M.D. numero 36, 30 novembre 2005

Rassegna
Screening e sorveglianza del tumore colorettale
di Giovanni Di Dio, Medico di medicina generale, Taranto, Responsabile Dipartimento di Gastroenterologia AIMEF e Angelo Sigillito, Nucleo Operativo di Endoscopia Digestiva, AO ³S. Carlo², Potenza, Responsabile Regione Basilicata Screening Tumori del Colon-Retto

Nello screening del tumore del colon-retto l’intervento del Mmg è fondamentale per motivare, educare e sensibilizzare la popolazione. Inoltre, in qualità di medico della persona può precocemente sospettare la presenza della lesione attraverso l’osservazione di sintomi e segni caratteristici e attuare un’adeguata strategia di diagnosi tempestiva e di sorveglianza. Allo specialista il compito di confermare il sospetto diagnostico e attuare
le diverse strategie terapeutiche


I
l carcinoma colorettale rappresenta una delle principali cause di morbilità e mortalità per neoplasia nei Paesi occidentali, occupando la seconda posizione per mortalità sia fra i maschi, dopo il cancro del polmone, sia fra le femmine dopo il tumore della mammella.
Il 78% dei casi di cancro del colon-retto è rappresentato dalle forme cosiddette “sporadiche” derivanti dal polipo adenomatoso, il 15% sviluppa nei soggetti con storia familiare positiva, mentre il 5% ha origine dal cancro colorettale ereditario non polipoide (HNPCC), circa l’1% da malattie infiammatorie croniche dell’intestino e l’altro 1% dalla poliposi familiare adenomatosa (FAP). In Italia ogni anno si ammalano di carcinoma colorettale 34.000 cittadini, con un’elevata mortalità (circa 19.000 casi) e nonostante i miglioramenti delle tecniche chirurgiche e dei trattamenti radio e chemioterapici, le percentuali di sopravvivenza a 5 anni rimangono decisamente basse, con una mortalità del 45%. Il mancato miglioramento della prognosi è da attribuirsi al fatto che gran parte delle lesioni vengono diagnosticate in fase avanzata, quando hanno già metastatizzato in sede loco-regionale o a distanza.
I dati derivanti da studi epidemiologici delle lesioni ormai riconosciute come precursori tumorali, gli adenomi ad alto rischio, sono molto incerti in quanto tale patologia è normalmente asintomatica e si rileva occasionalmente nel corso di esami endoscopici e campagne di screening.
La pubblicazione del Codice Europeo contro il Cancro (2-12-2003, III edizione), sullo screening dei tumori, individua come problema di sanità pubblica la prevenzione del carcinoma del colon-retto (CCR) e raccomanda come test di screening di primo livello “la ricerca del sangue occulto nelle feci negli uomini e nelle donne di età compresa fra 50 e 74 anni”.
Il medico di famiglia svolge un ruolo fondamentale nelle campagne di screening, poiché è a conoscenza dei fattori di rischio legati alla storia dell’individuo e della sua famiglia e può modificare favorevolmente lo stile di vita e motivare i cittadini sani e asintomatici a partecipare a progetti di prevenzione primaria e secondaria.

Razionale dello screening


L’intervento di sanità pubblica con campagne di screening del cancro del colon-retto è giustificato da alcuni elementi:
1. la malattia è per morbosità e mortalità un importante problema di salute pubblica;
2. esistono lesioni pre-cancerose e/o stadi precoci nel corso della storia naturale della malattia che è possibile diagnosticare. L’adenoma è una lesione pre-cancerosa la cui asportazione interrompe la sequenza adenoma-carcinoma;
3. esistono metodiche diagnostiche sperimentate in grado di individuare tanto gli adenomi quanto i carcinomi: la ricerca del sangue occulto fecale ha dimostrato di essere efficace nelle campagne di screening e la colonscopia totale è l’esame gold standard per individuare l’adenoma e il carcinoma e, a volte, è terapeuticamente risolutivo;
4. l’intervento terapeutico (colonscopia con polipectomia) in uno stadio precoce della malattia comporta vantaggi (diminuzione della mortalità e riduzione dei costi socio-sanitari) rispetto al trattamento in uno stadio più tardivo;
5. la terapia chirurgica di un CCR individuato in uno stadio precoce può essere risolutiva, con una maggiore sopravvivenza e una migliore qualità della vita;
6. i benefici economici di un programma di screening sono superiori ai costi sociali e terapeutici della malattia anche senza considerare i costi intangibili.

