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M.D.
numero 9, 15 marzo 2006
Contrappunto
Eutanasia: perché è urgente
un confronto tra i Mmg
di Francesco Carelli, Medico di medicina generale,
Milano - EURACT/EGPRN Italia
Prendendo spunto da una recente notizia, secondo cui il 70%
dei medici italiani fra ospedalieri e Mmg sarebbe favorevole
alleutanasia e alla legalizzazione del testamento biologico,
è il caso di sottolineare la necessità che tali
tematiche debbano essere al più presto dibattute allinterno
della medicina di famiglia. Bisogna avere il coraggio di parlarne
e di non rimuovere argomenti scomodi, ma strettamente
attinenti alla professione. I Mmg quotidianamente osservano
la sofferenza dei loro pazienti terminali, senza schermi,
diversamente da come avviene in ospedale o clinica che dir si
voglia, dove è il personale paramedico a essere in trincea.
Quindi sarebbe corretto tentare di esprimere unopinione
comune attraverso un confronto che coinvolga le
società scientifiche della medicina generale
Tabella
1
I pareri dei medici italiani |
Secondo
il sondaggio di Adnkronos Salute il 70% dei medici chiamati
a esprimersi sul eutanasia e testamento biologico auspica
che venga presa un'iniziativa legislativa per fissare le
regole e stabilire se, quando e come intervenire. E metta
fine al fenomeno dell'eutanasia clandestina
praticata frequentemente, secondo alcuni, in molte strutture
sanitarie italiane.
Al sondaggio hanno risposto oltre 5000 medici tra medici
ospedalieri e medici di famiglia.
Dallindagine risulta, inoltre, che il 32% è
favorevole alla dolce morte, mentre il 39%
lo è solo nel caso in cui il paziente sia in condizioni
irreversibili e tenuto in vita dalle macchine.
La metà degli intervistati (50.1%), però,
non considera accettabile praticare leutanasia a una
persona cosciente che chieda un aiuto a morire.
Per il 37% infine il testamento biologico potrebbe rappresentare
una valida alternativa a una legge. |
La
questione delleutanasia e della regolamentazione normativa
del testamento biologico è complessa in quanto si scontra
con problemi di ordine etico, morale, religioso e giuridico.
Ma la materia si è fatta discussione veemente. Lapprovazione
in Olanda di una legge che regolamenta leutanasia e la
notizia del risultato di un sondaggio secondo cui il 70% dei
medici italiani tra ospedalieri e Mmg sarebbe favorevole alla
dolce morte (tabella 1) rendono largomento
attualissimo.
Daltronde a infervorare ancora di più il dibattito
nel nostro Paese è stata la proposta di legge (tabella
2) presentata in Parlamento da radicali e socialisti (Rosa nel
Pugno), ma anche la pubblicazione del libro: Il diritto
di morire del professor Umberto Veronesi e le annesse
dichiarazioni dellautore. Il professore in una intervista
radiofonica, commentando i dati di sondaggio secondo cui in
Gran Bretagna oltre tremila pazienti sono aiutati a morire
in modo clandestino, ha ammesso che non si trattava di una novità,
sottolineando che il medico a volte prende liniziativa
e questo succede anche in Italia, ma non si può dire
come, quando e dove succede per non far correre rischi ai colleghi.
Inoltre non ha mancato di evidenziare la difficoltà nel
nostro Paese di accedere alle cure palliative, sottolineando
gli ostacoli legislativi alluso farmacologico degli oppiacei.
Cè chi, pur esprimendo parere diverso da quello
del professor Veronesi, come per esempio il professor Ignazio
Marino, docente di Chirurgia presso il Jefferson Medical College
di Philadelphia (Usa), e sostenendo che leutanasia non
potrà mai fare parte della medicina e nessun medico dovrebbe
mai attivamente porre fine a una vita in nessuna circostanza,
tuttavia pone laccento sul fine deontologico della terapia
del dolore e sullutilizzo degli oppiacei per alleviare
la sofferenza in fasi critiche di malattie non più
curabili. Così come in merito al testamento biologico
afferma che ogni uomo dovrebbe avere il diritto-dovere di decidere
che tipo di assistenza terminale desidera quando è ancora
in possesso delle proprie facoltà.
