M.D.
numero 15, 2 maggio 2007
Appunti
A proposito dei certificati di malattia
L'Ordine
dei medici di Roma ha chiesto che sia il lavoratore ad autocertificare
i primi tre giorni di malattia. È stato Mario Falconi,
presidente dellOrdine, a sollecitare una normativa ad
hoc, già avanzata in precedenza dal sindacato Snami,
in seguito ad un articolo del Corriere della Sera che se
la prendeva con i Mmg per i certificati facili.
Il problema cè e non è di poco conto. Ma
cerchiamo di vederci più chiaro nelle responsabilità
delle varie parti in causa.
Se uno chiede al proprio Mmg tre giorni (o più) di riposo
e cure affermando che si è rotto la caviglia o che ha
crisi asmatiche subentranti o che ha una distorsione del polso
o che si è procurato un ematoma sul dorso in seguito
ad una caduta, basterà un rapido esame fisico per constatare
la veridicità dei fatti. Ma qual è il lavoratore
così sprovveduto da lamentare disturbi che una semplice
ispezione o ascoltazione può smentire? O che equivochi
a tal punto sulla natura del suo rapporto col medico da chiedere
di starsene a casa con un pretesto smaccatamente falso? È
chiaro che i lavativi le studiano tutte pur di spuntarla, anche
perché nessun medico si accontenterebbe della semplice
affermazione: Non mi sento bene. Su Internet e nei
circoli degli assenteisti si trovano in proposito
uninfinità di dritte. Basta mandare a memoria il
copione adatto e chiunque può spacciarsi per depresso,
stressato, deconcentrato sul lavoro. I furbi sanno scegliere
benissimo tra i disturbi la cui diagnosi si fonda solo sullanamnesi,
cioè sulla buona fede. E non cè clinico
dallacume così formidabile da poterli sbugiardare
con assoluta certezza e serenità danimo. Rimangono
i dubbi, grossi come una casa, ma servono a poco: se, per esempio,
lassistito fa un lavoro dal quale dipende lincolumità
di altri, va lasciato a casa. In assenza di prove certe di simulazione,
il certificato è un atto dovuto ed è anche, molto
spesso, una scelta prudente.
Se poi le seriose statistiche giurano sullalta incidenza
di assenza dal lavoro per lombalgie, cefalee, dismenorree, vertigini,
cistiti, stress e via proseguendo con una serie interminabile
di quadri clinici inconfutabili con il solo esame obiettivo,
possiamo pure sorriderci su. Sarebbe interessante assistere
al crollo di questi grandi numeri se solo i lavoratori, adeguatamente
responsabilizzati e fermamente dissuasi dallammalarsi
per tattica, fossero tenuti allautocertificazione
(contemplata, oltre tutto, da molti contratti di lavoro, con
tanto di approvazione sindacale).
Nel sistema attuale, fondato impropriamente sulleducazione
civica dei cittadini ad opera del Mmg, il certificato di malattia
per brevi periodi è assolutamente inidoneo a contrastare
il fenomeno dellassenteismo. Si tratta di una colossale
presa in giro di tutti verso tutti, fondata sullassunto
che il Mmg è a conoscenza di tutto ciò che concerne
i suoi assistiti. È vero che il curante sa chi, tra i
suoi pazienti, ci marcia e chi no. Sospetta la commedia,
ma guai ad insinuarlo. Non avendo nessun asso in mano (non può
averne), si guarderà bene dallandare a vedere
il bluff. Lui è solo un medico tenuto ad affermare
o escludere una diagnosi sulla base di dati certi. Larticolo
24 del Codice di Deontologico impone al medico di attestare
linfermità del lavoratore formulando giudizi
obiettivi e scientificamente corretti. Il dettato è
lapalissiano laddove si riferisce a una patologia che risponda,
appunto, a criteri obiettivi. Non è certo a questi casi
che si riferisce laccusa di emettere certificati
facili, ma ai disturbi non oggettivabili con la sola diagnostica
su base anamnestica e che, come tali, sono presi per buoni sulla
base della sola buona fede. Che senso ha, pertanto, un pezzo
di carta sul quale è asseverata, in filigrana, la veridicità
dellasserzione del paziente circa la sua momentanea incompatibilità
con lesigenza di lavorare? Non cè affatto
bisogno di scomodare i medici per recepire questa asserzione.
