M.D.
numero 18, 17 maggio 2006
Dibattito
No agli espropri di competenze
Su
M.D. numero 12 del 5 aprile 2006 a pagina 14 nella rubrica
Appunti è stato pubblicato un articolo
a firma del dottor Antonio Attanasio che, partendo da un
episodio della sua vita professionale, ha voluto mettere
in luce quali siano i danni perpetrati dalla burocrazia
sia ai medici di famiglia sia agli assistiti. Lesempio
riportato ha suscitato alcune riflessioni in un collega,
non tanto in merito al problema della burocrazia, ma riguardo
alla scelta di delega fatta dallautore di far gestire
la terapia anticoagulante dal centro dellospedale.
Riportiamo la discussione che è nata tra i due attori,
con lintento costruttivo di aprire un dibattito tra
i lettori sullargomento. |
Il
lettore: Mauro Somaschi, Medico di medicina generele, Colico
(LC)
E'
innegabile che gli aspetti burocratici della professione di
medico di medicina generale interferiscano notevolmente con
lattività clinica, ma nel caso descritto dal collega
Attanasio vorrei sottolineare un altro aspetto importante.
Prendo spunto dal fatto che proprio dalle pagine di M.D. si
mette spesso laccento sullimportanza di riqualificare
la figura del medico di famiglia e del lavoro che svolge.
Credo che nel caso specifico raccontato dal collega avrei gestito
direttamente la terapia anticoagulante del mio assistito, evitando
i problemi burocratici, almeno in questo caso.
Una domanda però sorge spontanea: Perchè
dovrei delegare il centro TAO dellospedale a questo compito?
Se i medici di famiglia si fanno sottrarre ciò che è
di loro pertinenza professionale, quale diverrà il loro
ruolo?
Mi sembra opportuno quindi esortare a una seria riflessione
sul fatto che per il monitoraggio della pressione dei pazienti
ipertesi sono stati messi in piedi gli ambulatori dellipertensione
arteriosa; per la gestione dei pazienti diabetici, i centri
antidiabetici degli ospedali di riferimento; per le pazienti
affette da osteoporosi, gli ambulatori dedicati a questa patologia
e via di seguito, lelenco è molto lungo.
Lautore:
Antonio Attanasio, Medico di medicina generale, Mandello del
Lario (LC)
Concordo
in linea di principio con il collega, ma il delegare il Centro
TAO dellospedale al monitoraggio della terapia anticoagulante
è sostanzialmente un atto dovuto. Questo
servizio non è stato creato per iniziativa individuale
di qualche medico ospedaliero, ma con una complessa concertazione
fra componenti tecniche e politiche di ospedale e Asl e con
investimenti di strumentazione e personale non indifferenti.
Un tentativo del singolo medico di riappropriarsi di questo
monitoraggio non sarebbe solo uno schiaffo morale non tollerato
dallAsl, ma anche oggettivamente unirrazionale ricerca
di complicazioni.
Se la riappropriazione fosse solo burocratica, si finirebbe
col coniugare la futilità dellazione di scrivano
col rischio di essere chiamati a rispondere per una prescrizione
in meno nel caso statisticamente inevitabile che un paziente
che ha finito i giorni assegnatigli dal destino su questa
terra abbia parenti litigiosi. Se al contrario fosse concreta,
con lesecuzione in studio (o presso il domicilio del paziente)
dei necessari esami, ci si esporrebbe, oltre che ai costi della
relativa strumentazione, ai medesimi rischi medico-legali con
laggravante che forse in questo caso i parenti avrebbero
ragione, dato che la mancata esecuzione di controlli di qualità,
economicamente improponibili nellambientazione extra-ospedaliera,
renderebbe poco sicuro questo tipo di gestione.