Un difficile ruolo
Tabella
2
La proposta di legge di radicali e socialisti |
Il
disegno di legge presentato in Parlamento dalla Rosa nel
Pugno, movimento politico promosso da radicali e socialisti
che, dopo i Pacs e la legge sull'aborto, fa delleutanasia
un altro dei suoi cavalli di battaglia è composto
da 11 articoli.
Considera come un diritto fondamentale per il malato quello
di astenersi o rifiutare di essere sottoposto a terapie,
più o meno invasive, senza peraltro alcuna certezza
di evitare la morte, riaffermando così il diritto
a una morte dignitosa e riconoscendo al singolo la facoltà
di autodeterminazione per le scelte fondamentali della propria
vita.
Nel Ddl entra anche il testamento biologico con il quale
la persona può chiedere di essere sottoposto alleutanasia
se una malattia ne provocherà la perdita delle
facoltà psichiche e intellettive. Secondo Marco Beltrandi,
dei Radicali italiani, è un testo garantista
e prudente soprattutto per coloro che non vogliono leutanasia
e, pur essendo contrari a queste pratiche, non hanno gli
strumenti per difendersi dalleutanasia clandestina. |
La
discussione intorno ad argomenti di bioetica sembrano tuttavia
essere prerogativa di illustri pensatori, quesiti per teorici.
Ma ci troviamo di fronte a problematiche la cui riflessione
filosofica in senso lato è strettamente collegata
a quella dellatto medico, soprattutto in ambito della
medicina di famiglia. Prima di tutto non va dimenticato che
il medico di famiglia è il garante del trattamento del
suo assistito e della globalità della cura. Il nostro
ruolo nei confronti della gestione dei pazienti terminali è
divenuto sempre più significativo in rapporto anche allinvecchiamento
della popolazione. Nellesercizio quotidiano della professione
infatti ci confrontiamo spesso con pazienti terminali, molti
dei quali vivono con gravissimo disagio i loro ultimi
momenti. Il nostro ruolo è quello di farci carico di
tali sofferenze sia sul piano fisico sia su quello morale. Noi,
in altre parole, siamo in trincea a gestire levento morte
e le sue ricadute nellambito della famiglia.
A conferma di ciò vorrei ricordare unindagine svolta
da alcuni medici di famiglia atta a verificare in quale misura
il problema eutanasia venisse percepito dai propri pazienti
(M.D. 1999; 32:24-25). Da tale ricerca risultò che
più dell80% del campione considerava di conoscere
correttamente il significato del termine eutanasia, circa il
45% era favorevole a tale pratica e fra questi il 60% identificava
nel medico di famiglia il professionista medico più adatto
a praticare tale atto. Nonostante i freni religiosi e le motivazioni
culturali, la richiesta di eutanasia sembra essere piuttosto
elevata. Indubbiamente lidentificazione del medico di
famiglia quale tecnico per eccellenza deputato alla
somministrazione del farmaco letale è piuttosto
inquietante. Essa pone una serie di domande non solo in relazione
alla deontologia medica, ma anche ai probabili scenari di una
regolamentazione delleutanasia o del suicidio assistito.
Mi chiedo quali saranno gli argini che potranno essere usati
per impedire che il suicidio legale possa trasformarsi
in una soluzione di comodo di tanti problemi fastidiosi per
la società occidentale efficientista e giovanilista a
tutti i costi.
È necessario quindi costituire comitati di bioetica in
cui il medico di famiglia abbia un ruolo rilevante, per trovare
risposte articolate e concrete a questi dilemmi.
Dobbiamo prepararci, non possiamo più essere latitanti.
È fondamentale che di queste problematiche si faccia
portavoce la professione, attraverso un dibattito tra i Mmg
e le società scientifiche che li rappresentano, prima
che ne parlino altri e che poi ci addossino responsabilità
e disagi psicologici maggiori: parliamone, prima che sia troppo
tardi.
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