M.D. numero 36, 30 novembre 2005

Tribuna
Serve un ECM ad hoc per i medici di famiglia
di Salvatore Valore, Medico di medicina generale, Paterṇ (CT)

Da quasi quattro anni sono obbligatori i corsi ECM per gli operatori della sanità e credo sia opportuno cominciare a riflettere su tale obbligatorietà.
Quando questo nuovo obbligo è nato mirava a far fare un salto di qualità alla professione dei medici, che accusava sintomi di stanchezza. L’incentivo dei “crediti” sembrava potesse essere di stimolo per qualche medico particolarmente demotivato, ma non è andata così. Il passare del tempo e la standardizzazione dei meccanismi di elaborazione e strutturazione dei corsi ECM hanno a poco a poco evidenziato lo iato tra le finalità iniziali e la realtà dell’aggiornamento. Inoltre si è anche palesata la scarsità di corsi sponsorizzati da enti istituzionali, rispetto a quelli promossi e sostenuti dalle aziende farmaceutiche.

Sponsorizzazioni in Sanità
Secondo la ricerca “Sposa” (Sponsorizzazioni in Sanità), curata da Vittorio Lodolo D’Oria, medico ed esperto di comunicazione e marketing sanitari, gli sponsor dell’ECM sono nel 92.75% dei casi industrie farmaceutiche. Le società scientifiche si avvalgono di sponsor commerciali non appartenenti all’industria farmaceutica solo nel 5% dei corsi realizzati. Anche i provider pubblici, Asl e ospedali, ricorrono significativamente allo sponsor farmaceutico, rispettivamente nel 93% e nell’84% dei casi.

Nella strutturazione dei corsi ECM, ministero della Salute, Regioni e Asl brillano per la loro sparuta presenza ed è ovvio che in tale vuoto istituzionale subentrino le industrie farmaceutiche con troppi eventi, magari interessanti ma, per ovvi motivi, settoriali e senza una vera organica programmazione.
“Obbligatorietà” e “crediti” spingono i medici a frequentare tutti i corsi che possono, ma nella realtà sono pochi quelli che hanno ricadute sul lavoro di ogni giorno.
È proprio questo uno dei motivi, se non il principale, del malessere che serpeggia tra la categoria. Ci si affanna troppo a seguire corsi, a riempire carte e creare file e mancano non solo le proposte, ma anche il tempo per una formazione a misura di Mmg.

Questioni culturali


Va anche detto che i corsi ECM risentono della cultura e dell’impostazione metodologica universitaria, per questo possono andar bene per il personale sanitario strutturato e operante in Policlinici e ospedali, dove si trovano a curare le patologie in acuto e nella loro specificità. Sono poco adatti, però, per il Mmg che in maggioranza si occupa di cronicità e opera nel quotidiano con pazienti spesso portatori di una miriade di sintomi da interpretare, a volte senza una patologia definita.
Per questo credo sia arrivato il momento di mettere in discussione la metodologia concernente l’aggiornamento in medicina generale, strutturando eventi ECM specifici.
Bisogna tenere presente che il medico di famiglia parte dai sintomi (non dalla patologia) per arrivare ad una diagnosi.
Sarebbe opportuno strutturare degli eventi che tengano conto del processo “maieutico” che caratterizza il percorso diagnostico della medicina di famiglia affinando le capacità di correlazione tra svariati sintomi e possibili diagnosi.
Una ECM a misura di Mmg dovrebbe, prima di tutto, occuparsi dei contenuti, dei modi e dei metodi più idonei a risolvere il problema (complesso e variegato) dell’interpretazione del sintomo. Le conoscenze specifiche sono necessarie, ma devono essere complementari alle esigenze e ai compiti propri di chi esercita la professione di medico di famiglia.
Sono inoltre convinto che la medicina di famiglia avrebbe tutte le carte in regola per trovare in se stessa le energie necessarie per le esigenze di crescita e formazione, senza per questo disconoscere la valenza delle conoscenze e delle innovazioni che la ricerca, la scienza e l’università offrono. Senza però nemmeno disattendere (per un malcelato senso di frustrazione rispetto ai “luminari”) la specificità e articolata complessità in cui opera il medico di famiglia.