M.D.
numero 2-3, 1 febbraio 2006
Dialoghi
clinici
Ansia e depressione: dalla diagnosi alla terapia
Medicina Generale a cura di: Giovanni Filocamo,
Medico di famiglia, Milano Responsabile Dipartimento Neuroscienze
AIMEF
Specialistica a cura di: Ferdinando Pellegrino, Psichiatra,
Direttore Unitą Operativa Salute Mentale Asl Salerno 1, Costa
d¹Amalfi
La
diversità tra medicina generale e specialistica può
essere fattore di arricchimento della pratica medica, se
a prevalere è il momento dialogico, allinsegna
della complementarietà, focalizzata sulle esigenze
concrete che la gestione di una problematica fa emergere
nella quotidianità.
M.D. propone, di volta in volta, un confronto tra le due
discipline, fatto di domande precise e di risposte condivise. |
Lansia e la depressione rappresentano da sempre patologie
che, anche se presenti in modo rilevante nella popolazione generale,
spesso non vengono riconosciute, con conseguente mancanza di
trattamento. Ciò può essere dovuto a una serie
di fattori, non sempre di facile identificazione e gestione.
È importante che il medico di famiglia riesca a sviluppare
unadeguata attività preventiva nei confronti di
questi disturbi e larma più importante che ha a
disposizione è la relazione e la sua capacità
di instaurare un efficace rapporto medico-paziente
Qual
è la prevalenza dei disturbi ansioso-depressivi in Italia
e in Europa?
Si legge sul Piano sanitario nazionale 2003-2005 che nellarco
di un anno il 20% circa della popolazione adulta presenterà
uno o più disturbi mentali elencati nella Classificazione
Internazionale delle Malattie dellOrganizzazione Mondiale
della Sanità. Tra i disturbi mentali più
frequenti vi sono i disturbi dansia, il cui tasso di prevalenza
supera il 15%, con un incremento degli attacchi di panico e
delle forme ossessivo-compulsive. La depressione nelle sue varie
forme cliniche colpisce tutte le fasce detà e il
tasso di prevalenza supera il 10%. Spesso depressione e disturbi
dansia coesistono.
Più nello specifico i dati internazionali (American Psychiatric
Association, 2002) indicano che le percentuali di prevalenza
lifetime del disturbo di panico (con o senza agorafobia) risultano
in campioni comunitari pari al 3.5%; la maggior parte degli
studi ha rilevato percentuali fra l1% e il 2%. Le percentuali
di prevalenza in un anno sono fra lo 0.5% e l1.5%.
In un campione di comunità la prevalenza in un anno per
il disturbo dansia generalizzato è pari al 3% e
la prevalenza nel corso della vita è del 5%.
La prevalenza nel corso della vita del disturbo distimico (con
o senza disturbo depressivo maggiore sovrapposto) è approssimativamente
del 6%.
Il rischio nel corso della vita per il disturbo depressivo maggiore
in campioni di comunità varia dal 10% al 25% per le donne
e dal 5% al 12% per gli uomini. La prevalenza per il disturbo
depressivo maggiore negli adulti in un campione di comunità
varia dal 5% al 9% per le donne e dal 2% al 3% per gli uomini.
Più recentemente i dati preliminari di unindagine
condotta in sei Paesi europei hanno evidenziato che circa l8%
delle persone in Italia e il 10% in Europa ha soddisfatto, negli
ultimi 12 mesi, i criteri diagnostici per almeno un disturbo
mentale o da abuso/dipendenza di alcol.
I disturbi dansia sono i disturbi più comuni (circa
il 7% in Italia e il 9% in Europa); tra essi il gruppo di disturbi
più frequenti è rappresentato dalle fobie semplici
e dalla fobia sociale (rispettivamente circa il 3% e l1%
di prevalenza a un anno, sia in Italia sia in Europa).