Strategie di screening


In termini di costo/beneficio lo screening è una procedura altamente indicata nei soggetti a rischio generico per cancro colorettale e seleziona i cittadini da sottoporre a endoscopia. Allo stato attuale la scelta del programma ottimale di screening è ancora oggetto di dibattito e la strategia è vincolata da scelte politiche che dispongono sul territorio risorse economiche e umane. In Italia, le linee guida approvate dalla Commissione Oncologica Nazionale nel 2001 indicano che “metodiche efficaci per lo screening del cancro colorettale includono il test per la ricerca del sangue occulto fecale (FOBT) e la sigmoidoscopia (FS). Non vi è evidenza sufficiente per determinare quale di questi due metodi sia più efficace, o se la combinazione delle due procedure produca maggiori benefici, che uno dei due test da solo”. Il Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2003-2005 afferma che “allo stato attuale delle conoscenze, esami di screening di comprovata efficacia sono il Pap test, la mammografia e la ricerca del sangue occulto fecale” e anche nelle linee guida del PSN 2006-2008 nell’ambito del piano di prevenzione primaria viene ribadita la necessità del programma di screening di tumori. L’orientamento generale delle Regioni in cui è partita la campagna di screening per il CCR prevede l’uso generalizzato del FOBT con test immunologico a cadenza annuale o biennale su un unico campione di feci nei soggetti con età >50 anni e studi pilota locali offrono l’endoscopia come test di primo livello e la ricerca del sangue occulto fecale nei soggetti che rifiutano l’endoscopia.

Test per lo screening


Ricerca di sangue occulto nelle feci (FOBT)
Il FOBT è un test semplice, non invasivo, innocuo, ben accettato dai soggetti sani e asintomatici, di basso costo, facilmente disponibile e in alcuni casi gestibile sia dal medico di famiglia sia nelle strutture periferiche del sistema sanitario. Il FOBT utilizzato in diversi studi di screening è il test chimico al guaiaco, basato sul prelievo di due campioni di feci da ogni defecazione, per tre evacuazioni consecutive. I campioni vengono strisciati direttamente dal cittadino e la “test card” completata può essere sviluppata dallo stesso medico. L’esecuzione del test richiede, almeno il giorno prima dell’esecuzione, restrizioni dietetiche (carne, vitamina C, ecc), la cui presenza é causa di falsi positivi e negativi.
Recentemente è stato introdotto nella pratica clinica un test di tipo immunologico, che accerta in maniera oggettiva e quantitativa, quindi ripetibile, l’emoglobina umana fecale con elevata sensibilità (99%) e specificità (97.8%).
Pur avendo un costo maggiore rispetto al test chimico al guaiaco il test immunologico offre diversi vantaggi:
• minore impegno e quindi maggiore compliance del cittadino alle campagne di screening, poiché non sono richieste restrizioni dietetiche;
• è sufficiente un solo campione di feci;
• il risultato è di tipo quantitativo e non soggettivo, permettendo così controlli crociati tra i diversi laboratori.

Colonscopia totale (CT)

La colonscopia è attualmente il test di riferimento in quanto permette:
• l’esplorazione completa di tutto il colon;
• la diagnosi di cancro e adenoma mediante il prelievo bioptico;
• a volte risulta essere terapeutica, in quanto è possibile la rimozione di polipi adenomatosi precursori di CCR.

Sigmoidoscopia (SS)

La sigmoidoscopia permette di identificare circa il 70% dei polipi adenomatosi e il 40-65% dei CCR. L’associazione di FOBT e sigmoidoscopia come test di screening riduce la mortalità per carcinoma colorettale di oltre il 50%. L’indagine esplora solo un tratto del colon e comunque, evidenziata una lesione neoplastica o pre-neoplastica, deve essere sempre seguita dalla colonscopia totale. Viene eseguita in casi particolari e non come metodica di routine.

Clisma con doppio mezzo di contrasto
Proposta nel passato, questa metodica non soddisfa i parametri di sensibilità e specificità richiesti da uno screening, È un esame di seconda scelta e può essere utilizzato solo quando è impossibile, per le condizioni cliniche del paziente, eseguire una colonscopia. Evidenziata una lesione neoplastica o pre-neoplastica, deve sempre seguire una pancolonscopia diagnostica e/o operativa.

