M.D.
numero 8, 8 marzo 2006
Diario
ambulatoriale
Il lavoro in team in medicina di famiglia
- Cronaca di una settimana
di Giuseppe Maso, Medico di famiglia - Venezia, Responsabile
Insegnamento Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Alessandra Semenzato, Infermiera di famiglia - Venezia, Docente
Scuola di Medicina di Famiglia, Università di Udine
Lunedì
Antonia
ha ottantatre anni, probabilmente ha delle perdite ematiche
vaginali e la figlia preoccupata desidera che la visitiamo.
La signora ha un cistocele e un rettocele, latrofia vaginale
e la sua poca agilità ci ostacolano la visita. Non vediamo
alcunché di grave, cè soltanto un piccolo
polipo sanguinante del meato uretrale.
La paziente è incontinente e ovviamente non odora di
buono. Le figlie vanno - profumate - dal ginecologo, ma le madri
le portano a noi che ormai potremmo scrivere un trattato di
ginecologia geriatrica.
Martedì
Ieri sera sono stato a visitare a casa Lucia. Ha sessantaquattro
anni, vive con il marito e la figlia; è stata operata
circa dieci anni fa per un carcinoma mammario, per cui è
ancora in terapia con un inibitore dellaromatasi. Non
è mai stata una paziente facile, bisogna insistere a
lungo per convincerla a farsi visitare e ad eseguire i controlli
cui deve sottoporsi periodicamente per la sua malattia. Erano
ormai sei giorni che marito e figlia la pregavano, più
volte al giorno, di venirmi a trovare, ma lei ha sempre rifiutato.
Le si era gonfiata la mano destra e poi tutto il braccio, era
diventato caldo e rosso, ma nonostante le insistenze dei familiari
non voleva che la vedessi. Larto superiore destro è
sempre stato più grosso, fin da subito dopo lintervento
chirurgico si era formato un linfedema, che abbiamo costantemente
controllato con delle manovre di linfodrenaggio.
La scena che ho visto ieri sera è tra le più brutte
che mi siano mai capitate. Lucia era irriconoscibile, il capo
era diventato un pallone gonfiato allestremo; non esistevano
più rughe o solchi e tutta la parte superiore del corpo
sembrava fosse stata riempita dacqua. Quasi sicuramente
una trombosi venosa profonda iniziata allarto superiore
destro e diventata massiccia. Respirava con difficoltà,
ma dalla bocca, diventata piccola anchessa, usciva un
grido ripetuto: Non voglio andare in ospedale, non voglio
andare in ospedale.
Non ho tenuto conto della sua volontà, conosco Lucia
da venticinque anni, ho chiamato il servizio di emergenza per
unautoambulanza. Stamane ho telefonato in ospedale, è
in rianimazione e in condizioni disperate. I colleghi stanno
aspettando i chirurghi perché non sono riusciti a isolare
un accesso venoso.
Se avessi visto la paziente qualche giorno fa, molto probabilmente
tutto si sarebbe risolto con un po di eparina, ma figlia
e marito non se la sono sentita di contraddirla e solo oggi,
disperati, mi hanno cercato.
Mercoledì
È venuta in studio la nuora di Fiorella, una signora
di settantotto anni, che ho visto lultima volta circa
cinque anni fa. Mi ha portato un referto del pronto soccorso,
da dove è appena tornata. Come mai lavete
portata al pronto soccorso e non lavete portata qua?,
Che ne so dottore, ha fatto tutto mia cognata. Mi ha detto
di darle queste carte.
In ordine di presentazione le carte erano: il referto del pronto
soccorso che riportava la diagnosi di herpes zoster oftalmico,
il referto di una visita oculistica che riportava la diagnosi
di herpes oftalmico e consigliava una visita neurologica, il
referto della visita neurologica che confermava lherpes
oftalmico e consigliava una visita internistica. Oltre ai referti
vi era una prescrizione terapeutica per antivirali.
Dopo che la signora è stata vista da quattro colleghi,
suppongo che la diagnosi sia quella riportata. Le faccio la
ricetta, ma se può nei prossimi giorni mi porti a controllo
la signora. Lherpes può essere segno di qualcosaltro
e data letà è meglio controllare.
Dopo mezzora torna la cognata: Dottore, la signora
è giù, non mangia, si sente debole, perché
non le ha prescritto alcunché per questi sintomi?.