I disturbi affettivi si riscontrano nel 4% circa in Italia e
nel 5% in Europa. Le donne presentano tassi 3-4 volte più
elevati degli uomini.
Considerazioni
In sintesi, indipendentemente dai numeri è possibile
osservare e considerare:
-
i disturbi mentali sono frequenti, incidono molto sulla qualità
della vita e compromettono talvolta in modo stabile la funzionalità
globale del soggetto;
- in
particolare lansia e la depressione rappresentano, nella
molteplicità delle manifestazioni cliniche, i disturbi
di maggiore rilievo;
- molto
frequenti sono le condizioni di comorbidità (ansia e
depressione, depressione e attacco di panico, depressione e
disturbo ossessivo-complusivo) e ciò rende particolarmente
difficile le indagini epidemiologiche;
- molto
spesso questi disturbi non vengono riconosciuti o vengono individuati
quando hanno raggiunto unelevata gravità e strutturazione.
Quali
sono le possibili cause del mancato riconoscimento di tali disturbi?
Il paziente
La superficialità con cui spesso i mass media trattano
questi argomenti, fornendo informazioni insufficienti dal punto
di vista scientifico, se non addirittura distorte, sono un problema
importante. Spesso si confonde lansia normale o la comune
demoralizzazione con lansia e la depressione che hanno invece
caratteristiche di disturbo e di malattia. Si minimizza la gravità
di queste patologie o vengono ribaltate alla cronaca (quando vi
sono episodi di omicidi/suicidi) alimentando lo stigma nei loro
confronti, con un effetto devastante sulla psicologia delle persone
che vedranno nei centri di salute mentale o negli psichiatri il
luogo della follia. Altre volte si demonizzano i
farmaci, con leffetto che alcuni pazienti, anche se affetti
da gravi quadri depressivi, sospendono allimprovviso la
terapia, esponendosi così a un aumentato rischio di suicidio
o alla strutturazione della depressione in un quadro di maggiore
gravità clinica.
Allo stesso modo il paziente non accetta di buon grado lidea
di avere un disturbo psichico, non accetta lidea
di potere avere bisogno di aiuto e ciò comporta che difficilmente
consulterà un medico per la propria condizione di disagio
psichico.
Un altro fattore da considerare è la frequente mancanza
di consapevolezza da parte delle persone rispetto alle proprie
emozioni e alla propria sofferenza. Tale difficoltà, nota
con il termine alexitimia, è la base della somatizzazione;
molti quadri depressivi o ansiosi si manifestano infatti con sintomi
somatici (stanchezza, cefalea, disturbi gastrici, ecc) e difficilmente
il paziente accetta una diagnosi psichiatrica. Rilevante per esempio
negli ultimi anni laccrescere del consumo da parte delle
donne di analgesici per mal di testa, o di farmaci per disturbi
gastrointestinali o laumento del consumo di alcolici.
Alcuni studi hanno dimostrato come ciò possa essere legato
a un maldestro tentativo di automedicazione per contenere vissuti
depressivi o ansiosi non riconosciuti come tali.
Tabella
1 - Depressione in medicina generale |
Sintomi
di presentazione
- Il
paziente può presentarsi inizialmente per uno o
più sintomi fisici (dolore, affaticamento) o comportamentali
(irritabilità)
- Alcuni
soggetti sono più a rischio (puerpere, recente
ictus, soggetti con malattia di Parkinson o sclerosi multipla)
Caratteristiche
diagnostiche
- Abbassamento
del tono dellumore o tristezza
- Perdita
della capacità di provare interesse o piacere
- Spesso
sono presenti i seguenti sintomi associati:
disturbi del sonno, senso di colpa, affaticamento, agitazione
o rallentamento dei movimenti e delleloquio, disturbi
dellappetito, scarsa concentrazione, ansia, nervosismo
Diagnosi
differenziale
- Se
sono presenti allucinazioni, deliri, prendere in considerazione
le psicosi (invio allo psichiatra)
- Se
il paziente ha una storia di episodi maniacali, prendere
in considerazione la sindrome bipolare (invio allo psichiatra)
- Alcuni
farmaci possono produrre sintomi depressivi
OMS.