Marker tumorali

Oggi nessun marcatore tumorale è indicato come procedura di screening. Il CEA è usato per pianificare la sorveglianza di pazienti a rischio personale aumentato per precedente asportazione del tumore del colon-retto, a condizione che il valore del marcatore fosse alto prima della resezione. Nel caso di valore elevato questo deve normalizzarsi dopo 45-60 giorni dall’intervento di asportazione del CCR. L’aumento dei valori del 25-35% in due determinazioni consecutive dopo la normalizzazione, deve indurre il sospetto di una ripresa della malattia in circa il 60-70% dei casi. Tuttavia, in presenza di metastasi spesso i valori rimangono nella norma. Nel caso di valori nei limiti della norma prima della resezione, il CEA non viene preso in considerazione per stabilire un programma di sorveglianza.

Il futuro dei test

DNA fecale
L’analisi del DNA epiteliale colorettale fecale è un test non invasivo e non richiede preparazione intestinale. L’esame è in grado di rilevare una maggiore proporzione di neoplasie e adenomi colorettali importanti rispetto
al test del sangue occulto nelle feci, poiché l’esfoliazione epiteliale del colon è continua, al contrario del sanguinamento da neoplasia che è intermittente. Attualmente però non è ipotizzabile che questo test sostituisca il FOBT: rimangono infatti ancora aperte le questioni relative alla sensibilità e specificità, al rapporto costo/beneficio e alla disponibilità sul territorio.

Colonscopia virtuale

Attualmente non esiste nessuna linea guida che indichi la colonscopia virtuale come test di screening. Anche se risulta un metodo efficace per rilevare CCR in soggetti asintomatici con rischio aumentato, è gravato da costi elevati e dalla scarsa diffusione nel territorio. Le principali indicazioni sono lo studio completo del colon in caso di ostruzione neoplastica oppure di esame endoscopico incompleto. In diversi studi di confronto l’accuratezza diagnostica nell’individuare l’adenoma non è risultata migliore dell’endoscopia tradizionale. Allo stato attuale non sembra essere indicata per uso routinario nella pratica clinica al di fuori di studi clinici; sono infatti necessari specifici training specialistici e collaborazioni multidisciplinari (radiologi e gastroenterologi).


Stratificazione del grado di rischio


Per stabilire la strategia di screening e di diagnosi precoce o tempestiva più appropriata per ciascun soggetto è importante stratificare il grado di rischio in rapporto a: età, familiarità, condizioni geneticamente predisponenti, presenza di sintomi e segni di allarme.

Fattori di rischio
I fattori di rischio per tumore colorettale sono:
• età >50 anni
• familiarità per CCR e per polipi adenomatosi del colon-retto (poliposi adenomatosa familiare e cancro del colon ereditario non poliposico)
• storia personale di adenoma colorettale
• storia personale di CCR
• storia personale di malattie infiammatorie croniche intestinali
• storia personale di tumori di mammella, ovaio, endometrio
• dieta ricca in grassi animali e povera in fibre vegetali
• fumo di tabacco
• sedentarietà e obesità.

Sintomi e segni di allarme

I segnali d’allarme o “red flags” per identificare e sorvegliare i casi “sospetti” sono:
• emorragia rettale persistente senza sintomi e nessuna evidenza di patologia anale benigna;
• emorragia rettale e/o cambiamento delle abitudini intestinali per almeno 6 settimane;
• recente alterazione dell’alvo con feci poco formate e/o aumento della frequenza della defecazione, persistente per più di 6 settimane;
• anemia sideropriva con Hb <10 g/dl senza altra causa evidente;
• massa rettale evidenziabile all’esplorazione rettale o massa addominale palpabile;
• perdita di peso >10% del proprio BMI (indice di massa corporea), senza modifiche dell’alimentazione;
• tenesmo;
• senso d’incompleto svuotamento.

Definizione e classi di rischio

La stratificazione del grado di rischio per CCR è necessaria per definire efficacemente quale intervento di screening, diagnosi precoce e sorveglianza adottare per migliorare la prognosi e qualità della vita nei soggetti a rischio per tumore colorettale.
È possibile definire essenzialmente due classi di rischio:
1. Rischio generico
2. Rischio aumentato per:
Rischio personale
- Storia personale per adenoma
- Storia personale per CCR
- Storia personale per MICI (retto-colite ulcerosa, morbo di Crohn)
Rischio familiare
- Sindromi ereditarie
- Rischio familiare semplice
- Rischio familiare complesso

Rischio generico


Soggetti a rischio generico sono quei cittadini verosimilmente sani senza presenza di segni e/o sintomi di allarme per cancro del colon-retto e/o fattori di rischio genetico o familiare.
Il rischio generico per CCR definisce il rischio relativo di una popolazione con età >50 anni, che non presenta altri fattori di rischio oltre l’età stessa. In Italia tale rischio è valutato in circa il 6%. Nei soggetti con rischio generico è indicato come test di screening di primo livello la ricerca del sangue occulto fecale annuale, a cui fa seguito, in caso di positività, la colonscopia totale. In tabella 1 è riportato l’intervallo di tempo e il test da usare per lo screening dei soggetti con rischio generico dall’età di 50 anni.

