M.D. numero 37, 7 dicembre 2005

Dibattito
Informazione sul farmaco e facili estremismi
di Primino Carlo Botta, Medico di medicina generale, Vernate (MI)

Il rapporto tra operatori sanitari e industria del farmaco è oggetto di crescente attenzione, sia per i possibili conflitti di interesse ad esso sottesi che per l’influenza anche inconsapevole che i mezzi di promozione possono avere sul comportamento degli operatori sanitari.
Non è un caso che Farmindustria, nel suo nuovo codice deontologico, abbia introdotto l’obbligo di certificazione per le aziende associate delle attività di marketing e di informazione scientifica da parte di enti esterni formalmente accreditati.
Ma questo nuovo rigore sembra non sia sufficiente a spazzare via i dubbi e le incertezze, soprattutto dei medici di famiglia, tra le cui fila nascono posizioni di difesa estreme con annesse associazioni finalizzate


S
anno i Mmg che esiste un’associazione di colleghi la quale vorrebbe regolamentare le visite degli informatori, per esempio organizzando incontri collettivi tra medici e aziende? Che non accetta regali e gadget né inviti a congressi? Che addirittura inventa e contemporaneamente pubblica su riviste di categoria test per i medici dall’eloquente titolo: “Sono un casa farmaceutica-dipendente?”.
Come in tutti gli estremismi applicati, vere malattie infantili, quelli che ne pagano il prezzo sono sempre i più deboli, di solito i meno “colpevoli”.
In questo caso il vaso di coccio del conflitto di interessi tra industria farmaceutica e salute dei cittadini sono i medici di famiglia.
Vorrei approfondire la questione partendo da una domanda: “Vi è sempre conflitto di interessi tra industria farmaceutica e salute collettiva?”. Dipende.
E in proposito è il caso di sottolineare non solo che l’industria farmaceutica in Italia ha sopperito al vuoto istituzionale della mancanza di iniziative di ricerca, apportando enormi vantaggi ai cittadini con la messa a punto di importanti e vitali farmaci, dagli ipertensivi agli antineoplastici, tanto per citarne qualcuno. In occidente si vive non solo a lungo, ma sopratutto meglio anche per merito dei farmaci. Da qualche anno è nato un movimento critico che tocca tutti gli opinion leader delle più importanti riviste medico-scientifiche che stigmatizzano ricerche pilotate e anche manipolate; si accusa la tendenza dell’industria di “inventare” nuove malattie” (life style drug) o di aumentare la prevalenza delle stesse “incentivando” l’abbassamento-modifica di parametri indice: per esempio, le molto criticate linee guida per il controllo della PA. D’altra parte vi è da almeno un decennio una crociata per la EBM che certamente ha migliorato la pratica medica e sminuito, giustamente, il ruolo dell’arte medica tout court, talvolta pasticciona, ma ha anche creato le premesse della rigidità normativa che caratterizza la pratica medica attuale. Nel frattempo si critica la medicina delle cure primarie per i perenni ritardi nell’aggiornamento, la prevenzione e la diagnosi di malattie a grande impatto sociale come le malattie cardiovascolari, la depressione, fino all’ipertrofia prostatica benigna.
A testimonianza di ciò uno sport diffuso dalle stesse “prestigiose” riviste scientifiche è quello di porre costantemente l’accento sulle sottodiagnosi e i conseguenti sottotrattamenti perpetrati dalla medicina generale. Cosicché al Mmg non resta che la duplice incombenza: seguire la “geometrica potenza” dei trial o rifiutare la “pressione” dell’industria che spinge per adeguare la pratica agli studi clinici controllati.
Qualsiasi sia la scelta, il rischio resta sempre quello dell’inapropriatezza sia ipo che iper prescrittiva.

In medio stat virtus


Se gli studi di efficacia sono seri, ne consegue che i medici devono adeguarvisi per il bene della salute di tutti: ben venga allora l’informazione che incentiva l’utilizzo di farmaci che si sono dimostrati efficaci.
Se invece i trial sono bufale più o meno mascherate, si sanzionino duramente gli enti nazionali e sovranazionali di controllo (la mitica FDA), i centri di ricerca, i ricercatori e le case farmaceutiche.
Pur avversando l’interventismo delle big houses farmaceutiche, mi immalinconiscono i Mmg, mosche cocchiere della prescrizione nuda e pura. I Mmg dovrebbero soprattutto chiedere, fare e pretendere per il bene dei pazienti che curano, di “validare” i dati della ricerca dei trial con la ricerca sui pazienti reali: superare la medicina delle evidenze con la medicina delle evidenze nel contesto della pratica.