M.D.
numero 2-3, 1 febbraio 2006
Focus
on
Fenomenologia dei processi erronei in medicina
di Luciano Mignoli, Medico di medicina generale,
Bassano del Grappa (VI), tutorno e animatore di formazione regionale
del Veneto
Lerrore
è il motore della crescita e della conoscenza. Ma
in medicina al contrario lerrore è sottaciuto,
rimosso, riposto nellarmadio degli scheletri del singolo
medico, negandogli il suo valore maieutico e formativo.
Timori di ripercussioni legali per malpractice, di ricadute
sulla propria carriera e nella credibilità verso
i pazienti spingono i medici a rifiutarsi di utilizzare
questo formidabile strumento di conoscenza, di cambiamento
e di miglioramento della qualità dellassistenza
erogata. |
Nessun
medico, a prescindere dalla sua preparazione, può dirsi
immune da contestazioni relative alla sua condotta professionale
e anche se è convinto di avere agito nellinteresse
del paziente, questi o la sua famiglia possono non essere dello
stesso avviso.
I principali elementi che più spesso provocano una causa
per negligenza professionale sono: un risultato poco felice;
un onorario ritenuto eccessivo o non dovuto (specialmente con
lo sviluppo dellattività libero professionale);
una relazione medico-paziente insoddisfacente; una mancata presa
in cura globale; un ritardo del trattamento più congruo.
Richard Smith, editor del BMJ, ha affermato che in medicina
le situazioni che si possono basare su dimostrate prove di efficacia
si attestano al 15%; oggi si stima queste giungano al 30%, ma
comunque un buon 70% resta nel regno dell incertezza;
diminuire le aspettative nei confronti di una medicina mitica
diventa perciò una priorità urgente quanto trasformare
il medico in un critico conoscitore delle teorie in voga e in
un attento ricercatore clinico nei riguardi del proprio paziente.
La comunicazione al paziente e alla sua famiglia dellincombenza
dellerrore nella pratica medica produrrebbe alcuni effetti
benefici: una collaborazione più efficace; una umiltà
fra gli operatori fonte preziosa di accuratezza e ascolto; una
riduzione dello spreco sanitario; una riduzione delle cause
di malpractice.
A lungo in passato si è discusso se la medicina facesse
parte delle scienze esatte o delle scienze sociali.
Nella realtà odierna la linea di demarcazione tra questi
due gruppi di scienze non è più così definita.
Lidea che ci facciamo dalle recenti ricerche su teoria
quantistica e microfisica è che il primato della funzione
continua individuabile come il paradigma della conoscenza e
della previsione è in via di estinzione. In questo campo
non è vero che lincertezza diminuisce a mano a
mano che aumenta la precisione: si sviluppa invece anchessa
per la natura stessa della materia investigata.
La sicurezza delle scienze esatte si è incrinata con
la scoperta che i sistemi stabili, presupposto del determinismo,
sono meno prevedibili di quanto ci si aspettasse e che la previsione
è possibile solo in certe aree (dette isole di determinismo).
È plausibile che gran parte della medicina appartenga
a questa pragmatica scientifica postmoderna. Per di più
la netta contrapposizione tra scienza della natura e scienza
dello spirito non sembra appropriata alla medicina, dove invece
le connessioni cosmologiche e antropologiche sono dominanti;
per capire la salute e la malattia e per procedere alla diagnosi
e alla terapia è necessario far ricorso sia alla natura
che alla cultura.
Il sapere scientifico poi non è tutto il sapere, è
sempre stato accanto, in competizione, in conflitto con un altro
tipo di sapere: il sapere narrativo, nel quale convergono le
idee di saper fare, saper vivere, saper ascoltare e così
via, che rappresentano una formazione estesa di competenze che
tutti gli osservatori concordano essere preminente sulla formulazione
del sapere tradizionale. Non è possibile inoltre esprimere
giudizi né sullesistenza né sul valore del
narrativo a partire dal scientifico o viceversa: i criteri pertinenti
non sono gli stessi nei due casi.
Ermeneutica e fenomenologia sono le nuove parole chiave: lermeneutica
si riferisce alla storia del malato, alle dimensioni narrative
sia della condizione del malato che della terapia e del rapporto
medico paziente; la fenomenologia intende riprodurre in modo
descrittivo lincontro clinico e le sue ripercussioni.
Lefficacia della medicina come scienza pratica quindi
è complicata dallesperienza soggettiva del paziente
e del medico che deve essere oggettivata.
