M.D. numero 37, 7 dicembre 2005

Focus on
Clinical Governance: dalla teoria alla pratica
di Monica Di Sisto e Anna Sgritto

Per la Simg, riunita nel 22° Congresso nazionale, è uno strumento per la promozione della qualità. Una grande opportunità di finalizzare le progettualità e le esperienze elaborate dai medici di famiglia, mostrando come, con gli strumenti della professione, si è capaci di governare il sistema delle cure, in piena autonomia professionale.

La Clinical Governance è “un atto di liberazione per i medici”, in particolare per i Mmg, perché offre loro la possibilità di dimostrare come, con gli strumenti della professione, si possa essere capaci di governare il sistema delle cure, in piena autonomia professionale, senza pressioni coercitive dall’alto. Questa ipotesi ha conquistato il centro del palco del 22° Congresso della Simg, ponendo l’attenzione su come passare dalla teoria alla prassi professionale quotidiana, mettendo in campo progetti di Clinical Governance che siano la realizzazione di un modello dal basso di medicina di famiglia. Un modello, come ha precisato nel suo intervento il presidente della Simg Claudio Cricelli, “che non separi l’atto clinico dalla sua gestione”. È possibile, insomma, per i Mmg, superare le imposizioni dei burocrati della salute, che più spesso partono dalle risorse a disposizione piuttosto che dalla domanda di salute dei pazienti sul territorio? È possibile offrire a questi ultimi cure appropriate, ma innovative, senza subire linee guida e percorsi terapeutici eterodiretti? Alcuni progetti di governo clinico in corso nel nostro Paese dimostrano di sì, aprendo una strada originale e importante verso una nuova centralità del territorio.

Dalla vecchia alla nuova medicina


Le due relazioni centrali sulla Clinical Governance nel congresso Simg, quella di Claudio Cricelli e quella di Giorgio Carlo Monti, hanno tracciato un identikit della galassia medicina generale oggi. Essa si articola tra chi si oppone e chi è indifferente al cambiamento - la maggioranza dei Mmg - e chi, invece, evolve autonomamente ed anarchicamente. C’è chi crea modelli organizzativi fini a se stessi o legati a progettualità occasionali; chi rischia attraverso forme avanzate di sperimentazione; chi improvvisa attività imprenditoriali; chi si adatta all’esigenza del momento, ma anche chi si fa coinvolgere in progettualità “spericolate”. Questo perché la relazione tra domanda e risposte di salute sta cambiando velocemente: da un sistema in cui era il medico al centro, la cultura sanitaria ha fatto evolvere il suo ragionamento verso un sistema in cui la risposta ruota intorno al paziente, orientata all’individuo e alla comunità. Le cure non si risolvono nella semplice visita, ma sono basate sulla “condivisione” e sul processo, l’informazione e la conoscenza sono condivise, la decisione non deve basarsi più solamente sulla conoscenza e l’esperienza, ma basata sulle prove, e sulla pratica condivisa della medicina di famiglia (Evidence and Practice Based Medicine).



Quanto però del nuovo modo di intendere il sistema delle cure è stato in realtà recepito dal Ssn italiano? Il paragone immediato nasce con il NHS inglese. Rispetto alla possibilità di creare nuovi modelli “coerenti” con gli obiettivi della professione, se il nuovo accordo collettivo inglese va proprio in questa direzione, il Ssn, secondo l’analisi della Simg, che abbiamo riproposto in dettaglio nella tabella 1, è evidente quanto sia rimasto ancorato al vecchio modello, anche per l’incapacità di introdurre nuove forme di contrattazione. Rispetto all’informatizzazione dei dati di salute sono stati fatti passi in avanti, ma quelli avvenuti in direzione di una revisione della formazione specifica e della ricertificazione non risultano adeguati, come anche i tentativi di diffondere lo Sviluppo Professionale Continuo e di sviluppare la conoscenza in medicina generale attraverso la ricerca, rimesse alle sole Società scientifiche.
Il Ssn inglese, al contrario, ha previsto la ricertificazione per il 2006, a partire da un progetto di formazione operativo, e ha in campo ben 457 progetti di ricerca farmacologica.
Altri obiettivi ci si dovrebbe porre per avere un Ssn all’altezza della sfida: migliorare la Qualità di cura perseguendo l’appropriatezza; definire il ruolo della medicina generale in università; promuovere la formazione di un numero adeguato di medici generali; introdurre nuove strategie di comunicazione e, non da ultimo, sviluppare leadership e politica professionale. Se in Oltremanica, a parte il numero dei Mmg che risulta tanto sottostimato da avere bisogno di bandi internazionali di reclutamento, sono state avviate iniziative specifiche per ogni capitolo, in Italia quasi tutto è affidato alla libera iniziativa dei singoli, delle loro associazioni sindacali e delle Società scientifiche.

