M.D. numero 36, 30 novembre 2005

Terapia
Le basi della nuova indicazione di candesartan nello scompenso cardiaco
di Andrea Di Lenarda, Laura Massa, Marco Merlo, Alberto Pivetta, Daniela Chicco, Gianfranco Sinagra, Dipartimento Cardiovascolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria "Ospedali Riuniti" e Università di Trieste

Dal primo di settembre è stata concessa per candesartan cilexetil l’indicazione per il trattamento dello scompenso cardiaco cronico, sulla base dei convincenti risultati provenienti dallo studio CHARM. Sono attualmente solo due in Italia i sartani con questa indicazione


L
e linee guida della Società Europea di Cardiologia di recente pubblicate sull’European Heart Journal (2005; 26: 1115-40) forniscono chiare indicazioni in merito all’uso degli inibitori recettoriali dell’angiotensina II (ARBs) nello scompenso cardiaco (SC), in seguito alla pubblicazione dei dati ottenuti con il candesartan e con il valsartan.
Sulla base di questi dati, le linee guida raccomandano l’uso degli ARBs non solo nei pazienti ACE intolleranti, ma anche in combinazione con gli ACE-inibitori in pazienti che malgrado la terapia restano sintomatici, con l’obiettivo della riduzione della mortalità (classe di raccomandazione IIa, livello di evidenza B) e delle ospedalizzazioni per SC (classe di raccomandazione I, livello di evidenza A).
Per quanto riguarda i dosaggi, le linee guida sottolineano come alti dosaggi di candesartan cilexetil (32 mg/die) o valsartan (160 mg/bid) siano associati ad un significativo miglioramento della morbilità e della mortalità cardiovascolare (CHARM braccio “Added” e “Alternative”) o della morbilità per SC (Val-Heft), in combinazione con gli ACE-inibitori.
Il primo studio di associazione di ACE-inibitori e ARBs è stato lo studio Val-Heft su 5010 pazienti con SC sintomatico (NYHA II-IV) e ridotta funzione ventricolare sinistra (frazione di eiezione del ventricolo sinistro - FEVS <40%), randomizzati ad un trattamento con 160 mg/bid di valsartan o placebo. Il 93% dei pazienti assumeva all’arruolamento ACE-inibitori, mentre il 35% era in terapia con betabloccanti.
I risultati ottenuti con un dosaggio medio di 254 mg/die hanno evidenziato come nel gruppo trattato con valsartan il rischio di endpoint combinato mortalità+morbilità si sia ridotto significativamente del 13.2% (p=0.009), mentre quello per ospedalizzazioni del 27.5% (p<0.001). Non è stato invece dimostrato alcun effetto sulla mortalità.

