M.D. numero 1, 18 gennaio 2006


Editoriale
Sistema sanitario sotto il segno dell’emergenza

Il 2006 per la Sanità italiana si apre nel segno dell’emergenza: influenza aviaria da un lato e necessità di ripiano della spesa farmaceutica dall’altro.
Il sistema sembra assediato, su un versante lo stringono le dinamiche globali, che lo portano sempre più a confrontarsi con pandemie che corrono veloci sulle tracce delle merci e delle migrazioni, ma anche con i meccanismi demografici generali a cui non è possibile rispondere con un semplice ritocco nei servizi non essenziali o nelle poste di bilancio collaterali.
Dall’altro lato il sistema ha il respiro corto per una crisi di risorse che sembra ormai destinata a diventare cronica, e che sposta da un lato a carico delle imprese, ma dall’altro sulle tasche dei cittadini il peso di un’assistenza un tempo compressa tra le garanzie essenziali assicurate dalla nascita, ma che oggi rischia di diventare, soprattutto in un momento di più generale crisi di potere d’acquisto, causa di impoverimento e di emarginazione sociale in un’ampia fetta di cittadinanza.
La medicina generale, in questo quadro, rischia di diventare il catalizzatore ma anche il rifugio naturale per tutte le nuove tensioni.
È il terminale del sistema più vicino al cittadino, e ad esso sono sempre più affidate funzioni di governo in un quadro di risorse e di scelte che però spesso è deciso e dato ad un livello molto lontano e non intercettabile dalla medicina generale stessa. Stretta tra la naturale solidarietà e la minaccia di revoca, la medicina di famiglia è costretta ad assumere in proprio responsabilità sempre più importanti, senza da un lato poter contare su luoghi agibili, stabili e paritari di concertazione e programmazione, e dall’altro con uno scarso riconoscimento economico e formale del nuovo ruolo. Se per l’emergenza “aviaria” il ministro della Salute Francesco Storace ha messo immediatamente in campo un’unità di crisi, che monitori l’evoluzione dell’epidemia e appronti le risposte più razionali, urgenti, efficienti, ancor più importante ci sembrerebbe la creazione di un’unità di crisi per il sistema sanitario nel suo complesso, che valuti il livello di garanzia e di omogeneità, i Lea, il livello di integrazione e armonizzazione dei livelli istituzionali, tra tensioni neocentriste e un federalismo di fatto compiuto e legittimato costituzionalmente.
Che inoltre determini il livello di finanziamento e la possibilità di reperimento di nuove risorse, con meccanismi di bilancio e di tassazione innovativi ed equitativi, che tirino in campo nuovi soggetti senza rimpallare responsabilità tra pazienti, medici, Asl e aziende farmaceutiche. La tentazione più grande sembra essere quella della scorciatoia “di palazzo” che potrebbe portare a pensare di risolvere problemi di questa portata con un presidio diretto dei diversi livelli istituzionali. Le professioni mediche sono tra le più rappresentate dagli eletti dell’ultimo Ventennio: qualcuno tra medici, pazienti e cittadini in genere se n’è forse accorto?