La Clinical Governance


Clinical governance dunque come sintesi tra eccellenza della cura, verificabilità e pesatura dell’attività professionale e coerenza con il finanziamento del servizio. “La Clinical Governance - ha spiegato Claudio Cricelli - può sembrare un concetto astratto. In realtà si tratta di uno strumento per applicare semplici regole di gestione anche alla sanità, in modo da prevedere alcuni eventi, anticipare le crisi e non farsi trovare impreparati di fronte alle possibili emergenze. L’unico modo per fare ciò al meglio è di utilizzare gli strumenti informatici, creando una rete di dialogo tra i medici del territorio con un vertice che faccia sintesi”. È dunque solo a partire da un “nuovo censimento di salute del Paese” che metta insieme le risorse della medicina, con i dati epidemiologici, con le risposte del Ssn che si potrà arrivare a un ridisegno appropriato ed efficiente del Ssn. “I Mmg sono nel Ssn, ma non riescono a gestire la conflittualità e spesso si contrappongono al sistema”, ha sottolineato Cricelli. I motivi: innanzitutto la scarsa fiducia che il sistema ha nell’operato dei medici, essendo prevalso il preconcetto che minore libertà gli si lascia, maggiore controllo si avrà di tutte le variabili. “Non c’è fiducia nella capacità dei medici di rispettare termini numerici - ha ribadito ancora Cricelli - e quando le linee guida nascono da esigenze finanziarie, quando la separazione tra clinica e gestione è netta e compiuta, l’unico risultato che abbiamo è una medicina passata, bollita”.
Il contesto legislativo del nostro paese, nei fatti non aiuta perché:

  • Perpetua un modello “antico” di esercitare la professione.
  • Non prevede un investimento sulla “struttura” della medicina generale.
  • Perpetua un modello “rigido” di contrattazione.
  • Perpetua un modello “capitario” di remunerazione.
  • Non supporta i modelli esistenti.
  • Favorisce la contrapposizione tra il medico singolo e le forme associative.
  • Non investe sulle risorse umane.
  • Non propone modellistiche moderne di riferimento.
  • Non garantisce le sperimentazioni avanzate.
  • Favorisce la “caccia” alle indennità.
  • Non crea un “glossario” della medicina generale.
  • Non introduce logiche aziendali di gestione della professione.

Eppure una medicina di famiglia moderna e appropriata, secondo la letteratura e la pratica più validate, oggi dovrebbe prevedere:

  • Diagnosi e cura delle acuzie.
  • Medicina delle persone sane.
  • Medicina di iniziativa e di opportunità:
    • diagnosi precoce
    • screening
    • prevenzione del rischio
    • promozione della salute
    • educazione del paziente e supporto all’automedicazione
    • terapia di gruppo.
  • Gestione delle cronicità.
  • Cure palliative.

Un piccolo drappello di sperimentatori in Italia già mette in pratica una Clinical Governance dal basso, e per questo riesce a raggiungere questi obiettivi avanzati di cura. Per trasformarli in sistema di cure essi dovranno incidere in un prossimo futuro nelle convenzioni, diversamente rimarranno isole felici, d’eccellenza, ma senza trasformarsi in pratica condivisa. Per arrivare a questo c’è bisogno di una “massa critica” adeguata, già in parte rivendicata dai numeri crescenti con i quali i Mmg presenziano ai congressi, come quest’ultimo della Simg, che si occupano di trasmetterli. In attesa dell’iniziativa pubblica, però, come cominciare a moltiplicarli sul territorio?