Popper affermava che la nostra scienza non è conoscenza
(episteme): non può mai pretendere di aver raggiunto
la verità e che in questa concezione del metodo scientifico
possiamo imparare dai nostri sbagli.
Lerrore è il motore della crescita della conoscenza,
esso è limmane potenza della ricerca e la metodologia
scientifica è un articolato insieme di prescrizioni miranti
alla scoperta dellerrore che puntano a tenere in stato
dassedio ogni teoria controllabile e per questo non bisogna
cadere nella tentazione di proteggere lerrore.
La via dellerrore è la medesima di quella della
verità visto che tutta la nostra conoscenza è
ipotetica e congetturale.
Attendibilità delle conoscenze mediche
I medici nella pratica clinica hanno di fronte a sé un
soggetto originale che solo parzialmente risponde a dei criteri
o caratteristiche di una popolazione media.
Il fattore di rischio è infatti un concetto probabilistico
che attiene a un aggregato di individui e non immediatamente
al singolo individuo. Anche la più precisa strategia
dellindividuazione dei sottogruppi di popolazione o la
stratificazione del rischio individuale per valutare meglio
quello globale non è in grado di dare certezze.
Con questo individuo originale le teorie e le pratiche
mediche correnti vanno sperimentate e soppesate con attenzione.
La principale fonte di errore consiste proprio nel non considerare
lindividuo e la propria storia come elementi che ci costringono
ad una indagine minuziosa prima durante e dopo latto medico
in quanto trattasi di un intervento che, seppur protetto dallautorevolezza
dellEBM, linee guida, Consensus conference, si configura
in parte come sperimentale e richiede quindi cautele e procedure
simili. Daltra parte anche il principio del consenso sembra
insufficiente come criterio di validazione.
Lancet fu tra le prime riviste scientifiche a evidenziare che
circa il 70% degli studi sperimentali di comparazione pubblicati
sulle riviste scientifiche possedeva una debole significatività
statistica ed era quindi discutibile.
Di recente sul BMJ sono comparsi altri articoli che mostravano
come lindustria farmaceutica sottoponga per la pubblicazione
soprattutto studi positivi (cioè che dimostrano un progresso
rispetto al presente esponendo nuove molecole o procedure come
più vantaggiose delle precedenti) e Jama (2004) afferma
che per questo motivo solo la metà degli studi clinici
condotti negli ultimi 56 anni sono stati riportati in letteratura.
Molteplici infatti possono essere le forme di condizionamento
dellesito di una ricerca, si possono adottare degli end
point favorevoli, selezionare i pazienti o utilizzare pazienti
i cui risultati non siano trasferibili (per esempio, la maggioranza
degli studi ha come primo criterio di esclusione letà
maggiore di 70 anni), scegliere farmaci di controllo meno efficaci
o non pertinenti, adottare protocolli già predisposti,
usare dosaggi differenti nelle ricerche, ecc..
Il medico, già costretto a un aggiornamento continuo
per una preparazione che va in obsolescenza dopo appena 10 anni,
si ritrova così a dovere percorrere la strada difficile
della valutazione delle fonti di informazione non solo dal punto
di vista clinico, ma anche statistico.
Dal punto di vista epistemologico quindi appare necessaria nella
pratica medica quotidiana, un utilizzo costante dellinduzione
e deduzione in versione falsificatoria nei confronti di ogni
teoria prodotta dagli studi scientifici, nel senso che teorie,
ipotesi o linee guida nel momento del trasferimento sul paziente
devono essere accuratamente vagliate allo scopo di rilevarne
crepe ed errori, passando dallEBM alla medicina basata
sul sospetto e sulla ricerca clinica.
Come affrontare lerrore medico
Alcuni responsabili del sistema di qualità aziendale
di Asl si stanno muovendo con lorganizzazione di un sistema
di segnalazioni di risk management ospedaliero nel quale si
testa, attraverso schede di segnalazione degli eventi (incident
reporting) anonime e spontanee degli operatori, un sistema per
monitorare i rischi delle realtà operative e individuare
strumenti e strategie di gestione.
Tale risk management fondato su metodi scientifici di raccolta
dellerrore medico potrebbe indurre unorganizzazione
in grado di segnalare le aree di maggior criticità e
i fattori umani e tecnologici che determinano più frequentemente
levento avverso.
