M.D. numero 38, 14 dicembre 2005

Focus on
Sanità: doni di fine anno
di Monica Di Sisto

Una Finanziaria che fa discutere innanzitutto le Regioni, visto il passo indietro istituzionale che riaccentra nel ministero le competenze politiche sulla sanità, ma anche tanti altri piccoli segnali di difficoltà che fanno del mondo della salute uno dei nuclei più caldi della cronaca italiana. Dalla Finanziaria al federalismo, dalla convenzione al “movimento per la salute”, un “filo rosso” di malesseri e opportunità per Mmg, istituzioni e cittadini che scommettiamo ci accompagnerà per tutto il 2006


Finanziaria 2006: la crisi delle Regioni
Avevano già dovuto accettare, anche se malvolentieri, le diverse edizioni del Patto di stabilità, che portano l’intero comparto della spesa regionale, sanità inclusa, al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dell’indebitamento netto con 5.6 miliardi di riduzioni di spesa su 11.5 miliardi, pari al 49%circa. La legge Finanziaria 2006, però, presenta ai Governatori ancora nuovi sacrifici.
Per la sanità il disegno di legge dimensiona il fabbisogno 2006 ad un importo (circa 90 miliardi) lontano dal fabbisogno reale che è quantificato in 93,2 miliardi, ossia le risorse 2005 pari a 89,4 miliardi, incrementate del 4%, percentuale che tiene conto dell’aumento dei costi per l’erogazione dei Lea ivi compresi gli accantonamenti per i nuovi contratti.
Rispetto alla spesa prevista nel DPEF 2006/2009 per l’anno 2006 viene operato un taglio di 4,5 miliardi. Inoltre per i deficit pregressi sono attribuiti solo 2 miliardi, che dovranno comunque essere ripartiti tra le Regioni sulla base delle quote di accesso come finora avvenuto, al posto dei 4,5 miliardi quantificati e richiesti dalle Regioni solo per l’anno 2004.
A questo si aggiunge la dilazione a tempo indefinito nella erogazione delle risorse per la sanità relative agli anni 2002, 2003, 2004 e 2005, pari a 12,7 miliardi. Si è aperta, dunque, una stagione fortemente conflittuale tra i livelli istituzionali, che si aggiunge alle polemiche legate all’introduzione di una riforma costituzionale tutta federalista tranne che per la salute.

Federalismo: in sanità un passo al centro


L’Aula del Senato ha recentemente approvato, nonostante le polemiche dell’opposizione e delle Regioni, il Ddl che riforma la seconda parte della Costituzione e che prevede anche la devolution. I ritocchi introducono il premierato e il concetto di interesse nazionale, la devolution e il Senato federale, il principio di sussidiarietà e il riferimento all’introduzione di una legge elettorale che favorisca la creazione di maggioranze stabili. La riforma sarà a pieno regime solo nel 2016, entrando in vigore in tre tappe diverse. Tra le modifiche principali apportate alla Costituzione, il capitolo sanitario ha riservato più di qualche sorpresa per i federalisti convinti.
Per quanto riguarda questo specifico settore, infatti, le Regioni guadagnano la competenza esclusiva nell’assistenza e nell’organizzazione sanitaria, ma la tutela della salute, più esattamente le sue norme generali, tornano allo Stato dopo aver fatto parte della legislazione concorrente nella riforma del Titolo V nella scorsa Legislatura. Resta inoltre allo Stato, come in passato, anche la definizione dei Livelli essenziali di assistenza.

Piano sanitario: iter in salita


Il Consiglio dei Ministri ha recentemente dato il via libera all’iter del documento di programmazione sanitaria, il Piano sanitario Nazionale 2006-2008 che dovrà attendere il parere delle commissioni parlamentari, per poi passare al vaglio di sindacati e Regioni. L’iter dovrà, in ogni caso, esprimere l’intesa entro il 31 marzo 2006, altrimenti sarà impossibile per i Governatori accedere a parte dei 2 miliardi di ripiani del disavanzo 2002-2004. Tre priorità indicate dal ministro (prevenzione, cure primarie e razionalizzazione dei percorsi di diagnosi e cura) andranno raggiunte con una strategia che prevede quattro tappe, accompagnate da altrettante linee strategiche orientate a: integrazione e collaborazione con i sistemi europei e internazionali; rinnovamento del Servizio sanitario nazionale; sprint su ricerca e sviluppo; ampi spazi alla partecipazione dei cittadini e al ruolo dell’associazionismo. A tradurre le linee strategiche, una serie di progetti e di azioni di sistema in grado di “incidere trasversalmente su tutto il Ssn”, dall’obiettivo della piena attuazione dei Lea, a quello di fare finalmente chiarezza sul sistema Ecm, alla spinta su sperimentazioni gestionali come project financing e global service. Quattro sono invece gli “architravi” del sistema: assetto istituzionale e competenze (alla luce della riforma del Titolo V); diritti dei cittadini (soprattutto riferiti ai Lea); quadro epidemiologico riferito all’evoluzione dei bisogni; politiche europee e ruolo esercitato dalle istituzioni regionali e statali. Un cammino non facile tuttavia, visto che già i Presidenti delle Regioni hanno annunciato e condiviso il loro “no” alla proposta del ministro Storace con una serie di osservazioni che ne contestano sia la struttura sia l’approccio, considerato troppo sbilanciato su Roma e poco rispettoso dei percorsi regionali già in piedi. Anche l’impianto è sotto accusa: non metterebbe sufficientemente a fuoco l’esigenza primaria del Ssn, di garantire i Lea. Le Regioni sollecitano poi l’adozione della loro visione di Piano.

