M.D. numero 38, 14 dicembre 2005

Pratica medica
Diagnosi difficile di miosite focale
di Primino Claudio Botta, Medico di medicina generale, Vernate (MI)

B.M. è una donna quarantenne, residente in un’altra Regione. Mi è stata inviata con mille premure da un mio paziente, per una possibile risposta a una condizione di salute molto precaria. La donna si presenta accompagnata dal marito, affaticata e sottopeso, con una voluminosa cartella clinica: una situazione che mi sconcerta da subito. La diagnosi che è stata precedentemente posta in ospedale è di “drop head syndrome”, una sorta di distrofia muscolare localizzata.

Storia clinica
Da circa due anni la paziente presenta costante e progressiva difficoltà al mantenimento di una corretta postura del collo, con perdita di forza delle braccia, eritema al volto e al tronco, dimagramento, deflessione dell’umore.
Diversi consulti e un lungo ricovero in neurologia di un ospedale universitario della zona dove risiede documentano un rialzo evidente della CPK, senza alterazioni delle proteine della distrofia muscolare. L’esame istologico delle lesioni cutanee evidenzia una vasculite e dall’elettromiografia di collo e spalle emerge una sofferenza del muscolo trapezio destro; la RM del rachide cervicale segnala ipotrofia dello stesso. Numerose altre indagini, tra cui gastroscopia e colonscopia, non segnalano alcunché di patologico.
I neurologi formulano la diagnosi di “drop head syndrome”, diagnosi descrittiva di una sorta di distrofia muscolare localizzata, che può essere anche una rara manifestazione distonica nella malattia di Parkinson, senza alterazione delle proteine della distrofia muscolare, esclusa la miastenia. La paziente viene di conseguenza dimessa senza alcuna terapia.

Visita ambulatoriale


All’esame obiettivo noto la vistosa perdita della muscolatura del collo, con un capo poco governabile e l’ipotrofia di parte della muscolatura dei cingoli scapolari. È presente un eritema rosso-violaceo, una parlata stentorea con connotazioni simil-dispnoiche. Appare una donna affranta fisicamente, astenica, sottopeso e con umore depresso, ma non proporzionale alla pesantezza del danno fisico.
Dal voluminoso dossier mi colpisce la costante elevazione della CPK e degli anticorpi antinucleo (ANA test) e la vasculite rilevata istologicamente. Mi oriento verso una patologia autoimmune, una polimiosite/dermatomiosite, aiutato dal fatto che recentemente ho trattato un caso simile.
Inoltre dal dossier clinico emerge una curiosità: un arguto funzionario medico della Asl, non trovando diagnosi neurologiche affini a quella della dimissione ospedaliera, ha riconosciuto alla paziente l’esenzione per polimiosite.

Ricovero ospedaliero e diagnosi


In base alla precarietà delle condizioni cliniche e per la difficoltà di una diagnosi certa in ambito extraospedaliero (nel caso precedente di polimiosite mi è risultata impossibile la ricerca di antigeni-marker della malattia anche nei laboratori di analisi di grandi centri ospedalieri), decido di consultare un collega immunologo di un importante ospedale milanese, che dispone il ricovero.
Dopo 20 giorni la paziente viene dimessa con diagnosi di miosite focale - una variante di polimiosite - e con la prescrizione di terapia steroidea.

Decorso clinico


Rivedo la signora in studio per un paio di visite: nel corso di due mesi migliora sensibilmente e ritorna nella sua Regione.
Apprendo però dal paziente che me l’aveva inviata, della presenza di una madre influente (la “reggiora” di un tempo), che ha sempre negato la malattia della figlia e che in un modo e nell’altro ha ostacolato una compliance corretta in una così difficile patologia.
A distanza di un anno dalla diagnosi la paziente è ritornata nella precarietà fisica del pre-trattamento.

Conclusioni


Compito dei medici di famiglia è di valutare sempre con attenzione i nostri pazienti: può succedere anche che diagnosi poste in centri d’eccellenza non risultino corrette e qualche volta può “aiutare” la fredda burocrazia delle Asl piuttosto che gli impervi percorsi diagnostici delle cliniche universitarie. Inoltre sono molte le variabili che influenzano il processo terapeutico. Nel caso in questione è stata determinante la madre della paziente, esempio - non raro - di caregiver negativo.

Note


Le polimiositi/dermatomiositi/miositi da corpi inclusi sono miopatie infiammatorie rare, prevalentemente dell’età adulta, con un rapporto femmine/maschi di 2:1. Esordiscono con ipostenia progressiva, specie dei muscoli prossimali, con crescente difficoltà nei movimenti quotidiani (alzarsi dalla sedia, sollevare oggetti, pettinarsi, ecc).
In tutte le forme di miopatia infiammatoria possono essere colpiti i muscoli faringei con disfagia, laringei con disfonia, del collo con difficoltà a mantenere il capo eretto. Nella variante dermatomiosite vi è una caratteristica eruzione in rash eliotropo, con chiazze rosso-violacee al volto e sulla parte superiore del tronco ed eritema a “scalino” sulle nocche delle dita.
La diagnosi viene confermata dal dosaggio degli enzimi muscolari sierici, dall’EMG e dalla biopsia muscolare. Nel 60% dei casi sono presenti anticorpi anti-Jo1. La terapia si avvale di glucocorticoidi e immunosoppressori, con prognosi buona con un trattamento appropriato e tempestivo.