Ma questo sistema, a detta degli stessi propugnatori, pur essendo
assai puntuale nellidentificazione delle aree specifiche
di rischio è scarsamente affidabile per la costruzione
di profili di rischio su base statistico-epidemiologica dato
che la segnalazione in cartella degli eventi nella loro sperimentazione,
secondo recenti indagini, risulta solo nel 31% dei casi.
Una possibile soluzione a questo problema è il ricorso
ad altre fonti di informazione quali lanalisi delle complicanze
nelle cartelle cliniche, i reclami pervenuti allURP (Ufficio
Relazioni Pubbliche) e di più si potrebbe ottenere con
una scheda anonima di segnalazione di soddisfazione da far compilare
alla dimissione del paziente.
Lincident reporting però presenta dei limiti perchè
gli errori, così analizzati, sono solo gli outcomes (esiti),
la punta delliceberg, di un processo che in quanto produttore
di eventi avversi è un processo difettoso o troppo complesso.
Lanalisi sulla qualità dei processi invece che
sugli esiti renderebbe più facile la discussione di un
fenomeno che fatica a venire a galla e inoltre permetterebbe
a qualità e sicurezza di essere organizzate assieme.
La possibilità di errore infatti aumenta nelle situazioni
critiche: quindi analizzare e modificare le situazioni a rischio,
attraverso lidentificazione dei setting difficoltosi,
dei problemi ad essi correlati e dei near-misses (i quasi errori
o errori senza conseguenza clinica) che ne conseguono, anticipa
e riduce le possibilità di eventi avversi.
Le pratiche di gestione del rischio clinico rientrano in questo
modo in una strutturazione della più ampia clinical governance
dei processi sanitari che cresce utilizzando i problemi come
opportunità e motore di miglioramento della risposta
assistenziale.
Alcune delle situazioni critiche nelle quali il rischio di sbagliare
è più alto riguardano degli step ben precisi del
processo di cura e di assitenza: diagnosi, terapia e compliance,
disease management, organizzazione di sistema (Ssn, Ssr, Asl)
etica.
Errore di diagnosi
Questo errore è dipendente dalle fonti di informazione,
dalla metodologia dellindagine clinica, da fattori dipendenti
dal medico, dal paziente o dal setting di visita.
1 Fonti di informazione
A. Incomprensione del malato.
B. Referti strumentali malpredisposti, errati o incompleti o
indagini diagnostiche impraticabili (nella medicina di laboratorio,
per esempio mentre lerrore analitico è confinato
in percentuali modeste fra il 7 e il 14%, nelle fasi pre e post
analitica si osservano percentuali di errori ben più
rappresentative e variabili fra un minimo del 32% e un massimo
del 68.2%).
C. Diagnosi precedenti incomplete o errate.
D. Situazione epidemiologica fuorviante.
E. cartella clinica o lettere di dimissioni incomplete o non
orientate per problemi e carenti nella mappa dei rischi clinici.
2 Dipendente dalla metodologia dellindagine clinica
A. Visita affrettata per scarsità di tempo.
B. Anamnesi ed esame obiettivo incompleti.
C. Visita troppo precoce.
D. Disattenzione ai sintomi discordanti.
E. Disattenzione ai red flags (segni o sintomi di allarme per
patologie urgenti o gravi).
F. Mancato approfondimento del problema con controlli, esami
o consulenze.
G. Assenza di monitoraggio nel tempo.
H. Strumentazione da ambulatorio non pertinente.
I. Riferimento a modelli di malattia statici e non probabilistici.
L. Cattivo uso della logica deduttiva.
3 Dipendente dal medico
A. Stanchezza per il troppo lavoro (turni prolungati o gravosi,
pochi riposi ecc).
B. Stato di stress psicologico (burn out).
C. Indisponibilità o eccesso di empatia (mancanza della
giusta distanza emotiva).
D. Deficit visivi, auditivi e altri deficit.
E. Incapacità di strutturare un rapporto collaborativo
(empowerment) col paziente.
F. Differenza culturale.
G. Aggiornamento insufficiente, bagaglio o riferimenti culturali
obsoleti (i testi di medicina clinica per esempio dovrebbero
essere eliminati dopo 7-10 anni dalla data di pubblicazione).
H. Atteggiamento autoritario o acquiescente.
I. Tendenza a dare valutazioni al di fuori della propria competenza.
L. Incapacità a costruire dei percorsi diagnostici terapeutici
integrati con gli specialisti.
M. Poca propensione a seguire le linee guida presenti in letteratura
o adesione rigida alle stesse.
