M.D.
numero 37, 7 dicembre 2005
Tribuna
Lettera aperta al segretario della Fimmg Mario
Falconi
di Paolo Barbagli, Medico di medicina generale, Riva
del Garda (TN)
Le dichiarazioni e il modus operandi del segretario nazionale
della Fimmg, Mario Falconi, sono sempre foriere di attenzioni
e discussioni da parte dei medici di medicina generale. Daltronde
non potrebbe che essere così visto che, nel bene e nel
male, la Fimmg è il sindacato più rappresentativo
della categoria in rapporto al numero di iscritti. Secondo le
stime della stessa segreteria amministrativa del sindacato,
nel 2005 si contano più di 28mila iscritti, di cui ben
25mila sono medici di famiglia.
Questa volta ad avere suscitato le reazioni di un lettore di
M.D. sono alcune dichiarazioni rilasciate dal segretario della
Fimmg in merito allessere Mmg massimalisti, in risposta
ad un articolo comparso sul Giornale che ironizzava sulla nascita
del Partito della Salute
Egregio
collega, ho letto in una Sua lettera scritta qualche giorno
fa a un giornalista (Stefano Lorenzetto del Giornale), che Lei
si autodefinisce con orgoglio un massimalista con lista
dattesa, facendo trasparire tra le righe la convinzione
di essere un ottimo medico, proprio perché attorniato
da nugoli di pazienti.
Tale convinzione trasuda tra laltro in più punti
dallultima convenzione, di cui Lei, da segretario del
più rappresentativo sindacato di categoria, è
il principale responsabile.
Basterà leggere per esempio, a questo proposito, gli
articoli che regolano la possibilità di autolimitare
il massimale (art. 39 comma 6 e 7).
Tale possibilità, che nei precedenti accordi collettivi
nazionali permetteva lautolimitazione a 500 scelte, poi
salite a 1.000 (ma con facoltà di mantenere la precedente
autolimitazione) nella penultima, viene limitata ancora a 1.000,
ma senza la possibilità di mantenere la precedente autolimitazione
a 500. In soldoni, non si possono avere più di 1.500
assistiti (massimale), ma neppure meno di 1000. Basterà
anche leggere larticolo 19 comma 3, dove addirittura è
prevista la decadenza dal rapporto convenzionale nel caso non
si raggiungano in tre anni almeno 300 scelte (nelle precedenti
convenzioni ne bastavano molto meno), o larticolo 41 comma
5, che non permette nemmeno la ricusazione del paziente per
autolimitare il proprio massimale. Insomma, tutta la convenzione
è percorsa dallapodittica certezza che è
il numero dei pazienti a fare un buon medico di famiglia, e
se hai pochi pazienti è perché sei un incapace
ed è meglio che te ne vai al più presto, con le
buone o con le cattive.
A nessuno, tanto meno a Lei, è venuto il sospetto che,
forse, avere pochi pazienti consente di potere curare meglio,
di dedicargli più tempo ed attenzione, di occuparsi anche
di pazienti difficili e complessi senza scaricarli
ai soliti specialisti, di avere più possibilità
e voglia per studiare e aggiornarsi, di essere meno stressati
e meno soggetti a burn out.
La qualità non centra
È davvero convinto che i pazienti scelgano un medico
di medicina generale perché è più bravo?
Si faccia unindagine e si scoprirà che i motivi
di scelta di un certo medico sono i più vari (ha lambulatorio
più vicino, gli orari più comodi, è più
compiacente alle richieste dei pazienti, compresi
certificati di malattia, accertamenti diagnostici urgenti
e note AIFA) e anche i più stravaganti (è più
bello e simpatico, è il primo della lista dellAsl,
è il medico di famiglia dei miei vicini di casa), ma
quasi mai dovuti alla qualità del medico stesso. E, del
resto, quale paziente sarebbe in grado di giudicare con cognizione
di causa sulla capacità professionale di un medico? Rispondo
al Suo orgoglio da massimalista con il mio da minimalista di
antica data, che mi ha consentito tra laltro di curare
con dedizione i miei autolimitati pazienti, di guadagnare poco,
ma di vivere meglio, di fare ricerca scientifica
(parola dimenticata nella Convenzione, se si esclude qualche
rapido e fumoso accenno) senza oneri per nessuno tranne che
per il sottoscritto (ho scritto, per il puro piacere di scriverli,
una quarantina di articoli scientifici, alcuni recensiti su
Index Medicus/Medline), di partecipare (non sponsorizzato) da
relatore a diversi congressi, e infine anche di trovare il tempo
per scriverLe, nella speranza che Lei trovi il tempo di leggermi
e magari di rispondermi. Egregio dottor Falconi, non pretendo
che tutti la pensino come me, ma pretendo da Lei e dalla Convenzione,
in uno Stato liberale come dovrebbe essere il nostro, la libertà
di scegliere come lavorare.