M.D. numero 36, 30 novembre 2005

Farmaci
Nuove prospettive per la malattia di Crohn
di Sirio Spadano

I farmaci biologici anti-TNFα rappresentano la frontiera terapeutica più avanzata per le persone affette da morbo di Crohn che non rispondono ai trattamenti convenzionali. Le speranze da un nuovo composto in fase di sperimentazione clinica


N
ell’ultimo mezzo secolo la malattia di Crohn ha fatto registrare una continua, anche se lenta, crescita epidemiologica. Attualmente si stima che in Italia siano circa 50mila le persone colpite (con 5 nuovi casi ogni 100.000 abitanti ogni anno), mentre in tutto il mondo supererebbero il milione.
La malattia di Crohn di solito insorge tra i 15 e i 35 anni, con un picco massimo intorno ai 20-25 anni. Non sempre viene diagnosticata subito in quanto le manifestazioni cliniche all'esordio possono essere molto vaghe, magari caratterizzate solo da dolori addominali. La presenza di diarrea, febbricola, dimagramento, nausea e astenia orienta di più verso il sospetto diagnostico. La malattia ha quasi sempre un decorso cronico, con periodiche riacutizzazioni e talora periodi anche lunghi di completo benessere. Se mal gestita può avere un significativo impatto sulla qualità di vita, con ripercussioni negative sia sui rapporti interpersonali che sull’attività professionale. A causa dei sintomi disabilitanti, molti pazienti vanno incontro anche a periodi di depressione.
Il fenomeno patogenetico dominante alla base della malattia di Crohn è rappresentato da una risposta immuno-infiammatoria abnorme nei confronti di antigeni comunemente presenti nel lume intestinale. Una volta innescatasi, la flogosi dà luogo alla liberazione di un enorme numero di mediatori chimici, che amplificano ulteriormente il processo infiammatorio. Il tumor necrosis factor alfa (TNF
α) e diverse interleuchine sono le principali citochine proinfiammatorie che contribuiscono all'insorgenza e al mantenimento dei processi infiammatori della mucosa intestinale. La neutralizzazione della sintesi o degli effetti biologici delle citochine proinfiammatorie rappresenta pertanto un importante obiettivo terapeutico.
Diversi farmaci biologici indirizzati a neutralizzare il TNF
α hanno dimostrato a livello sperimentale una efficacia clinica in pazienti con malattia di Crohn, ma al momento attuale nell’Unione Europea è stato approvato solo l’infliximab per il trattamento della malattia di Crohn grave in fase attiva nei pazienti che non hanno risposto ai precedenti protocolli terapeutici. Si calcola che il 15% dei pazienti affetti da malattia di Crohn negli USA e l’8% di quelli in Europa siano attualmente trattati con anti-TNFα.
All’orizzonte si sta profilando l’introduzione di un nuovo anti-TNF
α, certolizumab, farmaco di ricerca e sviluppo UCB che viene somministrato per via sottocutanea una volta al mese (la somministrazione di infliximab è per infusione endovenosa ogni otto settimane).
Certolizumab è un anticorpo monoclonale “umanizzato” che presenta un’alta specificità, affinità e potenza di neutralizzazione del TNF
α. Il farmaco è stato inizialmente valutato nell’artrite reumatoide (altra malattia in cui il TNFα svolge un ruolo chiave quale mediatore flogistico) e i primi studi clinici ne hanno messo in luce il buon profilo di efficacia e tollerabilità.
L’impiego di certolizumab nel trattamento della malattia di Crohn è stato valutato in piccoli studi di fase II ed è attualmente in corso un programma di quattro studi clinici di fase III denominati PRECiSE 1, 2, 3 e 4, aventi l’obiettivo di dimostrare l’efficacia e la sicurezza del farmaco nel controllo della sintomatologia della malattia di Crohn da moderata a severa, e nel mantenimento della risposta clinica.

Come vive una persona con malattia di Crohn?
Da un sondaggio condotto pochi mesi fa negli Stati Uniti dalla Crohn’s & Colitis Foundation of America (CCFA) e dalla Digestive Disease National Coalition (DDNC) su pazienti affetti da Crohn è emerso che nella gran parte dei casi i malati hanno dovuto rivolgersi a più di un medico prima di essere diagnosticati e nel 30% dei casi sono state necessarie cinque o più visite prima della definizione della malattia. Circa la metà delle persone avevano ricevuto precedentemente una diagnosi diversa dal Crohn. In media i pazienti intervistati hanno dovuto attendere più di 3 anni dall’insorgenza dei primi sintomi alla diagnosi di morbo di Crohn. Il 73% dei pazienti intervistati hanno avuto dolore addominale, il 71% astenia, il 70% diarrea (in media per 226 giorni all’anno). Il 69% di tutti i pazienti hanno subito almeno un ricovero negli ultimi cinque anni, con una media di 38 giorni di degenza per anno; oltre la metà di questi soggetti sono stati sottoposti ad un intervento chirurgico. Per il 93% dei malati la loro condizione clinica ha condizionato negativamente la vita di relazione.
Per oltre la metà di essi la condizione più limitante è rappresentata dalla impossibilità di mangiare tutto ciò che si vorrebbe; un terzo ritiene frustrante il fatto di non potersi impegnare in attività sportive e non potere pianificare viaggi a causa dei disturbi di cui soffre. Per il 55% dei pazienti la malattia ha influito sulla intimità di coppia. Il 70% riferisce di considerarsi meno produttivo sul lavoro, quasi la metà degli intervistati di avere dovuto ridurre le ore lavorative e un terzo ha dovuto a un certo punto addirittura abbandonare l’attività professionale.