Lo studio CHARM


Il Programma CHARM (Candesartan in Heart Failure-Assessment of Reduction in Mortality and Morbidity) ha coinvolto 7.601 pazienti (tabella 1) e rappresenta il più esteso programma di ricerca condotto nello SC cronico sintomatico con un bloccante del recettore AT1 dell’angiotensina II. I pazienti affetti da SC sintomatico con funzione sistolica ventricolare sinistra depressa (FEVS £40%) sono stati randomizzati al braccio “Alternative”, se intolleranti all’ACE-inibitore, o al braccio “Added”, se già in terapia con ACE-inibitori. I pazienti con funzione sistolica ventricolare sinistra preservata (FEVS >40%), sono stati invece randomizzati nel braccio “Preserved”.
A tutti i pazienti è stato somministrato candesartan a dosi crescenti (da 4 a 32 mg/die) o placebo, in aggiunta al trattamento standard usualmente impiegato per il trattamento dello SC. La dose di candesartan massima di 32 mg/die è stata tollerata nel 70% dei pazienti studiati (dosaggio medio giornaliero 24 mg). Il follow-up medio è stato di 33, 36, 41 mesi nel braccio Alternative, Preserved e Added, rispettivamente.
La figura 1 riassume i risultati principali dello studio.
Il CHARM-Added ha arruolato 2548 pazienti al trattamento con candesartan o placebo in associazione al trattamento convenzionale dello SC con ACE-inibitori (100%) e betabloccanti (55%). Nei pazienti che assumevano una terapia convenzionale per lo SC con ACE-inibitori (73% in classe NYHA III), il candesartan ha dimostrato benefici aggiuntivi su mortalità cardiovascolare (HR 0.84, p=0.029) e ospedalizzazioni per SC (HR 0.83, p=0.014). Il candesartan ha prodotto una riduzione ulteriore del rischio di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per SC pari al 15% (p=0.011) rispetto a placebo.
È importante sottolineare che il candesartan ha dimostrato questa efficacia insieme ad un alto livello di tollerabilità, anche quando assunto all’interno di una triplice terapia che includa un ACE-inibitore ed un betabloccante (terapie standard ormai consolidate nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica).
Al CHARM-Alternative hanno partecipato 2028 pazienti che non assumevano ACE-inibitori per intolleranza. In questo studio il candesartan ha ridotto in modo significativo del 23% il rischio di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per SC (p=0.0004). Questo dato è confrontabile con i vantaggi riscontrati negli studi sullo SC in cui sono stati impiegati unicamente gli ACE-inibitori. La tollerabilità è risultata buona nella maggioranza dei casi, risultato di particolare rilevanza trattandosi di pazienti già intolleranti agli ACE-inibitori.
Il Programma CHARM ha anche incluso la più grande sperimentazione clinica mai effettuata su pazienti affetti da SC cronico con funzione ventricolare sinistra preservata (n=3023), per i quali attualmente esistono ben poche strategie terapeutiche comprovate. Nello studio CHARM-Preserved, l’endpoint primario di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per SC ha mostrato un trend di riduzione dell’11% con il candesartan, in linea con i positivi risultati visti negli altri due studi CHARM-Alternative e CHARM-Added. Il numero totale di ospedalizzazioni per SC è stato significativamente più basso nel gruppo candesartan (402 contro 566, p=0.014).
È stata anche riscontrata una significativa riduzione del 40% nel numero di pazienti ai quali è stato diagnosticato un diabete di nuova insorgenza (47 vs 77, p=0.005).
Anche in questi pazienti la tollerabilità è risultata molto buona.
L’analisi combinata dei tre studi (n=7601) (CHARM-Overall) ha mostrato per il candesartan una significativa riduzione dei decessi cardiovascolari (p=0.006) e ha anche dimostrato un trend estremamente positivo nella riduzione complessiva della mortalità per tutte le cause, ai limiti della significatività statistica (p=0.055). Inoltre, nel gruppo di pazienti in trattamento con candesartan, il rischio relativo di morte improvvisa si è ridotto significativamente del 15% rispetto a quanto osservato nel gruppo di confronto (p=0.036).
La valutazione della classe funzionale NYHA al termine del trial ha fatto inoltre rilevare un miglioramento significativo nel gruppo candesartan (35.4%) vs il gruppo placebo (32.5%, p=0.04) ed una minore insorgenza di casi di fibrillazione atriale (candesartan 6.5% vs placebo 7.9%, p=0.048).
Da sottolineare, infine, una significativa riduzione nell’insorgenza di nuovi casi di diabete mellito (6% con candesartan rispetto al 7.4% con placebo; p=0.020).

Considerazioni conclusive


I risultati dello studio CHARM hanno fornito dati di notevole impatto sulla pratica clinica quotidiana, fornendo motivazioni convincenti per l’utilizzo del candesartan in un ampio spettro di pazienti sintomatici per SC malgrado il trattamento convenzionale. Inoltre i risultati ottenuti nei casi intolleranti agli ACE-inibitori ci forniscono un’arma efficace in pazienti altrimenti con ridotte soluzioni terapeutiche. Infine l’efficacia sulla mortalità cardiovascolare, nei pazienti più severi, e sui sintomi ed ospedalizzazioni per SC, in tutti i pazienti indipendentemente dalla funzione del ventricolo sinistro, appare la più convincente tra quelle dimostrate dagli ARBs e giustifica la formalizzazione delle indicazioni all’utilizzo del candesartan nel paziente con scompenso cardiaco.

Bibliografia

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