
M.D.
numero 11, 4 aprile 2007
Riflettori
Gli errori dei pazienti
di Massimo Bisconcin - Medico di medicina generale, Quarto d¹Altino
(VE), Responsabile Nazionale Dipartimento Formazione e Ricerca
AIMEF
L’attenzione dei media e della letteratura medica è
precipuamente rivolta a contemplare l’errore del medico,
molto meno a considerare quello degli assistiti. Questo è
da imputare soprattutto a un ambito culturale che vede ancora
la relazione tra medico e paziente come un flusso di informazioni
tra “chi sa e dirige” e “chi non sa e si affida”
La
letteratura medica (e molto più spesso quella dei media
popolari) è parecchio sensibile nel denunciare un errore
e l’errore medico in particolare.
È opinione diffusa che il paziente sia sempre il più
debole nella relazione medico-paziente: ogni errore è
sempre da imputare al medico e ai care providers più
in generale, in quanto possessori di tutta la conoscenza necessaria,
non solo alla corretta azione diagnostico-terapeutica, ma anche
di buona parte della condotta del paziente dopo la consultazione
medica. Eppure, molto spesso, i pazienti commettono errori prima
della consultazione.
Questo pre-concetto nasce e prospera in un ambiente culturale
che vede ancora la relazione medico-paziente come un flusso
di informazioni tra “chi sa e dirige” e “chi
non sa e si affida”. Tale atteggiamento paternalistico
è ancora lungi dall’essere tramontato e purtroppo
molto spesso degenera in un eccesso di rivendicatività
e conflittualità legale.
Distinguo
Quando viene commesso un errore di solito si cerca un colpevole
per attribuirgliene la responsabilità. Ma cos’è
in realtà un errore? È il fallimento di una sequenza
pianificata di attività mentali o fisiche finalizzate
al raggiungimento di un risultato, quando questo fallimento
non sia dovuto al caso (Reason J. 2002). Quindi l’errore
non ha significato se considerato in modo indipendente dall’intenzioni
di chi lo ha commesso. (Kohn L. 2000).
Reason J. (2002) distingue gli errori tra slip, lapse e mistake
la cui traduzione letterale in italiano non è molto dirimente.
Uno slip oppure un lapse avvengono quando l’azione compiuta
non è quella programmata, si tratta di un errore di esecuzione:
il primo non è osservabile, il secondo lo è. Per
esempio, premere il bottone sbagliato di una macchina equivale
a uno slip (non è osservabile, non ci si accorge di farlo),
mentre non riuscire a richiamare qualcosa dalla nostra memoria
è un lapse (abbiamo la perfetta coscienza che siamo in
difetto). Il mistake invece, è un difetto di programmazione
anche se l’azione procede esattamente come pianificata.
Potremmo quindi tradurre slip come svista, passo falso, scivolone;
lapse come vuoto, mancanza; mistake, pur con maggiore enfasi
e connotazione di gravità, semplicemente e classicamente,
come errore.
La
figura 1 riassume la definizione più completa di errore,
mentre la tabella 1 sintetizza i tipi di errore secondo la
letteratura (Reason J. 2002).
Scopo di questo articolo è l’errore del paziente,
inteso come locus minoris resistentiae e per questo causa di
inefficacia terapeutica e comunque di danno.
L’analisi degli errori è il primo modo di operare
un audit sulla propria professione e non dovrebbe certamente
avere, come invece accade nei giornali di “opinione”
o nel pour parler quotidiano, un’accezione scandalistica
o rivendicativo/punitiva. L’affermazione “anche i
pazienti commettono errori” (Kohn L. 2000) compare ufficialmente
in un report pubblicato dalla National Academy Press per conto
di The Institute of Medicine ovvero di un’organizzazione
di diretta emanazione del Congresso USA. Ciò proietta
il problema dell’errore del paziente, non più e
non solo nell’orbita della medicina difensiva (volendo
escludere il gossip e l’aneddotica), ma anche in quella
ben più concreta della sicurezza del paziente stesso.
L’intera letteratura medica mondiale, a questo proposito,
è ben poco fornita di contributi scientifici e analitici
che trattino dell’errore del paziente come causa di danno
medico. C’è una sorta di resistenza nel considerare
la fallibilità del paziente e questo aumenta i rischi
per la sicurezza (Buetow S. 2007).
La
teoria dei sistemi indica gli errori come risultanti dalla
convergenza di diversi fattori: può esserci un ambiente
adatto a commettere errori - error prone - (Reason J. 2002)
soprattutto in ambienti di particolare complessità. Il
cosiddetto errore latente accade a monte, fuori controllo
del paziente che lo sta commettendo e quindi generalmente pericoloso:
colui che lo commette può non essere consapevole di una
carenza strutturale o di un difetto di progettazione del
servizio. Cook R. (1998) lo definisce coloritamente “margine
smusso”. Un errore attivo, invece, accade a livello dell’operatore
finale (il paziente o il care provider) ed è immediatamente
evidente: cosiddetto “margine tagliente” (Cook R.
1998). I sistemi sanitari sono sempre più complessi e
gli operatori sempre più micro-competenti e interdipendenti,
perciò gli errori latenti sono generalmente i più
pericolosi per la sicurezza. Spesso sono nascosti o misconosciuti
e in un sistema complesso, conducono inevitabilmente a una serie
di errori attivi (Kohn L. 2000).
