M.D.
numero 7, 1 marzo 2006
Focus
on
Il Ssn fa i conti, ma qualcosa non torna
di Monica Di Sisto
È
questa limpressione che si riceve incrociando i dati
di due recenti indagini, una a firma del ministero della
Salute e laltra della Ambrosetti Spa, condotta nellambito
del progetto Meridiano Sanità, che
hanno cercato di fare il punto sullo stato della rete territoriale
sulla quale poggia il nostro Ssn e sulla relativa spesa
che serve per tenerlo in piedi. |
Il
ministero della Salute di recente ha aggiornato al 2004 lAnnuario
Statistico del Ssn, fornendo così un quadro decisamente
più realistico della risposta al bisogno di salute degli
italiani. Gli orizzonti di tale quadro possono essere allargati
grazie anche ai dati offerti dallanalisi su Quanto
costa il nostro Servizio sanitario nazionale, condotta
nellambito del progetto Meridiano Sanità
dalla Ambrosetti Spa. Da tale raffronto emerge una decisa compressione
della spesa e di un altrettanto sensibile snellimento della
rete territoriale, ma sfugge in entrambi i casi la coerenza
degli interventi con iniziative di tipo strutturale che, almeno
stando alle intenzioni dichiarate in rapporto al Piano sanitario
nazionale e ai provvedimenti finanziari che si sono susseguiti,
si sarebbero dovuti ancorare a una crescita decisa e omogenea
del territorio. Ma se si mettono in fila, infatti, i dati provenienti
dalle due ricerche, sembra proprio che questa condizione non
sarebbe stata ottemperata.
Gli ospedali chiudono, ma
Il saldo sulle strutture di ricovero aperte sul territorio,
rispetto agli stessi dati rilevati dal ministero della Salute
per il 2003, registra un secco -74, da imputare, però,
principalmente ad accorpamenti e ristrutturazioni. Nel 2004
lassistenza ospedaliera si è avvalsa di 1.214 istituti
di cura, di cui il 55% pubblici e il rimanente 45% privati accreditati.
Nel 2004 risultano due aziende ospedaliere in meno rispetto
al 2003 e 74 ospedali a gestione diretta in meno, principalmente
riconducibili alla ristrutturazione della rete nel Veneto, cui
è seguito lintervento sul Ssr pugliese che ne ha
eliminati 34.
Il 68% delle strutture pubbliche è costituito da ospedali
direttamente gestiti dalle Aziende USL, il 14% da Aziende Ospedaliere,
ed il restante 18% dalle altre tipologie di ospedali pubblici.
Il Ssn dispone di oltre 237 mila posti letto per degenza ordinaria,
di cui il 17% nelle strutture private accreditate, e 28.793
posti per day hospital, quasi totalmente pubblici.
A
livello nazionale sono disponibili 4.7 posti letto ogni 1.000
abitanti, in particolare i posti letto dedicati allattività
per acuti sono 4.1 ogni 1.000 abitanti. Il Piano sanitario per
il 2004 prevedeva, invece, un livello minimo di 5 posti letto
ogni 1.000 abitanti. La distribuzione dellindicatore,
inoltre, risulta piuttosto disomogenea a livello territoriale:
Il Lazio (5.8 posti letto) è fra le Regioni con la maggiore
densità di posti letto, la Campania (3.6 posti letto)
e il Molise (4.3 posti letto) fra le quelle con la minor disponibilità
di posti letto. E unaltra caratteristica si registra a
livello di tipologie di strutture coinvolte tra aperture e chiusure:
si riducono di 3 unità gli ospedali classificati"
(quelli gestiti da religiosi), aumentano gli enti ricercano
(+2), restano stabili i Policlinici universitari, ma cresce,
invece, il numero di case di cura caricate a pieno titolo nella
spesa pubblica: quelle accreditate, infatti, aumentano di sette
unità.
Distretti e Mmg: una rete sotto stress?
Lassistenza sul territorio perde un gran numero di distretti
sanitari. Le due Regioni in cui si registra il maggior calo,
Toscana e Puglia, hanno entrambe provveduto a riorganizzare
le Asl, accorpando e ridistribuendo le strutture, per esempio
in Toscana non si chiamano più distretti,
ma zone distretto, con un conseguente ridisegno
dei bacini di utenza (tabella 1).
