M.D.
numero 8, 8 marzo 2006
Dialoghi
clinici
La gestione dei pazienti con malattia da reflusso
gastroesofageo
Medicina Generale a cura di: Gian Paolo Andreoletti,
Medico di medicina generale, Vertova (BG)
Specialistica a cura di: Alfredo Saggioro, Direttore Dipartimento
di Gastroenterologia Ospedale Umberto I, Venezia-Mestre
La
diversità tra medicina generale e specialistica può
essere fattore di arricchimento della pratica medica, se
a prevalere è il momento dialogico, allinsegna
della complementarietà, focalizzata sulle esigenze
concrete che la gestione di una problematica fa emergere
nella quotidianità.
M.D. propone, di volta in volta, un confronto tra le due
discipline, fatto di domande precise e di risposte condivise. |
La malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) rappresenta una
patologia di frequente riscontro in medicina generale. La prevalenza
dei sintomi da reflusso gastroesofageo tipici (digestivi) o
atipici (extradigestivi) è infatti elevata. Si stima
che il 10% della popolazione adulta lamenti periodicamente disturbi
riferibili a MRGE e che buona parte di essi sviluppi nel tempo
una esofagite, talora complicata
Quali
sono i più comuni sintomi della MRGE?
Sintomi tipici
La MRGE è semplice da diagnosticare, presentando sintomi
tipici che la caratterizzano. Infatti, pirosi retrosternale
(heartburn degli anglosassoni) e rigurgito acido sono presenti
in oltre l85% dei pazienti che soffrono di tale condizione
e correlano in maniera elevata con il dato strumentale pHmetrico.
La diagnosi è quindi innanzitutto clinica.
Nellespressione clinica della malattia da reflusso è
possibile identificare alcuni sintomi che maggiormente aiutano
a effettuare una diagnosi, che vengono chiamati sintomi esofagei
tipici.
Tra questi, la pirosi è sicuramente il sintomo più
caratteristico e consiste in una sensazione urente localizzata
in sede retrosternale, talvolta allepigastrio, irradiata
al giugulo. Tale sintomo tende a peggiorare con la posizione
supina o flessa, nel periodo post-prandiale e in seguito a sforzi
che comportino un aumento della pressione intra-addominale.
Il meccanismo che determina la sua comparsa potrebbe essere
quello della stimolazione delle terminazioni nervose localizzate
nello strato profondo dellepitelio esofageo da parte del
materiale refluito dallo stomaco, anche in assenza di lesioni
macroscopiche. Spesso però il paziente e a volte il medico
distinguono la pirosi dal dolore o bruciore di stomaco;
lanalisi poco attenta di questo sintomo porta facilmente
a una diagnosi clinica di disturbi etichettati come gastrite
o dispepsia, ritardando di molto linizio di
una terapia efficace e adeguata in modi e tempi.
Al contrario, il riconoscimento della pirosi come sintomo che
identifica la presenza del reflusso gastroesofageo risulta di
estrema importanza, perché spesso è sufficiente
da solo a orientare verso una diagnosi clinica corretta: la
sua specificità oscilla tra il 60% e l89%, anche
se la sua sensibilità è minore (36-70%). Il rigurgito
consiste nel ritorno in esofago e/o faringe di materiale gastrico
o intestinale che si distingue dal vomito, in quanto non associato
a nausea, conati e contrazioni del diaframma o della parete
addominale; può accentuarsi dopo pasti abbondanti o con
la flessione del busto in avanti. La presenza di rigurgito solo
in concomitanza di eruttazioni dopo un pasto abbondante non
ha significato patologico, mentre se associato a pirosi o se
presente in modo continuativo durante il periodo notturno o
durante tutta la giornata rappresenta un sintomo fortemente
suggestivo di patologia da reflusso.
Sintomi atipici
Esistono altri sintomi che, pur evocando lorigine esofagea,
non sono caratteristici della malattia da reflusso gastroesofageo.
La disfagia rappresenta la sensazione di transito difficoltoso
del bolo alimentare attraverso lesofago. Si parla di disfagia
alta o orofaringea quando la sensazione viene avvertita, a livello
orofaringeo, come difficoltà o incapacità di spingere
il bolo dalla bocca alla gola, mentre la disfagia esofagea,
sintomo relativamente frequente della MRGE, consiste nella sensazione
in sede retrosternale di passaggio difficoltoso o impossibile
del bolo alimentare.
