M.D. numero 38, 14 dicembre 2005

Professione
Le fragilità e il nuovo ACN
di Egidio Giordano, Medico di medicina generale, Lauria (PZ)

Il nuovo Accordo Collettivo per la Medicina Generale mette in campo alcune questioni di ordine professionale, disciplinare, clinico, organizzativo e socio-assistenziale, che pongono una serie di domande, alle quali bisognerà dare delle risposte. Una questione con sicure implicazioni di ordine socio-assistenziale è quella relativa alle fragilità


C
on il termine fragilità si può indicare quella condizione in cui un soggetto è maggiormente esposto a rischio di eventi avversi come morbilità, perdita di autosufficienza ed exitus.
Si tratta di una condizione clinica complessa, che nell’Acn investe più fasce di età, condizioni sociali ed economiche diverse e condizioni cliniche particolari .

Gli articoli dellčACN
Quadro di riferimento (art. 1, comma 5 )
Particolare attenzione va riservata alla tematica della tutela della salute dei soggetti fragili, del bambino, dell’adolescente, dell’anziano e dei soggetti affetti da patologie croniche degenerative, condizione che presuppone la definizione, in ambito territoriale,di percorsi, modalità di integrazione e interazione dei professionisti e uno stretto legame con le strutture sociali, evidenziando la peculiarità di esigenze e condizioni assistenziali.
Funzioni della Medicina Generale (art. 29, comma 6)
Sulla base di accordi regionali, sono individuate specifiche attività di tutela dei soggetti fragili dal punto di vista socio-sanitario, ivi compresi gli extracomunitari in attesa di regolarizzazione.
Obiettivi di carattere generale (art. 5, punto i)
Favorire la presa in carico da parte del sistema di cure primarie degli assistibili, in particolare se fragili o non autosufficienti, attraverso l’attivazione di regimi assistenziali sostenibili e di livello appropriato quali quelli della domiciliarità e residenzialità, attivando tutte le risorse delle reti assistenziali.

La fragilità è, tuttavia, difficile da definire in maniera puntuale, ma la Medicina Generale è chiamata a farlo sia per una esigenza disciplinare, sia per le funzioni svolte nel Ssn che per obiettivi da realizzare. È del resto impossibile attivare “percorsi assistenziali” se non si chiariscono le condizioni di fragilità in relazione alla sua complessità clinica e ai determinanti della stessa.
L’accordo, di fatto, vuole superare la classica spiegazione di fragilità, che si riferisce al solo declino funzionale. Va subito detto che, tra i vari elementi che concorrono alla fragilità, si ritiene che l’aspetto fondamentale sia la cognizione del rischio dovuto a instabilità.
Non si può prescindere dal considerare la fragilità come il precursore del deterioramento funzionale, che determina ospedalizzazioni ricorrenti, istituzionalizzazione e morte.
Per quanto attiene invece alla patogenesi, peraltro non ben chiara, si può affermare che sicuramente vi concorrono fattori biologici: sarcopenia, aterosclerosi, decadimento cognitivo, malnutrizione, ma anche fattori socio-economici, tra cui bassa scolarità, e disagio economico e sociale. Circa poi la severità della fragilità, è evidente che tutti questi fattori vi concorrono, anche se è da chiarire il ruolo che ognuno di essi svolge nel determinare la gravità della stessa. Allo stato attuale alcune Aziende sanitarie e Regioni, per dare risposte ai bisogni socio-assistenziali adottano una valutazione di ordine medico-legale, che considera in condizione di fragilità le persone da 0 a 99 anni non autosufficienti e con grado di invalidità pari al 100%, o quelle con certificazione di gravità ai sensi della legge n. 104/92 per i minori di età, che presentino un reddito familiare ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) non superiore a ? 14.000,00.

Più significati


In letteratura il termine fragilità, generalmente, rimanda agli anziani. Da qui conviene partire, sia per comodità di approccio al problema sia perché nella pratica quotidiana del Mmg ricorrono frequentemente le problematiche dell’anziano fragile. Esistono due correnti, che valutano diversamente il problema della fragilità:
• minimalisti, che definiscono la fragilità semplicemente come una perdita di massa e di forza muscolare;
• massimalisti, che elencano tutta una serie di condizioni che variamente contribuiscono a questa condizione, quali la presenza di varie malattie, l’incontinenza urinaria, la malnutrizione, l’assunzione di più farmaci, la ridotta mobilità fino all’allettamento, la presenza di decadimento cognitivo, di stati confusionali, di problemi sensoriali, di perdita dell’autosufficienza, di svantaggiate condizioni economiche e sociali, e così via enumerando. Gli anziani, a volte, sembrano più fragili, più a rischio delle persone di altre fasce di età, nell’affrontare le vicissitudini della vita. Oggi si ritiene che il 15% degli anziani presenti elementi di fragilità. La Medicina di Famiglia potrebbe sviluppare un percorso originale di definizione della fragilità, proprio utilizzando le esperienze di ogni singolo medico (variabilità).