N. Inesperienza (per esempio assenza di tutoraggio per i neolaureati).
O. Rarità della malattia o poca consuetudine al suo
trattamento.
4 Dipendente dal paziente
A. Ipocondriaco.
B. Depresso o ansioso.
C. Svalutante (per personalità o per rapporto di fiducia
compromesso).
D. Con rapporto affettivo preesistente (parenti o amici).
E. Con incomprensione linguistico-culturali.
F. Con disturbi della memoria.
G. Con bassa scolarità.
H. Non collaborante (passivo).
I. Paziente non noto.
L. Privo di documentazione clinica
5 Dipendente dal setting
A. Presenza di un famigliare non idoneo.
B. Consulto in luoghi non idonei (bar, telefono, per strada,
in corridoio, ecc.).
C. Sede di consultazione disturbata (rumore, interruzioni ecc.).
D. Sala dattesa piena.
E. Presenza di tirocinanti o infermiera.
F. Accoglienza non cortese.
Il bias emozionale e la strutturazione del rapporto a due
Già dagli anni cinquanta Balint nel suo interessante
percorso scoprì che il farmaco più frequentemente
usato in medicina generale era il medico stesso, ma che fosse
inquietante constatare lassenza completa di letteratura
su controindicazioni, effetti avversi precauzioni duso
di tale farmaco.
Nella situazione attuale di evoluzione verso la Patient Based
Medicine una corretta strutturazione del rapporto tra medico
e paziente è quantomeno necessaria.
Il rapporto medico-paziente è un corpo a corpo
e la visita fisica è uno strumento di contatto che necessità
di una giusta distanza affettiva.
I binari del proprio lavoro sono spesso gli strumenti più
utili ad una giusta distanza: di luogo (ambulatorio, camice,
pazienti in attesa, infermiera, ecc.), di tempo (orari, appuntamenti,disponibilità
a termine), di équipe (consulenza, passaggio in cura,
esami, ecc.).
Il paziente provoca nel medico le emozioni più varie,
ciò rientra nellalveo del rapporto empatico necessario
alla cura, ma è importante che queste emozioni (transfert)
siano riconosciute e gestite dal medico per capire cosa a sua
volta trasmette.
La perdita della giusta distanza o lonesta ammissione
del proprio status psicologico personale di non riuscire a gestire
lirritazione o lansia di certi pazienti e di certe
situazioni consiglia la delega della cura ad altri che possano
seguirli più tranquillamente senza pregiudiziali.
Errore di compliance farmacologica
Solitamente su una visita di 20 minuti, meno di un minuto è
dedicato al comunicare ai malati i dati relativi alla loro malattia
e al trattamento proposto.
Le conseguenze di questo comportamento dei medici sono che il
50% dei malati non comprende la durata della terapia, il 23%
lo scopo, il 17% la frequenza.
Assai di rado poi sono analizzate col paziente le possibili
interazioni o effetti collaterali dovuti a particolarità
individuali e sociali o psico sociali.
1 Per particolarità individuali
A. Sensibilità di metabolizzazione al farmaco (anziani,
bambini, polipatologia).
B. Allergie e/o intolleranze.
C. Interazioni farmacologiche (politerapia). Si è calcolato
che la frequenza di una reazione avversa da farmaci è
pari al 6% quando vengono assunti 2 farmaci, al 50% quando vengono
assunti 5 farmaci e di circa il 100% quando sono assunti 8 o
più farmaci.
2 Per particolarità sociali o
psico-fisiche
A. Incomprensione delle modalità di assunzione: disturbi
della memoria; incomprensione linguistica; ansietà nel
momento delle spiegazioni; spiegazioni troppo tecniche; posologia
troppo complessa; posologia non scritta.
B. Incapacità psicofisica a una assunzione corretta.
C. Assenza di care giver (familiari disponibili).
D. Depressione.
E. Crisi del rapporto fiduciale (non convinzione della diagnosi
o della terapia prescritta, approccio sentito come farmacologicamente
aggressivo, disinteresse degli stili di vita del paziente, ecc.).
F. Farmaci a pagamento (non erogati dal Ssn) o soggetti a ticket.
G. Paura di perdere il controllo della propria vita.
H. Problema non risolvibile dalla sola terapia farmacologia.
Errore di disease management
Insufficiente addestramento 1 dei familiari
o del paziente (empowerment)
A. Mancata alleanza e collaborazione con i familiari o con
il paziente (patnership).
B. Insufficiente addestramento del personale paramedico o personale
nuovo.
