M.D. numero 38, 14 dicembre 2005

Trial
Insufficienza di vitamina D e fratture
di Livia Tonti

In quasi tutti i pazienti ricoverati per fratture da trauma minimo si riscontra una ipovitaminosi D: è quanto emerge da un recente studio, che fornisce ulteriori elementi di approfondimento sull’importanza di un adeguato apporto di questa vitamina nei soggetti ad alto rischio di fratture

C
onoscere a fondo i meccanismi che intervengono nella fragilità ossea può permettere di acquisire informazioni che consentano di migliorare la gestione di coloro che sono a rischio di osteoporosi e di prevenire, possibilmente, diverse fratture spontanee o da piccoli traumi.
In questo senso, riveste uno spiccato interesse un recentissimo studio di Simonelli et al (Curr Med Res Opin 2005; 21: 1069-74) che arricchisce le informazioni a disposizione sul ruolo svolto in quest’ambito dalla carenza di vitamina D.
L’intento dello studio di Simonelli è stato quello di registrare la prevalenza di casi di insufficienza di questa vitamina in una popolazione adulta ricoverata per fratture dovute a traumi minimi e presumibilmente affetta da osteoporosi, da quanto deducibile sulla base della storia clinica.
Sono stati perciò coinvolti 82 soggetti con più di 50 anni ricoverati consecutivamente per fratture del femore o degli arti in seguito a un trauma minimo.
La concentrazione media di 25(OH)D (25-idrossivitamina D o calcifediolo, metabolitano attivo della vitamina D) è risultata di 14.2 ng/mL, molto più bassa quindi dei 30 ng/mL considerati il valore soglia al di sotto del quale si delinea una condizione di ipovitaminosi.
Presentava concentrazioni di 25(OH)D al di sotto di questo valore il 97.4% dei pazienti, l’81% era al di sotto di 20 ng/mL e 1 su 5 presentava valori addirittura al di sotto dei 9 ng/mL (figura 1), evidenziando come in questa popolazione di soggetti con una propensione alle fratture i livelli di vitamina D siano molto ridotti.
Il ruolo svolto dalla vitamina D nell’assicurare l’assorbimento del calcio con la dieta e la normale mineralizzazione dell’osso è noto da tempo, ma più recentemente sono diverse le evidenze accumulatesi sulla sua importanza nel mantenere la forza muscolare e nel ridurre il rischio di fratture.
I risultati di questo studio, in aggiunta a quanto emerso da altre indagini condotte su popolazioni simili, evidenziano ulteriormente l’importante ruolo della vitamina D nella salute dell’osso, in particolare nel paziente con osteoporosi, e contribuiscono a giustificare quanto emerso da alcuni studi che hanno evidenziato come la supplementazione di vitamina D può contribuire a prevenire le fratture osteoporotiche (Endocr Rev 2002; 23: 560-9) e può aiutare nel processo di riparazione della frattura stessa (Calcif Tissue Int 2004; 75: 183-8).


Le principali fonti di vitamina D
La vitamina D si forma principalmente nella pelle per azione dei raggi ultravioletti. Alla latitudine dell’Italia, è stato calcolato che basterebbe stare all’aperto un’ora al giorno, con almeno mani e viso scoperti, per soddisfare appieno al fabbisogno di questa vitamina. La produzione cutanea può tuttavia essere ridotta dalla melanina (che riduce l’azione dei raggi UV sui precursori della vitamina D presenti nella pelle) e l’invecchiamento (che riduce invece la concentrazione di tali precursori).
Pochi alimenti (soprattutto i pesci grassi come aringhe, sgombri, tonno, salmone, sardine, latterini, alici e, in minore quantità, uovo e fegato) contengono quantità significative di vitamina D, tanto che in alcuni Paesi sono in vendita alimenti “fortificati” con un’aggiunta artificiale di vitamina D. In alcuni casi può essere consigliata, sotto controllo medico, la supplementazione.