Di fronte a un paziente affetto da disfagia il medico non può
ignorare però le cause organiche in grado di determinarla,
prima fra tutte le patologie ostruenti il lume, come nei tumori
dellesofago.
La disfagia nel paziente affetto da MRGE può essere conseguenza
di unostruzione meccanica come capita talvolta in presenza
di stenosi esofagea, complicanza tardiva di unesofagite,
oppure di un disturbo motorio funzionale legato ad alterazioni
della peristalsi, conseguenti alla presenza di acido in esofago.
A volte queste alterazioni della motilità legate al reflusso
possono assumere delle caratteristiche specifiche, come accade
nello spasmo esofageo diffuso o nellesofago a schiaccianoci.
Nei pazienti con esofagite il passaggio del bolo può
dare origine alla comparsa di una sensazione dolorosa, lodinofagia,
anche se questa è più frequente nei soggetti affetti
da esofagite infettiva (la candidosi è la più
frequente), più che da reflusso; in altri casi non è
lesofagite ma la comparsa di onde di contrazione spastiche
a determinare la comparsa di questo sintomo.
Il bolo faringeo viene spesso confuso con la disfagia ed è
quindi importante, in presenza di un paziente che riferisce
una sensazione di corpo estraneo o nodo in gola, indipendentemente
dallatto della deglutizione, differenziare le due situazioni
cliniche. Si tratta di un sintomo abbastanza frequente nella
popolazione generale, spesso associato a uno stato ansioso o
di stress, ed esistono dati contrastanti in merito alla sua
correlazione con la malattia da reflusso. Sintomi atipici poi
possono considerarsi quelli riferibili alle patologie extra-digestive
della MRGE: tosse stizzosa, apnea notturna, episodi di asma
in età adulta non correlati con la presenza di test allergici
positivi, lesioni del cavo orale, dello smalto dei denti, il
dolore toracico retrosternale non di origine cardiaca.
Quali alimenti e quali farmaci sono controindicati in un paziente
con MRGE?
Premesso che non esistono ancora dati conformi alla medicina
basata sullevidenza, in genere vengono consigliate alcune
misure volte ad evitare condizioni favorenti il reflusso. Le
più importanti e utili consistono nello sconsigliare
il paziente di coricarsi dopo il pasto e di portare cinte o
indumenti stretti e migliorare quelle condizioni cliniche, quali
la tosse cronica, la stitichezza e la disuria che possono, aumentando
la pressione intraddominale, favorire il reflusso gastroesofageo.
Poiché gli episodi di reflusso gastroesofageo sono più
frequenti dopo avere mangiato è sconsigliabile coricarsi
nelle 2-3 ore successive al pasto. La posizione supina favorisce
infatti il reflusso e il contatto prolungato con la mucosa esofagea
del materiale refluito, soprattutto nei pazienti che, per alterazioni
della motilità esofagea, hanno un rallentato clearing
esofageo.
Elevare la testiera del letto di 15-20 cm riduce il tempo di
clearing esofageo ed è indicato nei pazienti con reflusso
notturno o in quelli che comunque si corichino subito dopo mangiato;
non è invece rilevante in chi non ha reflusso notturno
e non si corica nelle due-tre ore post-prandiali. È utile
dormire appoggiando il corpo sul lato sinistro. Non è
invece utile sollevare il busto con i cuscini, perché
nel sonno il corpo tende a scivolare. È preferibile che
i pazienti assumano 4-5 piccoli pasti nella giornata invece
di 2-3 abbondanti, poiché laumento del volume gastrico
favorisce il reflusso.
Ricercando nellanamnesi quegli alimenti che più
frequentemente si associano a disturbi da MRGE è possibile
suggerire al paziente la dieta più consona alle sue esigenze.
In generale si consiglia di evitare il cioccolato, i carminativi
e i grassi, perché possono ridurre la pressione dello
sfintere esofageo inferiore (SEI) o rallentare lo svuotamento
gastrico, e i succhi di agrumi, i prodotti con pomodoro, le
bevande gassate, le bevande alcoliche e il caffè, in
quanto possono irritare la mucosa esofagea per effetto del loro
pH o della loro composizione.
