M.D. numero 38, 14 dicembre 2005

Dibattito
Il numero dei pazienti non fa il medico
di Monica Di Sisto

Secondo Mario Falconi, segretario Fimmg, una medicina in grado di allacciare molte relazioni sicuramente fa bene alle casse pubbliche e anche alla professionalità del Mmg


M
ario Falconi, segretario della Fimmg, raggiunto da M.D. in merito alla lettera aperta inviatagli dal collega Paolo Bargagli attraverso la nostra rivista (M.D. 2005; 37: 12), non si sottrae alla polemica e risponde punto per punto. Grandi numeri, qualità dell’azione medica, presunti favoritismi e tenuta del Ssn sono al centro della conversazione, che finisce in un appello: criticare, sfogarsi, proporre alternative è salutare, ma bisogna, innanzitutto, salvare il Ssn oggi in grave pericolo.

Dottor Falconi, lei sarebbe orgogliosamente convinto del fatto che “massimalista è meglio?”


Non è il numero che fa la qualità, ne sono convinto, ma il numero può contribuire a fare la qualità. Non lo dico io, lo ha detto l’OMS: un medico con pochi pazienti ha meno possibilità di apprendere sul campo, di incontrare più patologie diverse, qualche malattia rara. È come immaginare, se voglio essere un buon medico ospedaliero universitario, di seguire dieci letti oppure uno o due: è ovvio che il training è molto più difficile con numeri esigui e che la formazione teorica non basta a se stessa. Non solo il numero delle scelte fa la qualità, è evidente, perché su di esso incidono tanti fattori, ma non dobbiamo però nasconderci che aiuta.
I certificati di malattia facili, le prescrizioni più compiacenti “agevolano” le scelte?
Solo qualche anno fa l’Istat ha stilato un rapporto d’indagine su un campione molto significativo di famiglie italiane e ha scoperto, parlando del Mmg e descrivendolo come la figura medica più gradita per i cittadini italiani, che il gradimento prescindeva dal favoritismo, che non era finalizzato alla compiacenza. L’opinione del collega è dunque rispettabile, ma preferisco fidarmi di più di un campione statistico così significativo.

I pazienti, a suo avviso, dimostrano di avere le competenze sufficienti per scegliere e giudicare l’operato del proprio Mmg?

Sicuramente molto di più dei pazienti di venti-trenta anni fa che accettavano molto più acriticamente le indicazioni dei propri Mmg. Alcuni oggi, per la mole di informazioni che ricevono, io scherzosamente li chiamo “colleghi”, perché capita che tentino di sostituirsi nel mio operato. In questo modo ironico tento di recuperare con loro un rapporto più sano.

Con l’art. 19 del nuovo Acn si è mirato all’eliminazione quasi “fisica” dei “minimalisti” visto che 300 scelte non bastano più per la convenzione?


L’intenzione, in realtà, era esattamente opposta. Quella norma era mirata a “espellere dal Tempio” coloro che vogliono utilizzare la Convenzione per altri fini. Penso per esempio a chi vuole fare il dentista o il cardiologo a tempo pieno, però vuole dimostrare al Fisco di fare il Mmg. Per la tenuta del sistema, se al posto di Mario Falconi con 1.500 assistiti ci fossero tre Mmg da 500, è dimostrato che la spesa aumenterebbe in maniera vertiginosa e non si potrebbe far fronte all’esposizione finanziaria. Sono problematiche di sistema rispetto alle quali non possiamo far finta di nulla.

La libertà di scelta dei pazienti, deve essere riconosciuta anche ai Mmg come libertà professionale?

Credo che la convenzione sia il luogo dove parte pubblica e sindacati medici trovano il giusto equilibrio tra queste due esigenze. Non si può immaginare che, lavorando in un sistema convenzionato in cui è lo Stato, ma sono anche i cittadini in maniera indiretta a pagare i servizi, non vi sia una responsabilità normata a cui sono tenuti ad attenersi sia i medici sia i cittadini.
Il libero professionista puro, senza rete, può dettare da solo le sue regole, ma se esercita in presenza di un “terzo pagante” che rappresenta la collettività deve rispettare alcune norme. L’importante è che siano regole condivise e contrattate democraticamente.

I Mmg sono preoccupati, però, dell’esigibilità dei nuovi accordi, viste le risorse in campo.

Io sono preoccupatissimo, altrimenti non sarei mai arrivato a parlare di politica, ipotizzando la nascita di un movimento politico che in Parlamento crei una lobby etica trasversale per difendere il Ssn e anche i medici che vi operano.
Ripeto da anni ai colleghi che prima di chiedermi se portavo a casa la Convenzione, dovevo domandarmi se tenessi al Ssn, perché se questo salta io non solo metto sul lastrico 30 mila medici, ma metto in pericolo tutte le famiglie italiane.

È un appello ai Mmg?


Si, rivolgo un appello alla coesione di tutti i medici. Li invito a lamentarsi, e se aiuta, a prendersela anche con me. Considero questo un prezzo da pagare data la mia elevata esposizione, ma sarebbe più centrato l’obiettivo se tali critiche fossero indirizzate ad assessori e ministri.
Sfogatevi, dico loro, scrivete, fatevi sentire anche attraverso i giornali perché fa bene, ma vi invito a guardare al cuore del problema.
Se condividete con me la diagnosi del rischio grave che corre la sanità pubblica nel nostro Paese, proponete e battetevi per soluzioni concrete, magari anche alternative alle mie, purché ci siano, e usciamo insieme da questa situazione.