Linee guida per la diagnosi e la gestione dei disturbi mentali
nella medicina generale. 1997, mod.
|
Il
medico
A tutto ciò va aggiunta la non sempre pronta capacità
del medico di cogliere il reale malessere delle persona e di formulare
in tempi precoci la diagnosi di un quadro ansioso e/o depressivo
(tabella 1).
La mancanza di formazione in tale ambito, già a partire
dalluniversità, è forse una delle principali
cause di questo fenomeno. Evidentemente occorre uno sforzo maggiore
in questo senso.
In questo senso i corsi ECM stanno dando nuovi strumenti ai medici:
in una recente indagine sui fabbisogni formativi dei medici condotta
in Lombardia dal Dipartimento di Neuroscienze dellAIMEF
su un campione di Mmg del Distretto 2 di Milano è stato
evidenziato come vi sia la richiesta di un maggiore impegno nei
percorsi formativi rispetto alle patologie dello spettro ansioso-depressivo.
Si nota inoltre come vi sia una maggiore sensibilità verso
problematiche emergenti, come i disturbi della condotta alimentare,
che sono comunque correlate a una condizione di malessere generale
della persona.
Per il futuro, limpegno maggiore sarà anche verso
quei quadri depressivi e ansiosi in comorbidità con patologie
organiche. Ci si dovrà occupare sempre di più della
salute residua; molte patologie organiche, un tempo mortali, oggi
consentono una lunga sopravvivenza, anche se spesso accompagnata
da limitazioni funzionali o da una riduzione della qualità
della vita. Linsorgenza in tali ambiti (depressione nel
paziente infartuato, nel post-ictus cerebrale, nel paziente neoplastico,
nella sclerosi multipla, ecc) di quadri psichiatrici comporta
la necessità di un loro precoce riconoscimento e trattamento.
Tabella
2 - Domande per individuare la depressione |
- Si
sente oppresso o scoraggiato?
- Qualche
volta desidera piangere?
- Trae
piacere da certe cose?
- Ha
meno iniziativa nel lavoro e nel tempo libero rispetto
a qualche settimana o qualche mese fa?
- Ha
gli stessi interessi di prima per gli eventi quotidiani,
per esempio per i giornali, la televisione o la radio?
- I
suoi hobby le procurano lo stesso piacere di prima?
- Lei
si considera una persona fallita?
- Rimprovera
spesso se stesso?
- Prova
sensi di colpa o di inferiorità?
- Guarda
al futuro in modo più pessimistico di prima e talvolta
ha la sensazione che tutto sia inutile?
- Si
trova costretto, volente o nolente, a pensare continuamente
a cose tristi?
- Trova
difficoltà a prendere decisioni?
- Ha
meno contatti di prima con amici e parenti o si sente
trascurato da loro?
- Dorme
peggio di prima? Ha difficoltà ad addormentarsi?
- Riesce
a dormire fino al mattino? Si sveglia presto?
- Ha
meno appetito? Ha perso peso, e soffre di stipsi?
- Ha
difficoltà sessuali?
Il
paziente che somatizza spesso maschera i vissuti depressivi;
queste domande, tese a valutare la percezione del paziente
rispetto al valore della vita (tonalità affettiva)
possono aiutare il clinico ad individuare il nucleo depressivo.
Luban-Plozza
B et al. Il malato psicosomatico e la sua cura. Astrolabio,
Roma 1992
|
Tutto
ciò è ben compreso dal medico di famiglia che vuole
essere oggi più attento nel riconoscimento della depressione
(tabella 2), consapevole che ciò comporta una migliore
definizione del rapporto medico-paziente, una migliore possibilità
di gestione dei quadri clinici con cui ogni giorno si ritrova
a doversi confrontare.