Per quanto riguarda lapporto calorico-nutrizionale della
dieta, questa sarà normocalorica (o ipocalorica negli
individui in sovrappeso), ipolipidica, normale in proteine (ove
non siano presenti particolari indicazioni a una dieta ipoproteica)
e normoglucidica. Il controllo del peso corporeo assume particolare
rilevanza per evitare o ridurre il sovrappeso che può
determinare un aumento della pressione intra-addominale e di
conseguenza facilitare il reflusso. Esistono dati incerti sul
beneficio della sospensione del fumo, ma è verosimile
che il miglioramento dello stato generale, in particolare della
funzione respiratoria che segue alla sospensione del fumo, abbia
effetti favorevoli anche sulla MRGE. Poiché le abitudini
di vita e alimentari possono sì peggiorare i sintomi
da MRGE, ma non hanno alcun ruolo patogenetico nel determinismo
dellesofagite, il ricorso a restrizioni nelle abitudini
quotidiane, dietetiche, alimentari sono indicate se risultano
utili nel migliorare i disturbi senza che, proprio per la loro
applicazione, si riduca la qualità di vita.
Anche alcuni farmaci che interferiscono con la pressione dello
sfintere esofageo inferiore vanno utilizzati solo se assolutamente
necessari, estrogeni (anche la terapia sostitutiva utilizzata
in menopausa), nitrati, teofillina, calcioantagonisti, anticolinergici,
antidepressivi.
Quando va prescritta una pH-metria endoesofagea in un paziente
con sospetto di MRGE?
La diagnosi endoscopica di esofagite in pazienti con sintomi
atipici è di per sé sufficiente ad attribuire
al reflusso gastroesofageo un ruolo rilevante nella genesi dei
disturbi, ed è comunque unindicazione al trattamento
per MRGE. Più complessa può essere la diagnosi
in assenza di lesioni esofagitiche allendoscopia, in pazienti
con sintomi tipici o atipici. In questi pazienti si pone la
necessità di ricercare se esista reflusso gastroesofageo
patologico e di verificare se esso abbia una qualche relazione
con la sintomatologia riferita.
Per verificare questa evenienza il gold standard è rappresentato
dalla pH-metria delle 24 ore, che consente di misurare un reflusso
gastroesofageo patologico e di valutare se i disturbi atipici
abbiano una relazione temporale con il reflusso. Questo approccio
diagnostico è consigliabile in presenza di sintomi atipici
che abbiano una buona probabilità di presentarsi durante
lo studio pH-metrico. I sintomi che sono più adatti ad
essere ricercati nellambito di uno studio pH-metrico delle
24 ore sono quelli che si presentano in maniera intermittente,
ma prevedibile, o perché frequenti o perché suscitabili
con stimoli noti. Infine, va sempre eseguita in corso di terapia,
quando i sintomi non regrediscono rapidamente con la stessa.
Q uando va prescritta una manometria endoesofagea in un paziente
con sospetto di MRGE?
La manometria esofagea è una tecnica molto importante
nel definire le alterazioni funzionali dellesofago e degli
sfinteri (sfintere esofageo superiore e inferiore). Tuttavia
oggi le viene attribuito un ruolo assolutamente marginale nella
definizione diagnostica della MRGE, mentre conserva la sua rilevanza
nellidentificazione del paziente adatto a
un trattamento chirurgico. Infatti, è assolutamente necessario
che la motilità esofagea sia conservata (lattività
di clearing) per ottenere risultati efficaci da questo tipo
di terapia.
Con quale frequenza va eseguita unesofagogastroscopia
in un paziente con esofagite di Barrett?
Lesofago di Barrett (EB) è una condizione precancerosa
in cui il normale epitelio squamoso esofageo è sostituito
da metaplasia intestinale (MI) specializzata. Stimoli infiammatori
cronici (reflusso gastroesofageo) costituiscono il principale
fattore patogenetico, ma non sono tuttora noti i meccanismi
patogenetici per cui solo alcuni pazienti con MRGE sviluppano
la metaplasia intestinale, anche se la severità e
la cronicità del reflusso rappresentano probabilmente
i fattori principali.
