M.D. numero 21, 7 giugno 2006

Appunti
Ho detto basta e ho disdetto la convenzione

A
l collega Alberto Ganassi (M.D. 2006; 13: 16) consiglierei la soluzione che ho adottato in prima persona. Rispecchiandomi su quanto espone, dopo lunghe considerazioni razionali, emotive e sentimentali, io ho deciso di “disertare”.
Una mattina ho preso il coraggio a due mani per non farmelo scappare, sono andato alla Asl e ho firmato la disdetta della convenzione, vivamente contrastata dai presenti nell’ufficio competente. Quando sono uscito dall’edificio c’é stata la prima sorpresa: mi sentivo veramente un altro, più leggero, più consapevole della mia dignità di uomo, padrone di tutto.
Mi sarei potuto sedere al tavolino di un bar senza nessuna preoccupazione di possibili chiamate, farmi operare di ernia inguinale di cui soffrivo da anni, fare le cose più semplici in tutta pace senza dovere sentire minacce o rimproveri anche per comprensibili ritardi. Non avevo più bisogno di orologi: ne avevo in ambulatorio, in macchina, in moto, in tasca e al polso, ovunque orologi che mi “guardavano severi” e mi intimavano di non fare tardi per il bene dei pazienti.
Mi è venuta voglia di volare (ho preso il brevetto di pilota); mi è venuta voglia di cultura (oltre alle riviste mediche ora leggo anche libri e partecipo a lezioni dell’Università della terza età, ad aggiornamenti di informatica, scrivo articoli), curo molto di più il giardino e l’orto. Posso fare progetti e ferie. Se qualche affezionato paziente e/o amico mi cerca per una visita ora sono più accurato, più disponibile e meno frettoloso e più soddisfatto. Ho dimenticato il peggio come uno che si sveglia da un incubo, ricordo solo la gioia della laurea e l’emozione dei primi pazienti, l’affetto e la riconoscenza dei pochi. La realtà professionale attualmente è molto diversa da quella che ci insegnano.

Stelvio Palmonari

La Spezia

Domande e risposte
Il lettore
Un suggerimento al collega Attanasio

Leggo con interesse professionale gli articoli pubblicati da M.D. soffermandomi spesso sulle lettere dei colleghi che esprimono pareri, giudizi e rivendicazioni professionali in merito alla figura del medico di medicina generale che regolarmente condivido.
In particolare, leggendo la lettera del dottor Vittorio Principe (M.D. 2006; 14: 15), mi sono trovata in perfetto accordo soprattutto nella conclusione relativa agli aggiornamenti obbligatori che ritengo assurdo essere programmati di sabato o alla sera.
Sono donna e sola e spesso devo rinunciare alla mia vita privata e agli incontri settimanali concordati con mio figlio solo perché questi corsi sono organizzati fuori dagli orari di ambulatorio.
Mi chiedo a che serve continuare a scrivere dei nostri disagi su riviste che sono lette solo da colleghi che hanno gli stessi problemi. Chi ci ascolta al di fuori della nostra categoria?
Lamentarci fra di noi non sortisce certo l’effetto di sensibilizzare chi di dovere.
Per questo rivolgo un appello particolare al collega Antonio Attanasio, che con i suoi contributi pubblicati su M.D. è uno splendido esempio di ironia e humor, associato a una ottima capacità di espressione: perché non provi a scrivere anche
su testate non specialistiche, a quotidiani o riviste letti anche dai pazienti (che rappresentano la popolazione) in modo che
anche essi possano essere messi al corrente dei nostri problemi?
Purtoppo non ho quella dimestichezza di penna che il collega dimostra per potere essere artefice di quello che propongo.

Alessandra Scagliarini
Medico di medicina generale, Bologna

L’autore
Lei ha ragione, ma…

La dott.ssa Scagliarini ha ragione, forse non quando mi fa i complimenti, ma certamente quando dice che dovremmo scrivere
dei problemi della medicina non solo sulle nostre testate, ma anche su quotidiani e riviste di più larga diffusione. Diceva Margaret Mead che, per essere significativa, ogni comunicazione deve avvenire fra livelli differenti. Parlare all’interno di un gruppo omogeneo per dirsi quanto si è bravi o per piangersi addosso serve a poco. Vorrei però far notare due cose. La prima è che, anche se sporadicamente, negli ultimi trent’anni ho collaborato a vari quotidiani e riviste di interesse nazionale, ma non sono quasi mai riuscito a far passare quello che volevo io. Siamo tutti estremamente commossi per il fatto altamente democratico che quello che deve essere pubblicato non è deciso dai proprietari delle testate. Peccato che sia però deciso da direttori e capi-redattori. La seconda cosa è che, per esempio se ci interessa lo stato dell’industria discografica, non andremo a leggere Topolino, ma acquisteremo una rivista del settore. Così, se i politici che si interessano di sanità vogliono conoscere quello che fermenta nel mondo medico non hanno che da informarsi di quali riviste ne trattano e leggerle. Se non lo fanno la colpa è delle maestre elementari che non hanno saputo infondere loro un po’ di sale in zucca. Vorrei comunque far notare che, non so se per caso o perché l’allora ministro della Sanità prof. Veronesi ci era particolarmente vicino, qualche anno fa venne promulgata una legge che riconosceva l’esenzione dal ticket per alcuni esami preventivi pochi mesi dopo che era stata pubblicata una lettera in proposito proprio su M.D.

Antonio Attanasio
Medico di medicina generale,
Mandello del Lario (LC)