Il 20-30% dei pazienti che afferisce alle cure primarie riferisce
sintomi psicologici e/o fisici senza un preciso inquadramento.
Quale è il più corretto
approccio a questo tipo di pazienti?
Fare
diagnosi differenziale non è sempre semplice. Alcuni sintomi
psichici possono essere espressione di una patologia organica,
ma anche luso di alcuni farmaci possono dare luogo a una
sintomatologia psichica, come le allucinazioni da somministrazione
di digitale. È pertanto importante considerare che la diagnosi
di un qualsiasi disturbo psichico, compresa lansia e la
depressione, deve essere una diagnosi di esclusione e che quindi
è necessario avere una panoramica completa delle condizioni
organiche del paziente.
Recentemente ho rilevato la presenza di un meningioma in una paziente
trattata da circa due anni con antidepressivi (lamentava ipostenia,
stanchezza psichica, mancanza di energia e interesse). Lasportazione
del meningioma ha comportato una completa risoluzione della sintomatologia.
Molto spesso le patologie organiche possono coesistere con i disturbi
psichici, come nel caso di un quadro depressivo associato allipotiroidismo.
In definitiva la realtà clinica deve far riflettere sulla
necessità da parte del clinico di una maggiore sensibilità
verso i disturbi psichici, in modo da poterli riconoscere e trattare
in modo adeguato, e soprattutto una maggiore dimestichezza in
termini di diagnostica differenziale.
Quali condizioni mediche possono generare uno stato ansioso-depressivo?
Un dato certamente importante è che rispetto alla popolazione
generale i soggetti affetti da patologie organiche, soprattutto
se croniche e invalidanti, presentano una maggiore prevalenza
di disturbi psichici, stimata complessivamente intorno al 24.7%,
con percentuali che nello specifico di alcune aree risultano ancora
superiori, per esempio se si considerano le patologie neurologiche
(37.5%), cardiovascolari (34.6%) o neoplastiche (30.3%), lipertensione
(22.4%), il diabete (22.7%), lartrite reumatoide (25.3%).
Tra i disturbi più frequentemente osservati vi sono la
depressione e lansia, nella molteplicità delle loro
possibili manifestazioni cliniche, la somatizzazione, labuso
di sostanze e il delirium.
I dati, oltre a confermare la presenza rilevante di quadri depressivi
in medicina generale e la maggiore prevalenza di quadri depressivi
in soggetti affetti da patologie organiche, suggeriscono lopportunità
di ritenere lindagine psichica parte integrante dellesame
clinico. Non diagnosticare un quadro depressivo impedisce di attuare
idonee terapie, con conseguenze negative per il paziente.
Qual è il ruolo della predisposizione familiare?
Alcune forme di depressione, in particolare il disturbo bipolare
(in passato conosciuto come psicosi maniaco-depressiva) hanno
indubbiamente una maggiore impronta genetica e parlare di prevenzione
appare estremamente difficile, in quanto le variabili extracliniche
(clima familiare, ruolo sociale, status economico, tipologia di
attività lavorativa, eventi della vita) sono a volte determinanti
e non è possibile riuscire a gestirli.
A mio avviso il nocciolo del problema è quello di essere
in grado di pervenire a una diagnosi precoce di questi disturbi
nelle popolazioni a rischio. Per il Mmg riuscire a cogliere i
primi segni di disagio, di manifestazione della malattia in un
soggetto con familiarità positiva per disturbo bipolare,
consente di potere intervenire in modo precoce ed efficace. Certamente
negli ultimi anni la maggiore sensibilità verso queste
problematiche ha consentito di trattare molti pazienti in modo
precoce e adeguato, riuscendo a incidere in modo determinante
sullevoluzione della malattia. Lintervento precoce
consente infatti di limitare i danni conseguenti allimpatto
dei quadri depressivi o maniacali, ma anche di qualsiasi altra
patologia psichiatrica, consentendo al paziente di condurre una
vita normale.