Salvatore Milito
Medico di medicina generale
Roma
Non ho grandi speranze: il futuro non è roseo
Rispondo
volentieri alle considerazioni del collega Daniele Cappelletti
(M.D. 2007; 13: 16) inerenti larticolo del collega Francesco
Romeo dal titolo La medicina di famiglia è
moribonda? (M.D. 2007; 9: 16). In proposito direi che
questo è un Paese moribondo. Laspetto
più singolare e contemporaneamente più grave tuttavia
è che sembra che pochi se ne accorgano. Non certamente
la classe politica, ma neppure i sindacati compresi quelli rappresentanti
la nostra categoria; infatti gli uni come gli altri sono intenti
nel cercare i motivi per insultarsi reciprocamente oltre che
completamente dediti alla litigiosa contrapposizione. Pare infatti
che, impegnati in questi inconsistenti esercizi, non si accorgano
che di fronte ai mille e mille problemi che attanagliano questo
Paese essi sono diventati degli autoreferenziati, distaccati
sempre più sia dalla realtà che li circonda sia
dai cittadini, anchessi comunque, parrebbe, interessati
ad altro.
Detto ciò entro nello specifico: anchio come il
collega Cappelletti non condivido lopinione di Francesco
Romeo quando tende a fare unanalisi critica rivolta alla
sola categoria dei Mmg, poichè la soluzione prevede il
necessario e indispensabile concorso di tutta una serie di soggetti.
Non si può infatti pretendere di cambiare un sistema,
anche se parliamo solo di quello sanitario, senza che ad esso
concorrano tutte le componenti sociali e istituzionali, in altre
parole lintero Paese.
In una sana democrazia, se vogliamo considerare tale quella
in cui viviamo, le regole devono essere condivise per essere
ragionevolmente accettate, e non imposte. Tuttavia è
indispensabile, dopo un esauriente dibattito, addivenire ad
una decisione. Questo tuttavia è il punto saliente della
questione: per deliberare bisogna conoscere. In questo Paese
infatti spesso si discute senza conoscere e poiché il
dibattito è intriso di preconcetti e di ideologie, il
risultato è quello di continuare ad accapigliarsi senza
concludere nulla ma, poiché alla fine bisogna tirare
le fila della questione, qualcuno dautorità e spesso
con più autoritarismo che autorevolezza, decide. Il risutato
il più delle volte non soddisfa nessuno. Gli esempi potrebbero
essere molteplici, pensiamo infatti anche solo alle questioni
attinenti la nostra categoria e al gradimento ottenuto dal grande
sforzo unitario prodotto dai nostri sindacati.
Per non essere solamente critico mi ero iscritto ad un piccolo
sindacato. Ho resistito un anno impegnandomi anche in prima
persona ma, ad un certo punto, ho girato i tacchi.
Anche lì la democrazia esiste solo se sei daccordo
con i vertici, altrimenti le tue parole o non sono degne di
alcuna considerazione oppure, come è capitato a me, sei
oggetto di un vero linciaggio verbale. Se infatti hai opinioni
diverse e le difendi con determinazione vige il motto o
con me o contro di me. La musica è la stessa in
tutti i sindacati grandi o piccoli che siano. In questo modo
nulla si crea ma, contrariamente alla legge della fisica, addirittura
si riesce a distruggere.
Ho sempre considerato la nostra professione finalizzata ad affrontare
e risolvere, quando possibile, i problemi di salute dei cittadini
che a noi si rivolgono. Per la verità allinizio
della mia professione era così. Poi i nostri governanti
sempre più si sono interessati ad essa e qui sono iniziati
i problemi. Interferenze di ogni genere con la finalità
di organizzare il servizio e in questo Paese il termine organizzazione
normalmente fa il paio con caos. Tuttavia siamo sinceri, allo
sfascio tutti, ma proprio tutti contribuiscono, medici compresi.
Si pensi solo al boicottaggio che i Mmg hanno stupidamente attivato
nei confronti delluso del personal computer prima e del
SISS poi o quello dei colleghi ospedalieri nei confronti delle
disposizioni alle quali purtroppo noi Mmg siamo vincolati, specie
quelle riferite alle prescrizioni dei farmaci. È vero
tuttavia che appena, con grande fatica, i provvedimenti cominciano
a prendere il via i nostri affabili amministratori con quella
furbizia tutta italica ti infilano, a ruota, altri provvedimenti
non concordati, preventivamente comprese le denuncie amministrative
tramite Guardia di Finanza.
Il problema vero di questo Paese, indipendentemente dalle singole
questioni, è linaffidabilità di un popolo
nelle vesti di chi ci governa, che tuttavia soffre della stessa
malattia di chi è governato, nessuna categoria esclusa.
Le prospettive future pertanto, almeno dal mio punto di vista,
sono funeree. Sino a quando prevarrà la mentalità
corrente ben poco di buono si riuscirà a produrre. Tutto
questo mentre il resto dEuropa marcia velocemente, mentre
noi siamo al palo.
Paolo Personeni
Medico di medicina generale
Milano