Come posso fare diagnosi e trattare una persona che non
vedo da cinque anni? Se ha questi sintomi ci sarà una
ragione, è bene che la veda. Lhanno
già vista in ospedale ed è più che sufficiente
e dovrebbe essere più che sufficiente anche per lei,
non vorrà farmi perdere altro tempo vero?!.
Giovedì
Paola ha un disturbo della personalità ed è depressa.
Nellultimo anno ha avuto problemi osteoarticolari e ginecologici
e recentemente labbiamo trattata per una tiroidite. È
veramente in crisi, questa volta ci chiede aiuto. Ha sospeso
da circa sei mesi la terapia che stava assumendo; a nostra insaputa
era in cura da uno psichiatra che le aveva prescritto litio
e antidepressivi.
Ha problemi esistenziali, è separata dal marito, ha due
figli ancora piccoli ed è innamorata di un uomo molto
più giovane di lei, che ha anche unaltra donna.
Ci chiede di consigliarle uno psicologo, ha cercato sulle guide
del telefono, ma non è in grado di scegliere.
Paola può avere anche bisogno di uno psicologo, ma ora
necessita di un supporto antidepressivo farmacologico e, paradossalmente,
non se ne rende conto. Potrebbe succedere di tutto, dobbiamo
tenerla agganciata allo studio e controllarla strettamente i
prossimi giorni. Prescrivo un antidepressivo e anche un ricostituente
da assumere quotidianamente intramuscolo. Sarà loccasione
per Alessandra di tenere la situazione sotto controllo.
Venerdì
Mai come in questo periodo dellanno arriviamo a fine ambulatorio
senza accorgercene, con un senso di spossatezza profondo, ma
anche con molta soddisfazione. Apriamo al mattino e già
la sala dattesa è piena di gente, il telefono squilla
in continuazione, ci giungono richieste di ogni genere per cui
è sempre necessaria la massima attenzione.
Ci alleniamo quotidianamente alla flessibilità e alla
dinamicità; dobbiamo passare attraverso problemi e patologie
innumerevoli e il tutto in tempi ristrettissimi. Ormai per noi
lavorare collaborando è indispensabile e automatico,
spesso non serve chiedere allaltro un certo tipo di intervento
o presenza o attività: sappiamo già inconsciamente
cosa fare.
Il clima generato dal nostro sapere lavorare insieme
è fondamentale per una corretta gestione delle relazione
coi pazienti. Il clima è anche condizionato
dai nostri stati danimo più intimi e nostro malgrado
essi vengono spesso comunicati. Frequentemente i pazienti notano
se stiamo male e talvolta si informano addirittura sul nostro
umore. Il loro rapportarsi con noi cambierà a seconda
del clima che percepiscono. Per noi, essere semplicemente
consapevoli di questo meccanismo è fondamentale, abbiamo
la possibilità di modificare lambiente, migliorandolo.
Possiamo adottare comportamenti efficaci considerando questo
ambiente, metaforicamente, come un abito che indossiamo e che
deve essere adeguato alla situazione. Questo abito ci permette
di lavorare bene, ma anche di proteggerci e ci consente di affrontare
giornate intense come questa senza danni.
Sabato
È stata una settimana particolarmente densa di attività
e di patologie. Concludiamo alcuni cicli terapeutici. Don
Aldo è venuto quotidianamente nel nostro ambulatorio
per curare una broncopolmonite, abbiamo curato le cervicalgie
di Anna, la lombalgia di Andrea e quella di Sara e lascesso
gluteo di un nostro nuovo paziente cinese. Anche il ciclo di
fleboclisi per la terapia marziale ha migliorato lo stato di
salute di Paola. Abbiamo terminato le medicazioni dellulcera
alla gamba di Amanda e abbiamo risolto la riacutizzazione di
BPCO di Antonio.
Vederli quotidianamente tutti per eseguire terapie intramuscolari
o endovenose è stato molto utile; è servito per
monitorare il decorso delle loro malattie, ha approfondito il
dialogo e la conoscenza reciproca e ha fatto riconsiderare ai
pazienti il ruolo della medicina di famiglia.
Vedere un ambulatorio al lavoro per diversi giorni di seguito
sfata inevitabilmente molti luoghi comuni.