Per il futuro è auspicabile una collaborazione tra medici
di famiglia e psichiatri territoriali che consenta di attuare
specifici programmi educazionali per il riconoscimento precoce
di queste patologie.
Quali sono le caratteristiche ideali di uno psicofarmaco?
Il farmaco ideale non esiste. Esistono invece una serie di molecole,
raggruppate per classi, efficaci nella cura della depressione
e dellansia. Ogni classe ha il proprio profilo di efficacia
e di tossicità, per cui occorre che il medico conosca bene
le singole molecole che si trova a utilizzare per il singolo paziente.
La conoscenza delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche
di ciascun farmaco rappresenta la premessa che consente di utilizzare
la molecola in modo ottimale.
Particolare attenzione va inoltre rivolta alle condizioni fisiche
del paziente e al rispetto delle indicazioni e delle raccomandazioni
duso della molecola. Il dosaggio va adattato al singolo
paziente: per esempio la presenza di uninsufficienza epatica
comporta alcune precauzioni, alcuni farmaci possono comportare
più problematiche a livello cardiovascolare (come i triciclici),
altri a livello gastrico (gli SSRI), altri ancora possono indurre
un innalzamento della prolattina o un incremento ponderale. Insomma,
ogni farmaco ha una propria specificità che non può
essere ignorata.
Inoltre è importante sottolineare la necessità di
conoscere anche le interazioni con altre molecole, in quanto è
frequente nella pratica clinica la necessità di associare
farmaci diversi, come anticoagulanti e antidepressivi, ipoglicemizzanti,
antipertensivi e antidepressivi. Per quanto possibile è
necessario contenere le politerapie, soprattutto non è
razionale lutilizzo di più antidepressivi contemporaneamente
ed è altrettanto importante evitare luso di più
stabilizzanti del tono dellumore o lassociazione di
più molecole di benzodiazepine.
È frequente losservazione di prescrizioni non razionali,
ovvero basate su criteri empirici, non corrispondenti ai livelli
di evidenza proposti dalle linee guida, dalla
letteratura nazionale e internazionale: ciò non appare
più giustificabile.
Una considerazione a parte merita anche la possibilità
di interazioni con prodotti fitoterapici, spesso ritenuti impropriamente
innocui, come liperico, che possono provocare importanti
interazioni con altri farmaci.
Infine cè da ricordare che nel momento in cui si
decide di utilizzare un farmaco è importante utilizzarlo
ai dosaggi consigliati. Molte forme di ansia e depressione resistenti
al trattamento in realtà sono legate allutilizzo,
senza giusta motivazione, di farmaci a dosaggi non terapeutici.
È un errore di frequente osservazione, più volte
richiamato negli studi clinici, che compromette lefficacia
stessa del trattamento.
Quando è opportuno iniziare la terapia medica in un paziente
che riferisce disturbi ansioso-depressivi?
Per la diagnosi di disturbo dansia o depressivo sono essenziali
due parametri: la presenza di sintomi dello spettro ansioso-depressivo
e la loro significatività clinica. Quando la sintomatologia
ha (o sta per avere) una valenza clinica (per esempio induce il
paziente a rivolgersi al medico, non consente al paziente di continuare
a lavorare, ecc) non esiterei a iniziare il trattamento. Tuttavia,
esistono una serie di considerazioni derivanti dalla letteratura
in merito al momento di inizio del trattamento. Alcuni autori
suggeriscono di attendere se ci si ritrova di fronte a disturbi
di lieve entità, altri consigliano di iniziare il trattamento
sin dai primi sintomi.
A mio avviso non esiste nessuna regola generale, se non la necessità
da parte del medico di capire limportanza del disturbo diagnosticato.