Interpretazioni
Per i pazienti il momento del “contatto” con il
sistema sanitario è quello più a rischio di errore,
in quanto in esso possono essere presenti molti errori latenti.
Per esempio, dare indicazioni stradali sbagliate a un’ambulanza
(errore attivo) potrebbe essere dovuto a deficienza di cartelli
stradali indicanti la via (errore latente). L’errore
medico comunemente inteso, è sia latente che attivo:
esso enfatizza eccessivamente il ruolo dell’ambiente sanitario,
degli ospedali o degli ambulatori di medicina generale (Ely
J. 1995, Rubin G. 2003). L’errore del paziente, è
più spesso un errore attivo che un errore latente (di
sistema). È controproducente e inutile per una vera prevenzione,
considerare a priori che l’errore del paziente (attivo)
sia meno importante dell’errore del sistema (latente).
Inoltre, non è mai stato dimostrato che l’errore
attivo del paziente sia meno grave dell’errore latente
di sistema, anche perché la prevalenza dell’errore
attivo dei pazienti è sconosciuta (Buetow S. 2007).
Secondo
i principi descritti da Reason, l’errore del paziente e
le sue conseguenze dovrebbero essere attribuiti alle intenzioni
del paziente piuttosto che a quelle dei sanitari, in quanto
si deve riconoscere che il paziente ha piena dignità
e capacità di commettere errori. Ovvero si distingue
tra “errore” da un lato e “scelta o decisione”
del paziente dall’altro, di comportarsi in un determinato
modo: una scelta intenzionale può anche essere ragionevole
(Donovan JL. 1992) tranne nel caso che essa fallisca nel raggiungere
gli obiettivi del paziente (tabella 2).
Gli errori dei pazienti possono avere conseguenze che contribuiscono
direttamente e indirettamente alla loro sicurezza: i danni
diretti sono facilmente intuibili, quelli indiretti possono
coinvolgere altri elementi del sistema sociale come altri pazienti,
ma potrebbe essere indebolita anche la stessa relazione tra
paziente e medico.
È verosimile che nel futuro si possa evidenziare un aumento
del numero degli errori commessi da pazienti nelle seguenti
aree:
-
Assistenza
a domicilio per cronicità o invalidità
-
Cure
domiciliari
-
Day
Surgery o Day Hospital anche per patologie “gravi”
-
Fiducia
e credibilità in corso di terapie complesse.
La
pur scarsa letteratura mondiale tende a considerare il paziente
che commette errori come un dato di fatto e abile a commetterli
in maniera autonoma, e non perché succube dei curanti;
sottolinea inoltre come proprio il rispetto che è dovuto
ai pazienti stessi li renda complici di un impegno condiviso nell’evitare
gli errori. I pazienti dovrebbero cooperare attivamente al buon
funzionamento del sistema e non utilizzarlo e basta: la partecipazione
in questo caso potrebbe essere quella di confermare di aver ricevuto
accurate informazioni sulle possibili criticità del sistema
e collaborare a individuarne altre.
Considerazioni
disciplinari
La tabella 3 distingue, in senso cronologico, quando i pazienti
potrebbero commettere errori e quali siano alcuni domini disciplinari
coinvolti.
L’esempio fornito è insufficiente alla piena disamina
del problema, ma introduce un sostanziale elemento di dignità
disciplinare: cerca una sistematizzazione sull’errore, e
introduce de facto il ruolo attivo del paziente e il suo coinvolgimento
gestionale. Per esempio, per ciascun dominio, potrebbe essere
inserito un sistema di raccolta dell’errore latente (programmazione)
che come abbiamo detto condiziona poi pesantemente l’errore
attivo finale più eclatante.
La tabella 4 fornisce invece un altro esempio di come, considerando
di base i domini disciplinari, si possano distinguere le due principali
tipologie di errori.
Lo sviluppo di una tassonomia dell’errore del paziente serve
a migliorare la sicurezza delle cure mediche. Con il concorso
di associazioni di pazienti, dovranno essere sviluppati metodi
e strumenti per costruire il consenso: questionari, database,
FAQ, ecc. Successivamente si deve costruire l’elenco delle
priorità per la sicurezza: per esempio gruppi di lavoro
misti che prevedano, riconoscano, comprendano e governino i vari
tipi di errori dei pazienti.
A questo
proposito esistono diverse forze e vettori in grado di influenzare
il processo di qualità (figura 2), all’interno del
quale si inscrive il trattamento degli errori.
Come in molti processi umani riguardanti la ricerca e la promozione
della qualità, l’atteggiamento nei confronti dell’errore
ha grande importanza.
Le attribuzioni accusatorie o incolpanti in senso generale inceppano
il processo di analisi e miglioramento (Leape L. 2000). Tuttavia
esiste anche un altro approccio che considera la colpa (o la responsabilità
attribuita nominale) come meritata (criterio di merito) oppure
come processo che facilita il cambiamento, e quindi la maggiore
sicurezza (criterio consequenzialista) (Hussain Gambles M. 2004).
Molto probabilmente è corretto considerare moralmente responsabili
i pazienti quando commettono errori evitabili o concorrono a farli
commettere, ma ancora una volta gli errori dovrebbero essere
visti come opportunità di imparare dall’esperienza
(Buetow S. 2006) e i pazienti come elementi del puzzle che concorre
alla sicurezza.
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