M.D.
numero 36, 30 novembre 2005
Appunti
Azione di protesta: perché ho ritirato
la delega sindacale
Ho
letto larticolo del collega Vito Cavallaro dal titolo
Sempre più difficile essere Mmg, specie se di frontiera
(M.D. 2005; 32: 14) e vorrei fare alcune considerazioni.
Premetto che quanto evidenziato dal collega è assolutamente
condivisibile perché vissuto quotidianamente nei nostri
studi. Tuttavia senza essere un rimprovero, ma semplicemente
una constatazione, mi sembra che, leggendo i vari interventi
dei colleghi pubblicati da M.D., si noti una marcata tendenza
di noi medici di famiglia alla lamentazione, al mugugno un po
fine a se stesso. Cosa facciamo praticamente per opporci alle
vessazioni perpetrate contro la professione?
La nostra controparte è rappresentata da persone esperte,
intelligenti, che hanno bene in testa i loro obiettivi e che
si incuneano nelle nostre divisioni e debolezze sindacali per
ottenere il massimo offrendo il minimo; questa è la tendenza
dei rinnovi contrattuali degli ultimi 15 anni.
In genere, dopo avere siglato i contratti, la risposta dei sindacati
alle critiche della categoria è che non si poteva ottenere
di più. Orbene, mi chiedo perché. Secondo la mia
opinione è che i sindacati propongono delle piattaforme
contrattuali senza alcuna democratica partecipazione della base:
in pratica avanzano proposte senza farci condividere nessuna
decisione. Chi può dire di essere stato contattato dal
proprio sindacato attraverso uno dei vari mezzi tecnologici
per partecipare propositivamente alle decisioni messe nero su
bianco dai rappresentanti di categoria? Ho partecipato ad assemblee
sindacali, forse non ancora smaliziato, ma con il senno di poi,
mi sono sembrate adunate in cui il tribuno parlava e il pubblico,
entusiasta, applaudiva alle proposte roboanti di scioperi, di
azioni durissime, con scambi di accuse tra le parti sindacali
opposte, senza che nessuno dei presenti, rappresentante la cosiddetta
base, intervenisse a dire la sua.
Allora ho preso una decisione, giusta o sbagliata che sia non
so, ma che giustifico con lidea che occorre fare pressione
per modificare questo modus operandi, ritirando la mia delega.
Forse vedendo la riduzione delle iscrizioni i sindacati se ne
chiederanno le ragioni e inizieranno a discutere di problemi
concreti, come quelli citati dal collega Cavallaro.
Daniele Cappelletti
Medico di medicina generale
Milano
Nuova
ricetta e nuove insidie per i Mmg
Prendendo
spunto dal dibattito aperto dallutilizzo della nuova ricetta
e da una serie di problemi a essa correlati, voglio soffermarmi
su alcune considerazioni.
Come sempre un evento nuovo si rileva il Cavallo di Troia per
apportare ulteriori incombenze burocratiche ai Mmg. Ed ecco
che, secondo quando stabilito dalla parte pubblica, saremmo
tenuti a conservare le matrici (non vedo a cosa e a chi servirebbe)
e con esse tutte le ricette sbagliate o inutilizzate (ma non
è più semplice distruggerle?). Mi chiedo se i
nostri studi diverranno degli enormi archivi cartacei. Ma se
i dati di quasi tutti i colleghi sono conservati con modalità
di archiviazione informatica, come spiegarci questo ritorno
al medioevo?
Negli ultimi anni il medico di medicina generale ha sempre più
il timore di sbagliare, non solo diagnosi e terapia; ha paura
di cadere in trappole burocratiche oscure e questa angoscia
condiziona il suo operato.
Non penso che ci sia un lucido disegno dietro questa situazione,
ma il risultato è che è impossibile lavorare con
una spada di Damocle sulla testa.
È un peccato che professionisti onesti, preparati e motivati
non vengano messi in condizione di esprimere la loro professionalità.
Ogni giorno i Mmg perdono un pezzetto di libertà professionale.
Cè bisogno di un serio e onesto dibattito affinché
il Mmg si riappropri del suo ruolo professionale. Sprecare lauree
e specializzazioni per trasformare questi medici in collezionisti
di carte e di angosce esistenziali è un delitto che nessuno
può permettersi.
Baldassare Lucio Di Silvestre
Medico di medicina generale
Palermo
Punture
- Consigli pratici per la sopravvivenza professionale |
Burocrazia
imperante e inarrestabile, iper frequentazione degli ambulatori,
esaudire le richieste degli assistiti, ora cè
anche il rischio di licenziamento per aver superato il budget.
Questa è una parte del nostro quotidiano degrado
della qualità di vita e di lavoro. Da lustri la nostra
categoria dorme e non si ribella. Cosa fare per salvarsi?
Ecco alcuni consigli: riduzione al minimo indispensabile
di Adi e Adp (tanto con le tasse non sappiamo se ci resta
qualcosa); ricusare pazienti che richiedono continui controlli
domiciliari incongrui; non assunzione di nuovi compiti in
ambito aziendale (non vale sacrificarsi per due sesterzi).
Il tempo e la nostra vita comunque non hanno prezzo, visto
la situazione economica in cui versa il nostro Paese e non
solo, per noi soldi non ce ne saranno: meglio leggere un
buon libro, stare in famiglia, fare sport. Questa sarebbe
una buona ricetta contro il burn out. Provare per credere,
io lho fatto e mi sento molto meglio, ne hanno guadagnato
anche i miei pazientni.
Giancarlo Valli
Medico di medicina generale, Verona |
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