Lassistenza distrettuale, proponendosi di coordinare e
integrare tutti
i percorsi di accesso ai servizi sanitari da parte del cittadino,
si avvale in primis dei medici di medicina generale e dei pediatri
di libera scelta convenzionati con il Ssn. Essi, secondo il
Piano sanitario nazionale, valutando il reale bisogno sanitario
del cittadino, regolano laccesso agli altri servizi offerti
dal Ssn. La convenzione dei medici di medicina generale e dei
pediatri prevede, salvo eccezioni, che ciascun Mmg assista al
massimo 1.500 pazienti adulti (dai 14 anni in su). In media
a livello nazionale ogni medico di famiglia ha un carico potenziale
di 1.068 adulti residenti.
A
livello regionale anche per il 2004 si confermano notevoli differenziazioni
già riscontrate nel 2003. Per le Regioni del Nord, fatte
salve alcune eccezioni, gli scostamenti dal valore medio nazionale
sono positivi. In particolare si evidenzia la Provincia Autonoma
di Bolzano con 1.686 residenti adulti per Mmg: va però
tenuto presente che in detta Provincia il contratto di convenzione
con il Ssn dei Mmg stabilisce quale massimale di scelte 2.000
assistiti. Nel Lazio si registra il valore minimo di 1.015 residenti
adulti per medico di famiglia; nelle Regioni del Sud si registrano
lievi oscillazioni attorno al valore nazionale (tabella 2).
Il caso dei pediatri di libera scelta
Ciascun pediatra di famiglia, secondo la convenzione nazionale,
dovrebbe assistere 800 bambini, ovvero pazienti con età
inferiore a 14 anni. Esistono comunque realtà territoriali
in cui, per carenza di medici pediatri o per libera scelta dei
genitori, è consentito che i bambini siano assistiti
da Mmg. Il carico medio potenziale per pediatra è a livello
nazionale di 1.027 bambini, con una variabilità territoriale
anche più elevata rispetto a quella registrata per i
Mmg. Tutte le Regioni comunque sono caratterizzate da una forte
carenza di pediatri in convenzione con il Ssn, a eccezione di
Lazio e Abruzzo che presentano un numero di bambini per pediatra
di poco superiore al massimale stabilito dalla convenzione.
Nellesaminare lo scostamento del carico potenziale dal
valore nazionale spicca, anche in questo caso, il dato della
Provincia autonoma di Bolzano con un valore pari al 47% (1.507
bambini per pediatra).
In tutte le Regioni meridionali il carico potenziale di bambini
per pediatra è superiore al valore nazionale, ad eccezione
della Sicilia e della Sardegna. Notevole è però
lo scostamento rilevato nella Regione Campania (+19%) e nella
Regione Basilicata (+15%). A fronte del carico potenziale dei
Mmg e dei pediatri, è possibile valutare il carico assistenziale
effettivo, dato dal numero degli iscritti al Ssn (coloro che
hanno scelto presso lASL di competenza il proprio Mmg)
per ciascun medico. In tutte le Regioni tale indicatore evidenzia
che il numero di scelte per Mmg è maggiore della popolazione
adulta residente, mentre il numero di scelte per pediatra è
sempre inferiore al numero dei bambini residenti. Complessivamente
il numero totale delle scelte è prossimo al numero complessivo
dei residenti. Da ciò si deduce dunque che per molti
bambini è stata scelta lassistenza erogata dal
Mmg anziché dal pediatra. Un compito in più per
i Mmg.
Meno servizi, maggiori economie?
Se lo sfrondamento della rete dei servizi risulta evidente dai
dati come un positivo principio di razionalizzazione della rete,
balza agli occhi, però, il permanere dal 2003 al 2004,
se non lapprofondirsi, di una forte disomogeneità
territoriale e di una certa contraddizione tra la programmazione
nazionale e lofferta dei servizi sul territorio. È
come se i Lea cominciassero a essere erosi dalle esigenze di
bilancio, segnale dallarme lanciato dallanalisi
condotta dalla Ambrosetti nellambito del progetto Meridiano
Sanità.