Il 5-10% dei pazienti con EB è a rischio di sviluppare
un adenocarcinoma, con un rischio di 30-125 volte superiore
rispetto alla popolazione generale. Nei Paesi occidentali lincidenza
delladenocarcinoma dellesofago e del cardias è
aumentatano significativamente durante gli ultimi 20 anni. Recenti
studi epidemiologici hanno dimostrato lesistenza di un
rischio significativamente più elevato di sviluppare
un adenocarcinoma dellesofago in pazienti con sintomi
cronici di reflusso gastroesofageo. Pertanto, i pazienti con
EB devono essere sottoposti a una regolare sorveglianza
endoscopica e bioptica.
Gli adenocarcinomi dellesofagono sono correlabili alla
presenza di EB, ma la reale prevalenza di questa condizione
e il reale rischio di degenerazione neoplastica sono
sconosciuti; non sono ancora disponibili biomarker che consentano
di predire la progressione da EB a displasia e adenocarcinoma.
Follow up
Il follow up va riservato ai casi istologicamente accertati,
secondo lo schema seguente:
se non cè displasia: controllo endoscopico
ogni tre anni;
se cè displasia lieve: un inibitore della
pompa (PPI) a dosaggio pieno, o meglio doppio per tre mesi,
poi controllo endoscopico; endoscopia ogni sei mesi fino a che
la displasia non regredisce;
se cè displasia grave: valutazione da parte
di un secondo patologo e ripetere biopsia entro un mese;
se viene confermata displasia grave: si propone la chirurgia
per i pazienti giovani o comunque in buone condizioni, lablazione
endoscopica presso centri con elevata esperienza o altrimenti
si propone un controllo endoscopico ogni tre mesi.
In un paziente con MRGE va di norma attuata una terapia di mantenimento
con inibitori della pompa protonica?
Nei pazienti con sintomi lievi, occasionali, scatenati da evidenti
condizioni ambientali, di recente comparsa, può essere
sufficiente spiegare al paziente lorigine dei suoi disturbi,
rassicurare il paziente sulla benignità dellaffezione
e ricorrere a misure dietetico-posturali e alluso di antiacidi/alginato.
La terapia farmacologica di attacco è indicata in tutti
i pazienti con sintomi di MRGE sufficientemente fastidiosi o
frequenti e sempre in caso di esofagite endoscopicamente dimostrata.
Si ritiene, per esempio, che due episodi di sintomi tipici alla
settimana per tre mesi siano sufficientemente fastidiosi da
limitare la qualità di vita e siano unindicazione
per il trattamento medico.
Luso di antiacidi/alginato come trattamento della MRGE
non è indicato per la totale inefficacia nellesofagite
e scarsa efficacia nei pazienti con MRGE senza esofagite.
Gli H2-antagonisti non si sono dimostrati efficaci nella terapia
della MRGE con esofagite, ma anche nei pazienti con MRGE senza
esofagite, gli IPP risultano più efficaci per rapidità
di azione e risoluzione dei sintomi. Inoltre, anche quando efficaci,
gli H2-antagonisti vanno somministrati più volte (2-3
somministrazioni) al giorno con maggiore impegno e minore compliance
del paziente rispetto allunica somministrazione giornaliera
degli IPP, evidenziando inoltre fenomeni di tolleranza farmacologica
che gli inibitori della pompa non presentano.
Gli IPP offrono la maggiore efficacia e rapidità nellottenere
la guarigione delle lesioni esofagitiche, nonché
la maggiore duttilità di impiego, potendosi utilizzare
in tutte le condizioni cliniche della MRGE e potendosi adattare
alla gravità delle manifestazioni cliniche, variandone
il dosaggio.
Ciò premesso, la MRGE è una malattia cronica e
in circa il 30% dei pazienti è necessario seguire una
terapia prolungata, per mesi, per anni o anche a vita, per garantire
qualità di vita, guarigione delle lesioni esofagitiche,
prevenzione delle recidive o delle complicanze quali il Barrett.
Deve essere chiaro che lobiettivo terapeutico è
quello della completa remissione della sintomatologia e del
suo mantenimento.
Quale ruolo hanno oggi gli anti-H2 nella terapia della MRGE?
Lutilizzo di farmaci antisecretori quali gli anti-H2 nella
terapia della MRGE, va oggi riservato ai casi più lievi
dal punto di vista clinico e soggettivo, nei quali sono sufficienti
al controllo della sintomatologia. In particolare nella NERD
(o MRSE) malattia da reflusso senza esofagite.