Rischio aumentato


I soggetti con rischio aumentato per CCR sono quelli con malattie, condizioni familiari e/o genetiche con evidenza di lesioni precursori di malattia neoplastica. È possibile individuare due classi di rischio: personale e familiare.
Rischio personale per adenoma
Numerosi studi indicano che oltre il 90% dei tumori del colon-retto originano da un polipo adenomatoso, mentre solo nel 5% la trasformazione avviene direttamente dalla mucosa.
• Il polipo adenomatoso è quasi sempre asintomatico;
• la diagnosi è occasionale durante endoscopia/clisma opaco con doppio mezzo di contrasto o campagne di screening;
• la colonscopia totale è la procedura diagnostica gold standard e a volte risulta terapeutica, permettendo la resezione definitiva dell’adenoma.
L’importanza dei polipi deriva dalla loro elevata frequenza nella popolazione generale: essi sono presenti nel 30% degli individui con età >50 anni, aumentando al 65% nei soggetti con età >60 anni. I pazienti che hanno eseguito una polipectomia per-endoscopica, hanno un rischio aumentato del 30% di sviluppare successivamente altri polipi o un CCR. Questi soggetti, dopo un’accurata toilette di tutte le lesioni sincrone mediante colonscopia totale, dovrebbero eseguire il primo controllo dopo 2 o 3 anni e, successivamente, se negativo, ogni 5 anni.
I programmi di screening, attraverso l’individuazione dei polipi adenomatosi e la loro successiva asportazione con la polipectomia, riducono l’attesa della neoplasia dell’80-90%.
Il tempo calcolato per la formazione e la successiva cancerizzazione di un polipo di 1 cm è di circa 10 anni: questo comporta la possibilità di effettuare una colonscopia ogni dieci anni nei programmi di screening e sorveglianza. Istologicamente risulta che il 75% sono polipi adenomatosi (tubulari 75%, tubulo villosi 20% e villosi 5%); il rimanente 25% sono polipi iperplastici, infiammatori, linfoidi, ecc.
I polipi iperplastici e amartomatosi non cancerizza e non necessitano di particolari programmi di sorveglianza. La tendenza a trasformazione maligna del polipo adenomatoso dipende da vari fattori di rischio che devono sempre essere riportati nel referto endoscopico e istologico da consegnare al medico di famiglia affinché questi possa valutare la classe di rischio e definire un efficace programma di sorveglianza.

Definizione di adenoma ad “alto rischio”


1. Dimensioni >1 cm
2. Almeno il 25% di componente villosa
3. Displasia di grado elevato (che comprende anche le dizioni di carcinoma intramucoso o “ in situ”)
4. Cancro invasivo (che ha superato la muscolaris mucosae)
Nella tabella 2 sono riportati i criteri di sorveglianza endoscopica in rapporto ai fattori di rischio di cancerizzazione dell’adenoma.

Rischio personale per precedente cancro colorettale


La sorveglianza endoscopica nei pazienti che hanno subito un intervento resettivo per CCR è indicata al fine di diagnosticare precocemente recidive trattabili e lesioni metacrone. In questi soggetti viene consigliata una colonscopia totale dopo 2 o 3 anni dall’intervento e successivamente ogni 5 anni.

Cancro del colon-retto ereditario

Circa il 5% dei tumori del colon-retto sono di tipo ereditario e includono la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la sindrome ereditaria non poliposica del carcinoma colorettale (HNPCC) o sindrome di Lynch.
• Poliposi adenomatosa familiare (FAP): è una malattia rara autosomica dominante, caratterizzata da una mutazione genetica APC responsabile dei numerosi adenomi colorettali e della loro trasformazione maligna con rischio di neoplasia in altre sedi (tiroide, papilla del Vater, tubo digerente superiore). L’esame genetico permette di identificare i soggetti portatori della mutazione APC da sottoporre a sorveglianza e terapia adeguata.
• Sindrome ereditaria non poliposica del carcinoma colorettale (HNPCC) o sindrome di Lynch: è causa del 5-10% dei cancri con numerosi casi a insorgenza intrafamiliare. La malattia è a carattere autosomico dominante ed è dovuta a mutazione di uno dei geni deputati alla riparazione del DNA. Tale sindrome è caratterizzata dall’insorgenza delle lesioni in età giovanile, con sede preferenziale nel colon destro, dalla presenza di neoplasie sincrone e metacrone, una prognosi migliore rispetto al cancro sporadico e al tipo istologico mucinoso della lesione. I pazienti affetti da tale sindrome sono soggetti a neoplasie in altre sedi (endometrio, ovaio, stomaco, vie urinarie).
Il test genetico permette di identificare i soggetti portatori della mutazione da sottoporre a sorveglianza più aggressiva anche se la negatività della ricerca non esclude la sindrome.
In caso di polipi adenomatosi ricorrenti o polipi con displasia severa o di tipo villoso è consigliata una colectomia profilattica. Per individuare i pazienti affetti è disponibile un test per lo screening genetico.

