storia e della composizione familiare tipica
del setting della medicina generale rende possibile linvio
a screening delle forma di cardiopatia con possibile componente
ereditaria.
6. Gestione del follow up
Il follow up del paziente stabile andrebbe svolto dal Mmg con
controlli periodici programmati. Nelle classi funzionali più
avanzate il follow up del paziente stabile dovrebbe essere condiviso
tra Mmg e specialista, mentre nei pazienti in classe NYHA-IV
il Mmg svolge normalmente un ruolo di supporto allo specialista.
Obiettivo fondamentale del follow up è la prevenzione
delle instabilizzazioni. Il Mmg dovrebbe gestire i provvedimenti
di primo livello (per esempio aumento del diuretico, modifiche
della terapia antipertensiva, ecc) in caso di instabilità
che non configuri urgenza in relazione alla gravità del
quadro clinico di base.
Nella definizione e gestione delle comorbilità, il Mmg
dovrebbe attivare e coordinare la consulenza di vari specialisti
e lesecuzione di esami diagnostici specifici.
7. Assistenza domiciliare
Per pazienti con impossibilità a deambulare, non autosufficienti,
affetti da gravi patologie che necessitino di controlli ravvicinati,
fra cui lo SC avanzato, il Mmg è il responsabile dellassistenza
domiciliare, che può essere svolta da solo o con personale
non medico, nellambito delle forme attualmente previste.
Lo strumento dellassistenza domiciliare programmata (ADP)
consente di assicurare al domicilio personale del paziente la
presenza periodica (settimanale, quindicinale o mensile) del
solo medico di medicina generale. Quando necessario lintervento
di altre figure professionali il Mmg coordina lassistenza
domiciliare integrata (ADI).