Anche un solo sintomo o pochi sintomi (per esempio depressione
del tono dellumore o scarsa concentrazione, insonnia) se
limitano in modo significativo la funzionalità globale
del soggetto rendono necessario linizio del trattamento.
Lascerei quindi tale decisione al medico, alla sua capacità
di comprendere le esigenze del paziente e la natura della sofferenza,
concordando con lui tale momento e soprattutto evidenziando che
un trattamento per i disturbi dansia o depressivo deve essere
condotto in modo adeguato e per il tempo necessario, spesso superiore
ai 12 mesi.
Lansia e la depressione possono - lo sono spesso - essere
disturbi che tendono ad aggravarsi e a cronicizzare. Un trattamento
precoce è senza dubbio più efficace.
È importante inoltre considerare che il trattamento iniziale
possa essere la proposta di una psicoterapia, che può non
contrapporsi al trattamento farmacologico, ma appare, laddove
indicata, come uno strumento indispensabile per una gestione più
efficace dei disturbi dello spettro ansioso-depressivo.
In pratica alcuni pazienti si giovano del solo trattamento farmacologico,
altri della sola psicoterapia, molti della psicoterapia associata
a una terapia farmacologica.
Una volta iniziata la terapia farmacologica, quali sono le differenti
fasi del trattamento?
Dal punto di vista della gestione del programma terapeutico, essendo
i disturbi dello spettro ansioso-depressivo spesso pervasivi e
tendenti a cronicizzare, è importante attuare strategie
specifiche, sufficientemente protratte nel tempo.
Nella faseno iniziale, della durata di 6-12 settimane, lobiettivo
principale del trattamento è la remissione del quadro clinico
con completa risoluzione della sintomatologia; successivamente
lobiettivo è quello di ottenere il consolidamentono
dei risultati clinici raggiunti e la loro stabilizzazione temporale,
con un trattamento che può durare fino a 12 mesi.
La presenza allanamnesi di episodi depressivi ricorrenti,
di tentativi di suicidio, di risposte parziali alle strategie
terapeutiche, di episodi depressivi di elevata intensità,
di frequenti e invalidanti riacutizzazioni psicopatologiche fanno
tuttavia prospettare un trattamento a lungo termine, in rapporto
allevoluzione del quadro clinico.
Ciò comporta anche la necessità di attuare, in specifiche
situazioni cliniche, come la frequente ricorrenza di episodi depressivi
maggiori, programmi terapeutici preventivi.
Per alcuni pazienti risulta tuttavia difficile proporre un trattamento
prolungato e lesperienza comune evidenzia un elevato tasso
di drop-out relativo ai soggetti con depressione maggiore.
Può essere opportuno impegnarsi per concordare insieme
la sospensione del trattamento, considerando la particolare pericolosità
della sospensione brusca del farmaco svincolata da qualsiasi controllo
medico. In generale si ritiene raggiunta la guarigione dellepisodio
depressivo dopo una remissione clinica di almeno sei mesi.
Tabella
3 - Problematiche che compromettono la compliance
|
- Sfiducia nei confronti del medico e delle medicine
- Sfiducia nella possibilità di guarigione
- Fallimento di precedenti trattamenti terapeutici
- Una precedente risposta farmacologica parziale
- Comparsa di effetti collaterali fastidiosi
- Associazione di molti farmaci
- Attesa illusoria che il trattamento sortisca un effetto
terapeutico immediato
- Comune convinzione che gli psicofarmaci fanno
male o che la psicoterapia non serve a niente
- Costo della terapia
- Timore infondato che la terapia, una volta iniziata,
debba durare tutta la vita
|
Uno
degli errori più frequenti che viene commesso è
quello della sospensione precoce del trattamento antidepressivo
da parte del paziente (tabella 3). È pertanto importante
informare dallinizio il paziente sulla necessità
che un trattamento antidepressivo abbia una durata adeguata e
che non si deve assolutamente sospenderlo senza consultare il
medico.