La sperimentazione dell’Asl di Brescia


Il progetto “Governo Clinico” dell’Asl di Brescia può contare su una pratica già avanzata di responsabilizzazione e autonomia dei Mmg. Si è cominciato con il varo, nel 2001, di Percorsi Diagnostico-Terapeutici (PDT) sulle più importanti patologie croniche (BPCO, diabete, ipertensione). I PDT si pongono l’obiettivo di fornire raccomandazioni sulla gestione dei pazienti e di soddisfare i loro bisogni secondo le conoscenze professionali più avanzate del momento (EBM), in funzione delle risorse disponibili ed in integrazione con gli specialisti di riferimento. Dai PDT sono nati dei progetti di gestione della patologia (Disease Management) che puntavano, a partire dal diabete mellito, a valutare (utilizzando indicatori economici e clinici) un percorso di cura, di integrare tra loro i dati Asl, dei Mmg e del servizio di diabetologia e di applicare in modo coordinato gli interventi correttivi necessari al processo continuo di miglioramento.
Mancava, tuttavia, una visione unitaria. Era pertanto opportuno passare da una progettazione “spot” ad un circolo virtuoso di sintesi tra eccellenza della cura, verificabilità e pesatura dell’attività professionale e coerenza con il finanziamento del servizio” con un unico e condiviso obiettivo: la qualità delle cure erogate.
Da tutto ciò è nata la proposta congiunta Simg-Fimmg della provincia di Brescia sul Governo Clinico in MG, condivisa e sostenuta dalla direzione sanitaria della Asl.
I punti più qualificanti del progetto:
1. l’identificazione di un obiettivo unico e condiviso tra Mmg e Asl: la qualità del processo di cura, vale a dire “migliorare l’efficacia, l’efficienza e l’appropriatezza degli interventi attuati dai Mmg e verificarne il raggiungimento attraverso il monitoraggio d’indicatori di processo ed esito”;
2. l’impegno contrattuale dei Mmg a migliorare efficacia, efficienza, appropriatezza dei propri interventi, applicando nel miglior modo possibile i PDT riguardanti le patologie croniche considerate nel progetto (diabete mellito tipo 2, ipertensione arteriosa, BPCO, epatiti croniche);
3. la produzione di report trimestrali da parte dei Mmg, quale fonte principale di dati per il monitoraggio del processo, ottenuti dalle cartelle cliniche dei Mmg in formato elettronico excel, grazie a procedure automatiche (query), secondo la metodologia già sperimentata dalla rete UNIRE. I report sono lo strumento formale con il quale ogni Mmg aderente al Piano per il Governo Clinico documenta il livello raggiunto rispetto agli standard di riferimento;
4. il monitoraggio costante del processo con indicatori e standard di qualità, concordati con la direzione sanitaria dell’Asl, ed avendo come punto di riferimento il database Health Search-Thalès, gli indicatori delle aree cliniche Simg e le più recenti EBM. L’Asl s’impegna a produrre trimestralmente report di ritorno, complessivi e personalizzati, corredati dal confronto con i dati medi di Asl;
5. la creazione di un board tecnico-scientifico-organizzativo per il Governo Clinico (con il coinvolgimento di Mmg esperti nelle patologie oggetto del monitoraggio e di comprovata competenza), con compiti di:
a. informazione e coinvolgimento dei Mmg;
b. indirizzo tecnico circa l’elaborazione dei dati;
c. analisi critica delle elaborazioni prodotte;
d. proposte in merito all’individuazione di aree di criticità, standard di riferimento, bisogni formativi, obiettivi di miglioramento complessivi;
e. coordinamento e attuazione dell’attività formativa pertinente il Progetto per il Governo Clinico;
f. proposte per la divulgazione e pubblicazione dei dati;
Ma il cuore dell’innovazione di questo progetto è senza dubbio l’aver introdotto un “Sistema Premiante” per i Mmg aderenti al Piano, scomposto in due quote:
a. una quota corrispondente al 30% del budget annuale, divisa tra tutti i Mmg che hanno garantito i requisiti minimi di partecipazione al Piano per il Governo Clinico (software per l’estrazione automatica dei dati in formato excel, utilizzo della posta elettronica per l’invio dei report periodici e la ricezione delle comunicazioni riguardanti il progetto per il Governo Clinico, partecipazione alle riunioni di follow-up e agli incontri formativi-informativi) e che hanno trasmesso i report nei tempi previsti;
b. una quota corrispondente al 70% del budget annuale, proporzionalmente al punteggio raggiunto per ogni indicatore (secondo il modello del contratto dei GP in UK). In pratica, per ciascun indicatore è stato identificato uno standard minimo e uno massimo, al raggiungimento dei quali è attribuito un certo punteggio. Ad ogni punto è attribuito un peso economico, calcolato in base al budget annuale disponibile.
L’attuazione degli standard attraverso le azioni (Clinical Governance), sarà supportato dallo sviluppo di forme d’aggiornamento life-long, da iniziative di clinical audit e dall’autoregolazione professionale.
I Mmg di Brescia si aspettano dal loro progetto una crescita professionale complessiva, una maggiore autorevolezza nei confronti degli amministratori, degli specialisti e degli stessi pazienti, il raggiungimento di standard di qualità elevati e un miglioramento d’efficienza e trasparenza del sistema (accountability). La Medicina Generale deve essere, per questo, coinvolta nei processi decisionali ai quali fornire, in una forma comunicativa e non ispettivo-coercitiva, le informazioni e le indicazioni necessarie. Il tutto registrato su carte certe, inequivocabili e con altrettanto inequivocabili risorse economiche a disposizione. Un modello del tutto riproducibile anche a partire dalle convenzioni regionali e aziendali in discussione.