“Prendersi cura”


La Medicina Generale deve organizzarsi a guidare l’anziano in tutti gli aspetti che determinano la salute e, quindi, imparare a cogliere precocemente i segni di rottura di un equilibrio, che poi sarebbe molto difficile recuperare. Essere vecchi fragili vuole dire mostrare una incapacità di ritornare alla condizione precedente, dopo un qualsiasi evento acuto. L’implicazione immediata, dopo un evento acuto, è il cambiamento dei bisogni assistenziali. È chiaro che di fronte al cambiamento del bisogno il medico dovrebbe appropriarsi di nuove competenze ed essere molto flessibile nell’applicazione concreta delle sue conoscenze. Oggi però sono più pressanti le esigenze e i carichi assistenziali: ci sono più anziani, più vecchi malati e più vecchi fragili.
La medicina può fare molto, cercando in primo luogo di interrompere il circolo vizioso tra malattie acute, malattie croniche e fragilità. Si tratta di applicare in maniera intelligente le vecchie regole prestando attenzione alla complessità del quadro clinico ed esistenziale dell’anziano (evitabilità degli eventi).
Non si tratta di troppo, né di troppo poco. Se l’individuo anziano ha un evento acuto o attraversa una fase di instabilità, va trattato con lo scopo di ridurre al minimo gli esiti invalidantino, considerando la sua malattia come quella di un giovane. Questo è importantissimo per ridurre la cronicizzazione. L’anziano solo è, troppo spesso, povero in termini economici relazionali e culturali, ha quindi bisogno più di un giovane di una rete di servizi che lo accompagni nei difficili percorsi della vita.

La presa in carico


Si tratta di condividere i marker di fragilità, ciò consente di individuare per tutte le fasce di età il profilo di rischio. Il paziente a rischio, così identificato e descritto, trova espressione nella modalità di dimissione, se ricoverato in reparto per acuti, che andrebbe definita come “Protetta”. A questo punto, il Mmg dovrebbe attivarsi per valutare l’intervento domiciliare e residenziale più idoneo al profilo di fragilità del paziente. Sostanzialmente la valutazione e l’attivazione di misure di presa in carico dei casi “fragili”, identificati attraverso la procedura sopra esposta, è competenza dell’équipe o delle strutture complesse del territorio. Queste strutture complesse e integrate dovrebbero progettare delle modalità di presa in carico del paziente dal momento della sua dimissione dall’ospedale e, qualora sia ritenuto necessario, attivare i servizi territoriali di assistenza e cura a domicilio.

Integrazione delle cure


La ricercano medica, soprattutto geriatrica, ha messo in evidenza come non siano tanto le singole e ben definite patologieno, quanto piuttosto il profilo del paziente a esprimere differenti dimensioni, che compromettono il suo stato di salute. Tenuto conto dell’esperienza clinica e dei dati della letteratura, andrebbero condivisi con i colleghi ospedalieri degli indicatori di fragilità, la cui valutazione al momento della dimissione dal reparto per acuti, dovrebbe automaticamente indicare la modalità di presa in carico da parte dell’equipe territoriale.
In alcune esperienze i criteri adottati per la determinazione di indicatori di fragilità sono marker:
• clinici: incidente vascolare cerebrale; frattura del femore; presenza di 5 o più diagnosi; numero di farmaci assunti; più di tre cadute negli ultimi 12 mesi; segni sospetti di decadimento cognitivo; presenza di più di tre ospedalizzazioni negli ultimi 12 mesi; presenza di una malattia tumorale in ogni fase e/o come causa di scompensi psicofisici e sociali.
• sociali: compromissione del grado di autonomia in una delle attività quotidiane di base o strumentali; situazioni logistiche d’abitazione con barriere architettoniche, senza telefono, bagno, riscaldamento; inesistente o insufficiente rete familiare e /o rete sociale di sostegno; valutazione ISEE.
Le situazioni di fragilità sono caratterizzate da una progressiva crescita, con una conseguente richiesta di solleciti interventi di prevenzione. Di fatto, finora non è stata sufficientemente realizzata una forte integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali e, a oggi, le competenze di supporto per l’anziano sono distribuite su istituzioni diverse non sempre in colloquio tra loro (Asl, Distretti, Comuni, volontariato), il che determina la difficoltà del sistema di offrire risposte ai problemi associati alla fragilità. Pertanto, vanno studiate modalità d’approccio capaci di considerare la persona in condizioni di fragilità all’interno del suo contesto familiare. Bisogna riconoscere alla famiglia la capacità di auto-organizzarsi e di fornire prestazioni sia al proprio interno, sia quando assume un ruolo nella rete parentale, amicale o di buon vicinato. Per arrivare a risultati concreti occorre che la famiglia sia sostenuta e abbia davvero la possibilità di integrarsi concretamente nei processi di progettazione dell’assistenza.

Medicina d’iniziativa: una risorsa


L’identificazione delle condizioni sottostanti la fragilità sono possibili con un uso corretto della “medicina di iniziativa”, che è, quindi, punto di partenza per la progettazione e l’attuazione di programmi di prevenzione. I Mmg dispongono di tutte le conoscenze per individuare le condizioni di fragilità. Occorre una integrazione tra gruppi di medici delle cure primarie per costruire una rete informatizzata, che sia dinamica nel tempo e stratificata per condizioni di rischio omogenee. L’obiettivo è quello di identificare le condizioni di vulnerabilità e stratificare per intensità di rischio la popolazione assistita e offrire alle persone a maggior rischio misure di aiuto e supporto “attraverso l’attivazione di regimi assistenziali sostenibili e di livello appropriato, quali quelli della domiciliarità e residenzialità, attivando tutte le risorse delle reti assistenziali”.