Una terapia ben condotta, e per il tempo sufficientemente necessario,
consente di ottenere i risultati desiderati e di prevenire la
ricorrenza degli episodi depressivi o ansiosi.
In ogni caso è bene inviare il paziente allo psichiatra
quando il primo ciclo di terapia non sortisce buoni risultati,
quando la sintomatologia è di elevata gravità, quando
gli episodi psicopatologici tendono a ripresentarsi con maggiore
frequenza.
Quando possibile, è opportuno indirizzare il paziente a
un percorso psicoterapeutico che miri a rafforzare le naturali
difese psicologiche dellindividuo in modo da migliorare
la sua capacità di affrontare il percorso di malattia e
gli eventi della vita.
Qual è il ruolo degli stabilizzanti dellumore?
Questo gruppo di farmaci, in primis litio, carbamazepina, acido
valproico, hanno limportante funzione di stabilizzare
il tono dellumore. La depressione, considerata come una
deflessione del tono dellumore, può alternarsi a
stati di euforia o vera maniacalità (disturbo bipolare,
noto anche come psicosi maniaco depressiva) e viceversa.
Vi sono soggetti in cui la depressione e la mania si alternano
nel corso della vita con particolare frequenza, dando talvolta
luogo a quadri clinici di particolare gravità. Tale alternanza
può non avere una sequenza logica, possiamo assistere a
singoli episodi maniacali o singoli episodi depressivi ricorrenti,
ovvero lalternanza di essi con frequenza e durata variabile.
Lintroduzione in terapia degli stabilizzanti del tono dellumore
tende a ridurre tale ciclicità e a rendere più stabile
la vita del paziente. Si tratta quindi di farmaci molto importanti,
di strumenti efficaci che possono cambiare la storia naturale
della malattia e consentire al paziente di raggiungere risultati
ottimali in termini di qualità di vita.
Lascerei tale trattamento in ambito specialistico, in quanto esso
è legato a patologie di forte impatto clinico (il disturbo
bipolare); il ruolo del medico di famiglia può tuttavia
essere rilevante in quanto tale trattamento richiede un particolare
monitoraggio.
Va infatti eseguito, per la maggior parte dei farmaci utilizzati,
un periodico controllo di alcuni parametri di laboratorio (litiemia,
funzionalità epatica, ecc) e strumentali (ECG), ma soprattutto
- non esistendo una dose standard - il principale parametro di
riferimento per lottimizzazione del trattamento è
proprio la condizione clinica del soggetto, per cui è necessaria
una stretta collaborazione tra medico di famiglia e psichiatra.
Tale collaborazione è tanto più auspicabile se si
considera che la gravità di alcuni episodi maniacali o
depressivi può richiedere la necessità di attuare
un trattamento sanitario obbligatorio. Monitorare il paziente
con attenzione consente nella maggior parte dei casi di limitare
tali episodi.
Quale dovrebbe essere la migliore strategia per controllare il
paziente che assume farmaci antidepressivi?
È fondamentale nella pratica clinica considerare che larma
più importante che il medico ha a disposizione è
la relazione, la sua capacità di instaurare
un efficace rapporto con il paziente.
Il medico, diceva Michael Balint, famoso psicoanalista ungherese,
è egli stesso farmaco e la sua capacità di relazionarsi
al paziente è importante dal punto di vista terapeutico.
La premessa naturale di ogni programma terapeutico è quindi
insita nella capacità del medico di ascoltare il paziente,
le sue esigenze, le sue motivazioni più profonde, la sua
sofferenza. Questa capacità di accoglienza e di ascolto
genera sentimenti di fiducia e di speranza capaci di alimentare
il rapporto e renderlo terapeutico.
In tale contesto la terapia antidepressiva, anzi, qualsiasi terapia,
raggiunge sicuramente una efficacia maggiore ed è molto
più stabile nel tempo.
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