Nel mirino contratti e convenzioni


Anche il decreto fiscale collegato alla legge Finanziaria, che contiene norme per contrastare l’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, ha riservato più di qualche novità per il settore sanitario. La legge prevede, innanzitutto, che il termine entro cui a tutti gli italiani dovrà essere stata recapitata la Tessera sanitaria - fissato dalla Finanziaria 2005 al 31 dicembre dell’anno 2005 - slitta invece al 30 giugno 2006. La maggior parte delle Regioni italiane risultano, infatti, in ritardo nell’allineamento informatico delle diverse banche dati sui pazienti e per la gestione dei loro dati più sensibili, a partire dal codice fiscale. Ma le novità non sono finite, in particolare per i Governatori. Se da un lato, in fatti, sono state tenute in considerazione le loro oggettive difficoltà organizzative, per quanto riguarda la programmazione finanziaria del settore sanitario, l’accesso delle Regioni ai finanziamenti integrativi è stato, invece, fortemente condizionato. Si chiede infatti ai Governatori, se vorranno accedere ai fondi in più, di creare fondi di accantonamento che coprano anticipatamente gli oneri di rinnovo di contratti e convenzioni del Ssn. Analoghi accantonamenti dovranno essere garantiti per i contratti della dirigenza medico-veterinaria e di tutti i ruoli del comparto per il biennio 2004-2005. Un boccone amaro e difficile da ingoiare, considerate soprattutto le difficoltà di cassa che i Governatori lamentano ormai da molti anni.

Convenzioni: i conti non tornano?


Il sasso nello stagno lo ha lanciato la Cumi-Aiss, che ha chiesto insieme a Unamef un incontro con la Sisac per rivalutare le convenzioni. Una preoccupazione economica e di merito che non può non acuirsi di fronte ai dati di scarsa liquidità e di difficoltà politica tra Regioni e Stato centrale registrati negli ultimi mesi. “Se non si interviene immediatamente, un accordo di lavoro, che in più occasioni abbiamo definito difensivo e di transizione, rischia di diventare un vero e proprio capestro per i camici bianchi di questa area”, assicurano le due componenti sindacali. Giuseppe Tortora dell’Unamef già in sede di trattativa aveva valutato che i Mmg che non avrebbero rispettato gli obiettivi di budget avrebbe potuto perdere il 20% dello stipendio o addirittura la convenzione. “Falso - aveva chiarito il segretario Fimmg, Mario Falconi - il 20% dello stipendio in questione è la quota regionale, e non è scritto da nessuna parte che la si possa negare al medico per il mancato raggiungimento di obiettivi regionali. Tantomeno che la si possa perdere”. Ma Cumi e Unamef individuano proprio in una “gestione miope, corporativa e frettolosa, da parte della Fimmg delle trattative sulle convenzioni di medicina generale e del territorio” la responsabilità della firma di un contratto “con una netta perdita di peso economico per i medici. Con conseguenze anche negli altri settori della medicina convenzionata”.
È la controparte pubblica, a questo punto è stata chiamata “a sanare questa ingiustizia” con “una risposta adeguata alle legittime aspettative dei medici che operano sul territorio, prevedendo in Finanziaria lo 0.7% in più”. Risorse che, però, non sono arrivate.

Un nuovo “Movimento per la salute”


I medici di famiglia faranno da ‘catalizzatori’ per un nuovo Movimento che, indipendentemente da qualsiasi pregiudizio ideologico e partitico, si impegnerà in Italia “a dare concreta attuazione all’articolo 32 della Costituzione cioè a garantire a tutti i cittadini il diritto alla tutela della salute. Il tutto in un sistema coerente di welfare e con l’attenzione necessaria ai temi della ‘salute sociale’ nell’ambiente, nell’istruzione, nella giustizia, nel lavoro”. È questa la decisione del Congresso straordinario della Fimmg, che però non rinuncia minimamente alla propria natura sindacale, di associazione professionale libera, autonoma e apartitica il cui scopo principale rimane la tutela degli interessi dei medici che operano nel territorio. Nella mozione approvata al termine dell’incontro i delegati hanno ribadito le forti preoccupazioni per le sorti del Ssn e il giudizio severo sulle insufficienti garanzie della classe politica rispetto alla tutela del diritto costituzionale che deriva dall’art. 32, anche perché la prossima competizione elettorale tra gli schieramenti partitici “non lascia intravedere progettualità credibili e innovative” sul tema della salute. Un forte ‘movimento etico’, che vuole rilanciare il Ssn, “anche con propri candidati al Parlamento – sottolineano dalla Fimmg - così assicurando ai cittadini l’esigibilità del diritto costituzionale e dignità a tutti gli operatori sanitari, in particolare ai Mmg”.
“Quello che cercheremo di fare - tiene a sottolineare Mario Falconi - sarà proprio di catalizzare intorno a questa proposta tutti i soggetti della cosiddetta ‘società civile’ e che, come noi, hanno a cuore una progettualità che ridia valore a concetti quali ‘solidarietà’, ‘equità’, ‘giustizia sociale’”.