M.D.
numero 19, 24 maggio 2006
Diario
ambulatoriale
Il lavoro in team in medicina di famiglia
- Cronaca di una settimana
di Giuseppe Maso, Medico di famiglia - Venezia, Responsabile
Insegnamento Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Alessandra Semenzato, Infermiera di famiglia - Venezia, Docente
Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Lunedì
Francesca
non è una nostra assistita, è stata accompagnata
nel nostro ambulatorio da una paziente che seguiamo da anni.
È in visita dai parenti e siccome ha alcuni disturbi
le hanno consigliato di sentire anche il nostro parere. È
uninsegnante di cinquantadue anni, una signora distinta
e simpatica.
Ci dice che vorrebbe un consiglio a proposito della sua calcolosi
alla colecisti. La calcolosi è già stata diagnosticata
e studiata e noi, ovviamente, non possiamo aggiungere alcunché
a quello già detto da altri colleghi. Raccogliendo la
storia compaiono però altri sintomi e problemi: cè
una sintomatologia compatibile con un reflusso gastroesofageo
e ci viene riferita una certa difficoltà nella defecazione.
Visito la signora, laddome è trattabile, ma è
evidente che non ha scariche regolari. Le chiedo il permesso
di eseguire unesplorazione rettale e uneventuale
anoscopia. Il retto appare prolassato ed è evidente una
grossa neoformazione della mucosa. Mentre visitiamo la signora,
Alessandra ed io ci guardiamo negli occhi, entrambi stiamo facendo
le stesse considerazioni e ci stiamo ponendo le stesse domande.
Non ci ricordiamo di avere mai visto una situazione del genere,
possibile che la signora non si sia rivolta mai a un medico
prima? Sicuramente è da molto tempo che esiste questo
problema, perché non se ne è mai curata? Perché
si è rivolta a noi per la calcolosi già diagnosticata
e non ci ha detto della situazione anale? Se non avessimo applicato
un metodo codificato per la raccolta della storia e per la visita
il problema sarebbe emerso?
Cara signora, penso sia opportuno che lei sia vista da
un chirurgo, la situazione anale ha la priorità sul resto,
bisognerà fare diagnosi di certezza della neoformazione
e programmare lintervento. Ma dottore non
posso, ho gli esami di maturità, proprio non posso!.
Anche per le persone più colte è difficile superare
i tabù che riguardano la sfera genitale e anale. Anche
le persone più colte usano, per difesa, rimuovere i problemi
di cui hanno più paura.
Martedì
Emma è una mia nuova assistita. La vedo per la prima
volta e mi racconta di un problema che la affligge da molto
tempo. Vuole arrivare subito al dunque, al cuore del problema,
ed è meravigliata dal fatto che io cerchi invece di conoscere
la sua storia, la sua fisiologia e cerchi di capire come vive.
Ha con sé una cartellina piena di referti di esami e
risposte di visite specialistiche.
Da circa venti anni, al risveglio, le si chiude il naso e sente
un senso di soffocamento, la sintomatologia passa nel corso
della giornata e il tutto si ripete il giorno dopo. Così
ogni giorno da due decadi. Ha fatto uninfinità
di esami, è stata vista da allergologi, pneumologi, otorini,
cardiologi, eccetera, ma - nonostante la sua patologia abbia
ricevuto letichetta di rinite allergica - nulla si è
risolto con i tentativi terapeutici fatti.
Lesame obiettivo è assolutamente negativo, la mucosa
nasale e delle prime vie aeree è normale ed Emma sembra
essere proprio una persona sana. Non ha figli, ha avuto due
aborti spontanei. Provo a indagare la sfera affettiva ed emozionale:
è infelice, conduce una vita senza gratificazioni, non
è amata e non ama il marito. Non ha interessi particolari
e ogni sua velleità di divertimento o voglia di conoscenza
le è stata spenta dal partner che, in alcuni momenti,
la accusa di non essere nemmeno stata capace di dargli dei figli.
Con lui fa anche lamore, ma proprio quando non ne può
fare a meno.
Continuando a indagare, Emma comincia a piangere, vorrebbe dormire,
al mattino non vorrebbe risvegliarsi e ricominciare questo tipo
di vita senza senso, le si tappa il naso e le manca il respiro.
Ne abbiamo parlato, non aveva mai pensato a tutto questo, non
ne aveva proprio coscienza.
Ho eliminato tutta la terapia che assumeva e abbiamo concordato
per un antidepressivo. Ci rivedremo fra venti giorni, se vorrà.