C. Mancata considerazione degli handicap del paziente (scolarità
bassa, ansia, età avanzata, solitudine, scarse possibilità
economiche, ecc.).
D. Relazioni insufficienti con gli specialisti consulenti o
con il personale paramedico.
E. Ignoranza dei tempi di attesa di consulenze o esami.
F. Ignoranza della qualità di consulenze o esami.
G. Indisponibilità ai contatti in caso di necessità.
Errore di organizzazione di sistema
Il
macrosistema in cui operiamo è lassetto del SSN
a sua volta diviso in sistemi regionale, aziendali che comprendono
lorganizzazione del servizio locale erogato, e insieme
rappresentano la strutturazione delle interazioni e delle collaborazioni
prese in esame:
difficoltà di accesso a esami o consulenze per
orario o per le liste di attesa;
carico di lavoro eccessivo (le carenze di staff e una
turnazione prolungata sono la prima causa di incidenti in sanità
con circa il 36% di errori in più).
mancata trasmissione tra medici di informazioni o informazioni
incomplete nel momento di passaggio del paziente: scrittura
illeggibile per grafia o per abbreviazioni; chiarezza insufficiente
della logica della prescrizione; prescrizione imprecisa o incompleta;
non chiarezza su ruoli o responsabilità: mancata
presa in carico assistenziale o per il completamento diagnostico-terapeutico;
prescrizione acritica di esami o farmaci; non esecuzione delle
prescrizioni diagnostico-terapeutiche;
mancato monitoraggio sia in fase di malattia che in stato
di benessere (screening);
percorsi assistenziali inesistenti o malorganizzati;
ridotto lavoro o confronto in équipe (audit clinici,
gruppi operativi integrati);
mancata strutturazione della verifica di qualità
e della sicurezza;
modificazione recente di organizzazione e mancata informazione
agli operatori delle variazioni;
mancato sviluppo degli indicatori di performance, di
qualità e di sicurezza;
mancata partecipazione dei cittadini nella progettazione
delle attività sanitarie;
assenza di una formazione continua strutturata e mirata;
gestione economica irrazionale;
rilevazione dei bisogni sanitari insufficiente;
circolarità complementare non praticabile fra
servizi e operatori per le urgenze.
Errore etico
Dire
la verità al paziente |
Una
comunicazione troppo schietta sui margini di errore provoca
certamente ansia, incertezza, perdita di controllo, perdita
di fiducia e questo ha rappresentato uno dei motivi per
cui il medico è stato sempre restio a fornire spiegazioni
troppo esaustive o difficile comprensione. La presenza di
questi problemi però non giustifica la mancanza di
consenso informato ma solo una diversa strategia di comunicazione.
È stato valutato in contesti sperimentali come la
diversa modalità di presentazione, definita come
effetto cornice, modifichi laccettazione di una procedura
o più in generale le decisioni dei pazienti, per
esempio lo stesso rischio può essere presentato in
termini di sopravvivenza oppure di mortalità
con grande differenza della percezione.
Unanalisi attenta del rischio clinico individuale
supportata
da unindagine famigliare e sociale di tutti gli elementi
che possono pesare nella ponderazione di un rischio e
la collaborazione di una scelta così importante per
il paziente conducono ad una presa in cura globale che può
influire positivamente sugli esiti dellintervento
e potenziare
le sue possibilità di reagire agli imprevisti. |
Molti
sono gli elementi di criticità che possono indurre a
un errore di carattere etico.
1. Accanimento diagnostico o terapeutico su patologie o classi
di età poco suscettibili di miglioramento.
2. Mancata presa in carico per patologie irreversibili.
3. Incapacità a prospettare gli obiettivi positivi raggiungibili.
4. Mancata comunicazione dei rischi benefici di un intervento
diagnostico o terapeutico.
5. Mancata comunicazione breve sui comportamenti a rischio.
6. Mancata comunicazione strategica nei soggetti disponibili
a modificare i propri comportamenti a rischio.
7. Mancato invio a consulenza o luogo di cura più idoneo
alla migliore risoluzione del problema e mancata informazione
sullinadeguatezza di una struttura.
8. Non conseguimento degli standards di qualità delle
cure previste per ogni patologia.
9. Spreco di risorse pubbliche e private.
10. Non rispetto della privacy.
11. Tagli di risorse indiscriminati.
12. Conflitto di interessi con la salute del proprio paziente.
13. Non comunicazione degli effetti avversi (ADR) da farmaci.
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