Malattie infiammatorie croniche intestinali o MICI


I pazienti affetti da rettocolite ulcerosa (RCU) hanno un rischio maggiore di sviluppare un cancro del colon-retto e in presenza di morbo di Crohn il rischio è sovrapponibile. Circa l’1% di tutti i carcinomi colorettali si sviluppa in soggetti con RCU e nel 15% dei casi rappresenta la causa di morte. Il rischio di CCR presenta un incremento dello 0.5-1% per anno dopo 8-10 anni dalla diagnosi; circa il 5-10% sviluppa la neoplasia dopo 20 anni di malattia e il 12-20% dopo 30 anni.
Mentre il polipo adenomatoso è considerato il precursore del carcinoma sporadico del colon-retto, nel cancro associato alla RCU la lesione precancerosa è rappresentata dalla displasia.
La displasia è definita microscopicamente come la sostituzione dell’epitelio intestinale originario con epitelio inequivocabilmente neoplastico senza i caratteri dell’invasività. Secondo la classificazione di Riddel et al. (Hum Patol 1983; 14: 931) comprende:
1. displasia negativa
2. displasia non definita
3. displasia low-grade (LGH)
4. displasia high-grade (HGD)
5. cancro invasivo.
Il programma di sorveglianza per i pazienti affetti da MICI dipende dalla presenza e gravità della displasia (tabella 3).

Rischio familiare semplice


I pazienti che presentano un solo parente di primo grado con CCR diagnosticato dopo i 50 anni di età hanno un rischio relativo doppio o triplo, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare la malattia o di sviluppare un adenoma colorettale.

Rischio familiare complesso


Con il termine familiarità complessa si intende la presenza nel nucleo familiare di due o più parenti di primo grado con diagnosi di neoplasia colorettale o di un familiare di primo grado con CCR diagnosticato ad un’età <50 anni e che non rientra nella definizione di familiarità semplice o di sindrome ereditaria. I pazienti con familiarità complessa hanno un rischio relativo triplo o quadruplo, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare un CCR. La tabella 4 riassume la percentuale di rischio in rapporto alle condizioni familiari e/o genetiche con evidenza scientifica di lesioni precursori del tumore del colon-retto.

Considerazioni finali


Circa il 95% dei carcinomi del colon retto originano da un polipo adenomatoso molto lentamente (circa 10 anni) e quando i sintomi e segni della malattia conducono alla diagnosi, questa è tardiva per la presenza di metastasi a distanza. La sequenza adenoma-carcinoma può essere interrotta dall’individuazione e dall’asportazione del polipo adenomatoso mediante campagne di screening condotte sul territorio nazionale. Per tali motivi la diagnosi precoce e sorveglianza del tumore del colon-retto necessita di sinergie di intervento di tutti gli operatori sanitari e delle istituzioni. Il successo di una campagna di screening dipende molto dall’intervento di counselling del Mmg, poiché molto spesso al cittadino mancano le informazioni corrette sulla frequenza della malattia, la consapevolezza di essere un soggetto a rischio, la paura delle procedure di esecuzione del test, ansia per un test positivo. Al medico di famiglia spetta il compito di motivare, educare e sensibilizzare i cittadini a partecipare attivamente alle campagne di screening, stratificare i cittadini in classi di rischio per lo sviluppo del tumore, sospettare la presenza della lesione attraverso un’attenta osservazione di sintomi e segni caratteristici per attuare un’adeguata strategia di diagnosi (precoce e tempestiva) e sorveglianza dei pazienti. Allo specialista spetta il compito di confermare il sospetto diagnostico, fornire le risposte adeguate a realizzare un efficace programma di sorveglianza e attuare le diverse strategie terapeutiche. Agli amministratori della Sanità la decisione politica di concretizzare, disponendo di risorse economiche e umane, nel territorio la prevenzione secondaria mediante efficaci campagne di screening.