Mercoledì
Oggi è stata la giornata del fare. Capitano dei giorni in cui
le attività pratiche prendono il sopravvento e, contrariamente
a quanto un non addetto ai lavori possa pensare, sono proprio
le meno stressanti. Abbiamo infiltrato tre ginocchia, immobilizzato
due articolazioni tibio-tarsiche, inciso un ascesso, suturato
una ferita, eseguite due anoscopie, medicate diverse ferite,
eseguiti esami ematochimici, somministrata terapia endovenosa,
fatto una fasciatura elastica per una trombosi venosa profonda
ed eseguito un paio di elettrocardiogrammi. Alla fine ci siamo
soffermati a discutere su quante abilità richieda questa professione
e anche su quanto deficit di formazione ci sia in questo campo.
Giovedì
Il rapporto che si instaurerà con un nostro nuovo paziente
è determinato dal primo incontro. Sappiamo ormai per
esperienza che i primi momenti sono fondamentali e percepiamo
chiaramente, fino dai primi istanti, se il paziente si fiderà
di noi o se questo rapporto di fiducia non ci sarà mai.
Il primo incontro è quindi importantissimo ed è
ancora più importante nel caso si tratti di bambini.
Capita di sovente che i genitori decidano di affidarci i loro
figli, spesso preferiscono che tutto il nucleo famigliare sia
seguito dagli stessi professionisti e, a nostro avviso, questa
scelta ha molti vantaggi.
Quando un bambino passa dallassistenza del pediatra a
quella del medico di famiglia si svolge una sorta di rito di
passaggio. Il bambino viene introdotto in un mondo rivolto principalmente
agli adulti; lambulatorio ha connotazioni diverse da quello
cui è abituato, la gente in sala dattesa è
diversa, ci sono pochi bambini e molti vecchi, non ci sono giocattoli
e colori, non ci sono passeggini e carrozzine, non ci sono giovani
mamme e cè silenzio. La prima volta il bambino
è spaesato e in atteggiamento di difesa.
Martina ha dieci anni, ha una brutta tonsillite e il tampone
è positivo per streptococco beta emolitico. Il nostro
primo incontro prevede una iniezione intramuscolare di penicillina;
il rito di passaggio, questa volta, richiede anche una prova
di coraggio. Ci siamo presentati, abbiamo spiegato a Martina
tutto quello che avremmo fatto e la ragione delle nostre azioni,
ci siamo accertati che avesse capito e abbiamo chiesto il suo
consenso per ogni azione che la riguardasse.
Martina è uscita dallo studio con un gluteo dolorante,
ma ci ha salutati con un sorriso.
Venerdì
Abbiamo immobilizzato con una fasciatura la caviglia di Anna.
Banalmente si è procurata una distorsione e non è la prima volta.
Ha caviglie sottili ed è in abbondante sovrappeso, la cosa è
quindi molto facile. Non si vergogna ad ammettere che per lei
il mangiare è un piacere, anche se effettivamente 84 kg le pesano
molto, anche psicologicamente. Come molte altre persone in passato
ha seguito più di una dieta, era arrivata a pesare anche 54
kg. Conosce benissimo tutte le regole, ma il suo vero problema
è la compulsione alimentare, la difficoltà di gestire le proprie
emozioni, di non sapere reggere i conflitti e i cambiamenti.
È emerso il disagio dell¹avere cambiato casa sette anni fa e
la preoccupazione per un incidente che recentemente il figlio
ha avuto con la moto. Parlare di questo è stato liberatorio;
sentirsi accettata e compresa nella difficoltà, sentirsi dire
che questo suo modo di reagire e difendersi dall¹esistenza riguarda
molte altre persone e che si può imparare a modificarlo, l¹ha
aiutata a capire che dovrà smettere di prendersela con se stessa.
Abbiamo parlato a lungo, decidendo per un prossimo incontro
nel quale valuteremo insieme come procedere, con la stesura
di un diario alimentare. Anna è uscita sorridendo e speranzosa,
col proposito di acquistare subito un quaderno per appuntare
cibo ed emozioni di ogni sua prossima giornata. Un quaderno
come terapia di una distorsione tibio-tarsica.
Sabato
Antonio e Amalia sono ritornati in ambulatorio. Ieri ad Antonio
abbiamo praticato un tamponamento nasale anteriore per una rinorragia
che non si bloccava, mentre ad Amalia abbiamo prescritto una
terapia antibiotica iniettabile per un quadro di infezione urinaria
alta.
Entrambi sono andati nel pomeriggio al Pronto Soccorso. Luno
perché aveva paura di sanguinare ancora e la seconda
perché aveva ancora febbre.
Diagnosi e terapie confermate. Il Pronto Soccorso come secondo
parere: il notaio conferma.