M.D.
numero 10, 22 marzo 2006
Riflessioni
cliniche
Le condizioni borderline: fisiologia o patologia?
di Arcangelo Minei, Medico di medicina generale,
specialista in Endocrinologia, Taranto, AIMEF
Intervenire con terapie farmacologiche nelle fasi
iniziali di un processo patologico o nelle condizioni cliniche
intermedie potrebbe produrre risultati positivi. Inoltre il
Mmg potrebbe operare una corretta prevenzione
Negli ultimi decenni
la ricerca in campo medico ha prodotto una mole così
importante di nuove conoscenze che la comunità scientifica
ha sottoposto molte condizioni patologiche a stratificazioni
e classificazioni.
Prendendo come esempio i valori pressori, i valori glicemici
o i semplici valori del peso corporeo, ci si riferisce solitamente
a valori patologici, normali oppure borderline.
Da questa stratificazione derivano atteggiamenti
terapeutici diversi o raccomandazioni delle linee guida che
indicano i comportamenti più consoni per quella determinata
situazione: la terapia sarà più aggressiva qualora
ci si trovi di fronte a valori pressori o glicemici patologici,
si ricorrerà a una situazione di semplice vigilanza nel
caso di condizioni definite al limite, sarà
sufficiente il semplice monitoraggio periodico nel caso le condizioni
rientrino nella normalità.
Allinterno della comunità scientifica esiste uniformità
di vedute circa le condizioni che rispondono alla patologia
o alla normalità, ma a mio parere non sussiste ancora
una posizione univoca per le situazioni definite borderline
(ovvero confine, limite, caso limite).
Dal punto di vista professionale e nel momento in cui vanno
prese decisioni cliniche, tali situazioni creano non pochi problemi
e mi fanno porre alcune domande:
-
è importante trattare un soggetto con glicemia a digiuno
uguale a 116 mg/dl?
-
è importante trattare un soggetto con valori pressori
di 130/90 mmHg?
-
è importante trattare il soggetto sovrappeso?
-
e
se è importante trattare questi pazienti, la terapia
deve limitarsi a semplici consigli di life style o questi
devono deve essere complementari di un trattamento farmacologico?
Consigliare
un sano regime igienico-dietetico fa parte dei nostri compiti
e in teoria non costa nulla, ma se a questo si aggiunge la prescrizione
farmacologica inevitabilmente si va a incidere sulla spesa sanitaria.
Ne deriva, quindi, unaltra considerazione:
n è corretto trattare in maniera aggressiva le condizioni
definite al limite?
Personalmente ritengo di sì, anzi sono proprio quelle condizioni
definite borderline che vanno trattate con un approccio aggressivo:
per esempio un soggetto con indice di massa corporea (BMI) di
29.5 kg/m2 è definito sovrappeso
e non obeso, ma deve essere trattato come un soggetto obeso.
È corretto operare una classificazione dellobesità
in primo, secondo e terzo grado per un BMI >30 kg/m2,
ma sarebbe ancora più utile operare una distinzione del
sovrappeso in primo, secondo e terzo grado per un BMI da 25 kg/m2
a 29.9 kg/m2.
Se è importante trattare lobesità nel soggetto
con BMI >30 kg/m2 è molto più
proficuo agire nellambito di un sovrappeso lieve, dove la
terapia ha una maggiore possibilità di successo e inoltre
può essere gratificante per il medico e soprattutto per
il paziente. Daltronde operare in questo ambito significa
effettivamente fare prevenzione ed evitare che da un semplice
sovrappeso si arrivi a unobesità consolidata e difficile
da trattare.
Valori glicemici
Lattenzione va posta anche per lo stato metabolico che viene
definito da IFG (Impaired Fasting Glucose -alterata glicemia a
digiuno) compresa tra 100 e 125 mg/dl e dallIGT (Impaired
Glucose Tolerance), che sono definiti come fattori di rischio
per il diabete e le malattie cardiovascolari.
Vari studi hanno evidenziato come queste condizioni risentano
positivamente della perdita di peso e di una regolare attività
fisica. Non va trascurata comunque la possibilità delluso
di farmaci che, migliorando la sensibilità allinsulina,
sono in grado di ridurre la progressione verso il diabete. È
naturale che limpiego dei presidi farmacologici deve essere
preso in considerazione nelle situazioni in cui con una dieta
appropriata e con lincremento dellattività
fisica non vengono raggiunti gli scopi prefissati.
Ma è professionalmente corretto luso di farmaci in
quella fase definita borderline per evitare ulteriori evoluzioni
verso forme patologiche? Secondo me sì.
Se è vero che la produzione insulinica inizia a incrinarsi
per una glicemia a digiuno di 115 mg/dl, sicuramente non possono
essere considerate fisiologiche o borderline glicemie tra 110
e 125 mg/dl e ciò giustifica che vengano considerate alterate
anche quelle glicemie lievemente superiori a 100 mg/dl. A maggior
ragione non possiamo considerare i soggetti con questi valori
di glicemia borderline, in quanto devono essere sicuramente trattati
per evitare alterazioni progressive dellendotelio vascolare.
Fattori di rischio cardiovascolare
Penso sia esperienza comune che pazienti ai quali si era consigliato
genericamente e non superficialmente di porre attenzione alla
dieta per un valore di colesterolo totale di 215 mg/dl, per una
glicemia pari a 123 mg/dl, per valori pressori 135/90 mmHg e con
un BMI 29 kg/m2, presentino qualche complicanza
a distanza di tempo.
Questo comportamento generico probabilmente giustifica
il fatto che il 38% dei pazienti con IFG e il 32% di quelli con
IGT sviluppa diabete di tipo 2 nellarco di sei anni (Jama
2001; 285: 2109-13) e che i soggetti con IGT hanno un aumentato
rischio di mortalità al pari dei pazienti affetti da diabete
di tipo 2 (Lancet 1999; 354: 617-21).
Inoltre non va dimenticato che nella pratica della medicina generale
situazioni borderline che riguardano valori pressori e glicemici,
peso corporeo, colesterolemia e trigliceridemia molto spesso coesistono
nello stesso individuo, determinando la condizione clinica riferibile
alla sindrome metabolica.
In questo caso i vari fattori incrementano in maniera esponenziale
il rischio cardiovascolare. Per tale motivo in tali situazioni
bisogna essere abbastanza critici nelluso del termine borderline.
Sicuramente linsieme di queste alterazioni rappresenta un
fattore di rischio molto importante, che però rischia di
essere sottovalutato.
Conclusioni
Bisogna porre molta attenzione e non sottovalutare dal punto di
vista clinico tutte quelle condizioni definite borderline. Sono
situazioni che bisogna correggere il più precocemente possibile
in quanto è molto più facile ottenere risultati
positivi nelle fasi iniziali di un processo patologico e inoltre
si può operare una proficua prevenzione.
È molto più semplice che un soggetto sovrappeso
perda 4-5 kg di peso rispetto alla perdita di 20 kg in un paziente
con BMI=35 kg/m2.
Sicuramente la perdita del 10% del peso corporeo in un soggetto
obeso riduce il rischio cardiovascolare, ma passare da 140 kg
a 120 kg fa abbassare solo la classe di appartenenza dellobesità.
|