Inoltre in uno scenario in cui tutti i pazienti
della zona sono gestiti dal Centro TAO, proporre al proprio
paziente una gestione alternativa significa quasi certamente
essere ricusati. Ora, venalità a parte, che senso ha
rendersi disponibili a gestire un paziente che, proprio in seguito
a quella disponibilità, cessa di essere un paziente?
Mi pare quindi evidente che, in situazioni come queste, lasciare
che sia il Centro TAO a occuparsi del monitoraggio della terapia
anticoagulante sia lunica cosa da fare. Daltra parte,
il motivo della mia segnalazione è che sarebbe stato
razionale aspettarsi un minimo di coerenza da parte del centro
TAO: se assume su di sé la gestione clinica del paziente,
lo deve fare anche dal punto di vista burocratico. Quella gestione
obbedisce a protocolli che sono sotto gli occhi della Asl e
di tutti i controllori della spesa sanitaria. Finché
il monitoraggio avviene secondo quei protocolli, che bisogno
cè di giustificarli tramite periodiche impegnative
rilasciate dal medico di medicina generale? O forse qualcuno
ritiene che il Mmg sia professionalmente e scientificamente
superiore agli estensori di quei protocolli e ai controllori?
Per carità: se così dovesse essere, mi va bene,
ma allora eliminiamo protocolli, ospedali, università,
centri di ricerca e controllori ministeriali.
Riguardo poi al rischio di perdere il controllo clinico sui
nostri pazienti, è facile concordare col collega in linea
di principio.
La domanda però che sovviene è: che cosa possiamo
fare? Una volta che questi centri sono istituiti e dotati di
personale e mezzi, puntare i piedi perché i nostri
pazienti non ci vadano è una battaglia contro i mulini
a vento. Certo, possiamo negare ai nostri assistiti limpegnativa
per la prima visita, ma saremmo dentologicamente giustificati
a farlo solo se il servizio che siamo in grado di offrire noi
è di qualità almeno pari, se non superiore. Ubi
major, minor cessat, è in latino proprio perché
è una massima inventata parecchi secoli fa, non laltro
ieri, atta a giustificare il proliferare di questi centri.
Lunica battaglia che possiamo condurre è proprio
quella di imporre a quei centri e alle Asl la necessaria coerenza:
se vogliono gestire i nostri pazienti, devono farlo dalla A
alla Z, non addossando a noi il compito di rilasciare impegnative,
come se fossimo noi i controllori della congruità dei
loro interventi.
Per quanto poi concerne la domanda del collega: Se ci
facciamo sottrarre ciò che è di nostra competenza,
quale diverrà il nostro ruolo? Sarà che,
egoisticamente, non me ne importa nulla perché sono prossimo
alla pensione e ansioso di andarci, ma per quanto mi sforzi,
non riesco né a vedere il problema, né a inventare
una risposta a questa domanda. La medicina come tutte le cose
umane è in evoluzione. Ho iniziato come medico condotto,
esercitando la medicina secondo schemi che erano stati messi
a punto oltre un secolo fa per rispondere a esigenze allora
pressanti e venute poi sfumando. Quando i nuovi padroni della
sanità pubblica hanno ritenuto obsoleta quella figura
la hanno abolita senza tanti complimenti e i medici condotti
che non sono andati in pensione si sono riciclati come Mmg.
Se adesso anche la medicina generale comincia a perdere il suo
motivo di esistere così comè strutturata,
non sarà certo per consentire a 40mila lavoratori di
conservare inutili privilegi che la collettività nazionale
dovrà continuare a versar loro un onorario. In tempi
di mobilità per lavoratori che costano molto meno alla
collettività, un po di mobilità anche nel
settore della medicina non sarebbe poi così una tragedia.
Piuttosto, proprio in vista di questi nuovi scenari, sarebbe
opportuno che i nostri sindacati, anzicché spendere tempo
e risorse in battaglie di retroguardia a difesa di privilegi
indifendibili, si diano da fare per rendere possibile e agevole
la mobilità fra i vari ruoli della medicina di interesse
pubblico.