Editoriale
Devolution sotto il segno dell'iniquità
Il fronte anti-devolution metterà
daccordo tutti i cittadini e i loro amministratori, costruendo
e alimentando nuove vertenze e forme di partecipazione politica?
La domanda è legittima se si parte dalla notizia che
i rappresentanti di quindici Consigli regionali (Sardegna, Campania,
Lazio, Lombardia, Valle dAosta, Toscana, Calabria, Emilia
Romagna, Marche, Umbria, Basilicata, Friuli Venezia Giulia,
Puglia, Liguria e Abruzzo) hanno depositato alla Corte di Cassazione
la richiesta di indizione di un referendum sulla devolution,
cioè sulla legge
di riforma della parte seconda della Costituzione approvata
dal Parlamento in questa legislatura ormai al termine.
Le ragioni delliniziativa, illustrate da Giacomo Spissu,
presidente del Consiglio regionale della Sardegna e governatore
capofila del dissenso (essendo infatti la sua Regione la prima
ad aver approvato la richiesta di referendum), sottolineano
liniquità della riforma, perché in settori
chiave come sono quelli della sanità e dellistruzione
accentua ancora di più il divario tra le Regioni ricche
e quelle povere.
Come dare torto allassessore sardo? In realtà proprio
i medici di famiglia italiani hanno potuto cominciare a prendere
le misure dellimpatto della trasformazione costituzionale
a partire dalla propria convenzione. Essa infatti, nel rispetto
della devolution, ha articolato doveri e compensi dei Mmg su
tre livelli - nazionale, regionale e aziendale - che tuttavia,
alla prova dei fatti, faticano a trovare coerenza e conseguenza
tra di loro. Essendosi verificato un forte buco di bilancio
sanitario a livello nazionale, anche per la non omogenea attuazione
in tutte le Regioni di unadeguata programmazione, i medici
di famiglia si sono visti piovere sul collo controlli di polizia
e provvedimenti restrittivi della propria capacità prescrittiva,
più che piani di prevenzione e di intervento più
aderenti ai bisogni di salute sul territorio.
Su questo numero di M.D. raccontiamo il caso campano, come evidenza
e sintomo del fatto che con la convenzione devoluta il sistema
delle cure sul territorio rischia di incepparsi e di esplodere
sotto il coro delle proteste di medici e pazienti.
I Consigli regionali suggeriscono: ricominciamo da capo, azzeriamo
la riforma e capiamo bene insieme quale decentramento è
quello giusto per il nostro Paese. Anche la Sisac, lorganismo
che per le Regioni contratta con i Mmg la Convenzione, dovrebbe
raccogliere questo segnale di malessere che parte proprio dai
suoi azionisti di maggioranza: le stesse Regioni. Una realtà
che unita al dato che in nessuna Regione (come invece sarebbe
previsto dalla sua legge di istituzione) la Convenzione è
arrivata in porto nei suoi livelli regionali e aziendali, dovrebbe
portare la Sisac a una seria riflessione sul proprio ruolo ed
efficacia.