M.D. numero 38, 14 dicembre 2005

Trial
Prospettive concrete per il paziente diabetico
di Elisabetta Torretta

Dalle conclusioni dello studio PROactive emergono importanti implicazioni per il trattamento del paziente diabetico ad alto rischio cardiovascolare: è infatti possibile ridurre in modo significativo gli eventi cardiovascolari
grazie all’aggiunta di pioglitazone a una terapia antidiabetica standard


P
ioglitazone appartiene alla classe dei tiazolidinedioni (TZD), farmaci approvati per il trattamento del diabete di tipo 2. Pioglitazone agisce migliorando la sensibilità all’insulina nel fegato, nel muscolo e nel tessuto adiposo. Un numero consistente di studi suggerisce che pioglitazone apporta benefici clinici che vanno oltre il controllo glicemico, migliorando il profilo lipidico e agendo in senso antiaterogeno.
Lo scorso ottobre sono stati pubblicati su Lancet (2005; 366: 1279-89) i risultati dello studio PROactive (Prospective Pioglitazone Clinical Trial in Macrovascular Events), il primo studio che ha dimostrato che un trattamento antidiabetico specifico effettuato con pioglitazone può migliorare significativamente gli outcome cardiovascolari, riducendo o ritardando la comparsa di eventi quali l’infarto miocardico, l’ictus e la morte nei pazienti diabetici ad alto rischio.
Il trial PROactive ha arruolato 5238 pazienti, che sono stati randomizzati a ricevere pioglitazone o placebo in aggiunta a precedenti terapie per il controllo del diabete. I pazienti, di età compresa tra 35 e 75 anni, erano diabetici in media da 8 anni e mostravano evidenze cliniche di almeno uno dei seguenti eventi nei mesi precedenti allo studio: infarto miocardico, ictus, intervento di bypass aortocoronarico, sindrome coronarica acuta, obiettività di coronaropatia o storia di arteriopatia periferica ostruttiva. Il periodo medio di trattamento nel trial è stato di quasi tre anni.
Lo studio si è proposto di valutare l’efficacia del trattamento sulla patologia macrovascolare attraverso degli endpoint predefiniti. L’endpoint primario composito consisteva nel tempo alla comparsa di uno qualunque dei seguenti eventi: morte per tutte le cause, infarto non fatale, sindrome coronarica acuta, necessità di bypass o angioplastica, ictus, amputazione maggiore degli arti inferiori, rivascolarizzazione degli arti inferiori. L’endpoint principale secondario consisteva nel tempo alla comparsa di uno dei tre eventi macrovascolari maggiori, cioè la mortalità per tutte le cause, l’infarto miocardio non fatale, con esclusione delle forme silenti, e l’ictus. Il resto degli endpoint secondari consisteva nella mortalità cardiovascolare e in ognuna delle componenti dell’endpoint primario composito considerate separatamente. I risultati hanno evidenziato la riduzione significativa del 16% dell’endpoint principale secondario (mortalità, infarto miocardico e ictus), mentre è stata registrata una riduzione del 10% dell’endpoint primario, che non ha raggiunto la significatività statistica (figura 1).
Nei pazienti trattati con pioglitazone si è anche osservata una riduzione dell’HbA1c significativamente maggiore rispetto al placebo e pari allo 0.8%, una riduzione del 50% della progressione verso l’impiego di insulina, un miglioramento dello stato dislipidemico (aumento delle HDL dell’8.9%, una riduzione del rapporto LDL/HDL del 5.3%, una riduzione dei trigliceridi del 13.2%) e una leggera ma significativa riduzione della pressione arteriosa.
Di particolare interesse sono i dati relativi al sottogruppo di 2245 pazienti (dei quali 1230 randomizzati a pioglitazone) che avevano avuto un infarto miocardico nei sei mesi precedenti: nel gruppo trattato con pioglitazione si è registrata una riduzione significativa di reinfarto fatale e non fatale del 28% e di sindrome coronarica acuta del 37% rispetto al gruppo placebo. Anche la valutazione di un endpoint composito di mortalità cardiovascolare, infarto non fatale, rivascolarizzazione coronarica e sindrome coronarica acuta ha evidenziato una riduzione significativa del 19% tra i trattati con pioglitazone rispetto al placebo (American Heart Association Annual Meeting; Dallas, 13-16 novembre 2005). Il trattamento è risultato ben tollerato, con percentuali di eventi avversi seri sovrapponibile a quella rilevata con placebo.
Gli autori dello studio concludono sottolineando l’importanza di questo approccio terapeutico, in quanto l’aggiunta di pioglitazone al trattamento standard di 1000 pazienti diabetici ad alto rischio per 3 anni consentirebbe di evitare 21 primi infarti miocardici, morti o ictus.