Emerge dalla loro analisi la crescita della domanda di salute
e, parallelamente, quella della spesa sanitaria: negli anni
dal 1996 al 2004 la spesa sanitaria pubblica
è cresciuta complessivamente di 36,8 mld di euro, passando
dai 51.7 mld del 1996 agli 88.5 mld del 2000. Si è registrato,
dunque, un tasso di crescita medio annuo del 7% circa, che ha
portato la
sua incidenza sul Pil dal 5.3% al 6.5%, contro un incremento
medio annuo del Pil (nominale) pari al 4.07%.
La ripartizione percentuale delle voci della spesa sanitaria
pubblica è rimasta, invece, sostanzialmente invariata
negli anni. La sua principale componente è costituita
dalla spesa per lassistenza ospedaliera pubblica, che
assorbe il 2.8% del Pil (pari al 42.3% della spesa sanitaria),
seguita dalla spesa farmaceutica che assorbe lo 0.9% del Pil
(pari al 13.5% della spesa sanitaria) e dagli altri servizi
sanitari con lo 0.8% del Pil (pari all11.6% della spesa
complessiva).
Negli anni dal 1996 al 2004 le varie componenti della spesa
sanitaria pubblica hanno però registrato tassi di crescita
differenti e non sono cresciute in modo omogeneo rispetto alla
media del 7%. La spesa farmaceutica, per esempio, nel periodo
1996-2004 è cresciuta ad un tasso medio annuo del 10.3%,
mentre la spesa per lassistenza medico-generica ha segnato
una crescita (5.9%) in linea alla media. La spesa per lassistenza
medico-specialistica ha registrato una crescita piuttosto contenuta
(3.5%), soprattutto se confrontata con quella per lassistenza
ospedaliera in case di cura private (7.8%).
Risparmiare, ma non a danno dei cittadini
Tra il 2001 e il 2004, lentrata in vigore del Patto di
Stabilità interno ha determinato, a giudizio degli analisti
di Meridiano Sanità, una decelerazione della
crescita della spesa sanitaria pubblica, che è passata
dal 7% del periodo 1996-2004 al 5.8% del 2001-2004. È
interessante osservare che le singole componenti di spesa hanno
contribuito in maniera diversa a tale rallentamento. Le singole
componenti della spesa hanno infatti avuto dinamiche differenti.
In particolare se si escludono voci residuali quali Altra
assistenza, la spesa per i farmaci, che è la componente
che nel periodo 1996-2004 è maggiormente cresciuta, è
anche quella che ha registrato i minori tassi di crescita tra
il 2001 e il 2004 (<1% annuo). Tuttavia, se da una parte
si riscontra un fortissimo cambiamento di indirizzo sulla spesa
farmaceutica (<1%) e sullassistenza assicurata dalla
medicina di famiglia (3.5%), per contro si assiste, sempre stando
ai dati, anche ad una accelerazione più significativa
della spesa per assistenza medico-specialistica (7.2%) e per
assistenza ospedaliera presso case di cura private (8.9%).
Includendo la spesa privata, pari a circa 24 mld di euro nel
2004, la spesa sanitaria complessiva ammonta a circa 113 mld.
Negli ultimi anni, la spesa sanitaria privata è cresciuta
complessivamente meno rispetto a quella pubblica (+3.5% medio
1995-2004), ma ha presentato la tendenza ad accelerare proprio
nel periodo 2001-2004, quello stesso periodo in cui avveniva
la prima stretta registrata dai numeri appena riportati. Nel
periodo 2000-2004 la crescita media annuale nel periodo considerato
per la spesa sanitaria privata è stata infatti del 4.7%,
registrando sempre un incremento più contenuto rispetto
al 5.8% della componente pubblica, ma comunque sensibile e per
lo più concentrato nellarea farmaci, in quella
della specialistica e dellospedalizzazione privata. Insomma,
se la rete dei servizi pubblici si semplifica, alcuni rami però
rimangono ipertrofici, e spesso a dispetto della programmazione
nazionale. è proprio per quei servizi - che pure dovrebbero
essere disponibili più di altri sul territorio - che
i cittadini cominciano a spendere sempre di più e sempre
più di tasca propria. La sanità delle cosiddette
tre T - tetti di spesa, tagli e ticket - non sembra
dare i vantaggi sperati per i cittadini, come aveva avuto modo
di denunciare anche la Corte dei Conti qualche mese fa. Ma il
Ssn sarà in grado di raccogliere, finalmente, questa
indicazione per gli anni a venire?