È possibile, in un limitato numero di pazienti che presentano
il cosiddetto acid breakthrough (cioè un picco acido
notturno, nonostante la terapia con IPP), associare al farmaco
inibitore la pompa protonica (che va sempre somministrato al
mattino a digiuno per ragioni di farmacocinetica), una dose
serale di H2-antagonista. La decisione dovrebbe essere sempre
preceduta da esame pH-metrico.
Quale è il ruolo dellHelicobacter pylori nel reflusso
gastroesofageo? È indicata una terapia eradicante in
un paziente con MRGE e presenza di H. pylori?
La gastrite da Helicobacter pylori (Hp) può progredire
fino alla metaplasia intestinale e allatrofia, condizioni
che predispongono al carcinoma gastrico. Una marcata soppressione
dellacido gastrico può determinare un aumento della
gravità della gastrite da Hp. Nei pazienti con MRGE positivi
per lHelicobacter pylori, la terapia prolungata con IPP
è stata dimostrata in grado di favorire la comparsa di
una pangastrite, con estensione della gastrite antrale normalmente
determinata dal batterio anche a livello del corpo gastrico.
La terapia eradicante lHp è in grado di ridurre
linfiammazione della mucosa gastrica e di indurre regressione
dellatrofia ghiandolare. Mentre, nonostante quanto sostenuto
da alcuni Autori in precedenza, non provoca peggioramento della
malattia da reflusso.
Quando va consigliato lintervento chirurgico in un paziente
con MRGE?
La chirurgia risulta essere unarma terapeutica aggiuntiva
nellalgoritmo decisionale del trattamento della MRGE.
Il vantaggio maggiore è quello di offrire una soluzione
definitiva al problema, migliorando la sintomatologia e prevenendo
le complicanze. Tuttavia non è infrequente osservare
casi in cui lindicazione chirurgica non è corretta.
Spesso il semplice riscontro di unernia iatale viene interpretato
come unindicazione formale alla terapia chirurgica e non
come unalterazione anatomica, frequente anche nella popolazione
normale, e che associata alla MRGE non altera significativamente
la risposta alla terapia medica.
In altre occasioni lindicazione chirurgica appare logica
conclusione di una mancata risposta alla terapia medica, ignorando
il fatto che i pazienti che più traggono beneficio dalla
terapia chirurgica sono proprio quelli che rispondono alla terapia
medica.
Va qui sottolineato come spesso venga considerata una mancata
risposta alla terapia medica una terapia condotta con
farmaci non idonei o a dosaggi non adeguati o, peggio, una diagnosi
non corretta.
Il reflusso di materiale biliare nello stomaco (reflusso duodenogastrico)
va curato in maniera analoga alla MRGE?
Il reflusso duodenogastrico è uno dei possibili fattori
eziologici della gastrite di tipo C (chimica) o alcalina reattiva
(gastropatia diffusa). Tale fenomeno si verifica di frequente
sia nei pazienti gastroresecati, sia nei pazienti colecistectomizzati
o comunque con patologia biliare. Il danno alla mucosa gastrica
è determinato dallazione detergente degli acidi
biliari, presenti nel liquido refluito. In tal modo si realizza
un danno della barriera mucosa difensiva gastrica, con sviluppo
di lesioni infiammatorie accompagnate spesso da turbe dispeptiche
aspecifiche, come dolore allo stomaco, gonfiore, bruciore, alitosi.
La diagnosi è spesso clinica, sicuramente istologica,
e può essere confermata da una pHmetria gastrica delle
24 ore associata a Bilitrac (uno strumento che misura il tempo
di reflusso biliare). La terapia di questa condizione morbosa
non è ancora ben definita e la gastrite da reflusso alcalino
viene di volta in volta trattata con farmaci a base di acidi
biliari, oppure con farmaci procinetici, o farmaci antisecretivi
(H2-antagonisti o inibitori della pompa protonica), con risultati
terapeutici contrastanti. Un farmaco utile in questi casi è
rappresentato dal sucralfato, farmaco di barriera ben noto alla
classe medica, che è in grado di ridurre significativamente
il dolore epigastrico, la pirosi, il gonfiore e lalitosi.